Giorno funesto: Rolando ha chiuso per ferie. Inizia per me una serie di sabati in cui vagherò per la città in cerca di un pallido sostituto. So già che non lo troverò.
Da quarant' anni tutti i sabati, tranne rarissime eccezioni, pranzo in una trattoria vicino casa. La chiamerò da Rolando, perché per nulla al mondo ne rivelerei il vero nome, neanche sotto tortura. Fu aperta nella primavera del 1967 da una coppia di robusti abruzzesi che fino ad allora avevano gestito una pompa di benzina Esso, D. e Natalina. Mio marito ed io, non ancora sposati, ne fummo in assoluto i primi due clienti e ne siamo oggi i più vecchi. Qui ci starebbe bene un ahimé, ma di fronte alla cucina di Rolando neanche del passare del tempo ci si può rammaricare. Mangiare da Rolando per me non si configura come mangiare fuori, ma come mangiare a casa, solo in una diversa sala da pranzo. Infatti da loro sono proprio come a casa mia. Il sabato a pranzo i clienti sono sempre gli stessi, da decenni ormai ci conosciamo ed è piacevole per tutti chiacchierare da un tavolo all’altro in amicizia. La precedente attività di D. non faceva presagire quello che quei due abruzzesi semplici e “ruspantini” potessero combinare insieme in cucina. La spesa veniva fatta da D. con la stessa cura e la stessa attenzione con cui l’avrebbe fatta per la sua tavola e con lo stesso spirito Natalina ha sempre cucinato. D. è morto due anni fa e Natalina, benché un po’ malandata, (porta il busto) ancora sovrintende in cucina sul lavoro dei due figli, Rolando e Fabio. Di figli ne ha avuti cinque, due femmine che hanno preso altre strade (insegnante una, commercialista l’altra) e tre maschi che, dopo la scuola alberghiera, hanno continuato il mestiere nel quale con passione e coraggio il padre si era cimentato. Uno dei tre, Alessandro, ha sposato una giovane turista cinese, capitata casualmente a cena nel locale e innamoratasi insieme della cucina e di Alessandro. Lui l'ha seguita ad Hong Kong, dove ha aperto una succursale del locale. È diventato uno dei locali più cari e richiesti di Hong Kong. Stessi prodotti della casa madre di Roma. Tutto arriva dall’Italia, mozzarella fresca di bufala compresa, e così i vini e i pomodori e l’olio. Qui a Roma sono rimasti Rolando e Fabio a mandare avanti il locale. Con qualche novità rispetto alla “carta” paterna. Infatti hanno inserito il pesce che prima D. non cucinava mai. Rolando va alle aste a Fiumicino a comprarlo (per Natale mi porta talvolta con sé) e Fabio lo cucina con una mano esatta eppure fantasiosa. La clientela della sera è completamente diversa da quella che io incontro il sabato a pranzo.Così mi racconta mia figlia, più "serotina" di me. Non più noi vecchi habitués, ognuno con le sue piccole manie e i suoi desiderata, ma un po' di mondanità.
Bella gente -dice ironico Rolando. Molto vicino al locale c’è un palazzo del Ministero della Difesa. Per un periodo ci abitò Salvo Andò, allora Ministro; adesso ne vedo uscire spesso Parisi. Io prendo in giro Rolando- Com’è che non mi hai fatto la crostata di ricotta? ah già, adesso cucini per il Ministro.- Ma Rolando è un vero filosofo -Marì, i ministri passano, ma tu resti. -E tira fuori la crostata. Rolando l’ho visto bambino. Stava in cucina sul seggiolone mentre Natalina cucinava. E così ho visto nascere e crescere gli altri figli di Natalina. Rolando mi dà le sue ricette e mi manda a casa i suoi piatti quando non sto bene. Io gli do il ketchup fatto da me e i limoni del mio terrazzo con cui lui fa il limoncello. Ha due figli, la più piccola, Irene, ha l’eta di mio nipote Tommaso. Con lui siamo alla terza generazione di frequentatori e già dimostra di apprezzare la cucina della casa. Allora, di questa famosa cucina, parliamone. Il minestrone di ceci, o quello di verdure sono minestre pastose ma morbide, un equilibrio perfetto tra un sapore e l’altro, mai una nota stonata, e il piccolo tocco di olio a crudo sopra.
Le sue melanzane alla parmigiana semplicemente non hanno uguali. Sontuose, irripetibili, ricche ma salde, non precipitano al suolo come una frana sfatta, ma non sono asciutte e stoppacciose come un cartone. Sono ferme ma generose. Natalina ha dato il ‘là’ 40 anni fa’ e tutto si fa come lei decise allora. Tutto a mano naturalmente. Non solo le fettuccine e gli gnocchi, come è semplicemente doveroso, ma anche la famosa pasta alla chitarra, vero banco di prova di un' abruzzese autentica e persino i rigatoni per la carbonara. La carbonara è un piatto talmente semplice e radicale che l’esecuzione è difficilissima. Non è un paradosso. Se commettete un errore non potrete nasconderlo. La carbonara non dev’essere asciutta, ma guai se invece i rigatoni navigano nel grasso. Il senso delle proporzioni nella carbonara è imperativo. Del resto le parole equilibrio e misura tornano costantemente in cucina. La cucina da Rolando è un connubio felicissimo tra tradizione abruzzese e romana. Qualcuno forse storcerà la bocca alla parola ‘coda alla vaccinara’ e lì commetterà un errore non perdonabile. Dimenticate la caricatura che ne viene fatta nei filmacci di ambientazione romana. La coda alla vaccinara è un piatto frutto di pazienza illimitata e gusto sottile. La coda va privata del grasso in eccesso ma lasciata morbida, va cotta lentissimamente insieme ad abbondante sedano in un sugo leggero di pomodoro. Il risultato è che la carne è morbida e si stacca dall’osso senza bisogno del coltello e il sugo è fluido e saporoso. È perfetto per condire la pasta. Tutto quello che si cucina da Rolando è di prima qualità. Molti prodotti vengono dal piccolo paese dell’Abruzzo dove Rolando ha l’orto e il frutteto. Così le castagne per la crema e le mele per la crostata, come pure le lonze, i prosciutti, il guanciale, le salsicce, e il maialino che, arrostito, si scioglie in bocca senza lasciare nessun residuo di grasso. A parlare del maialino ho un piccolo senso di colpa, perché, nonostante diversi tentativi, non riesco a diventare vegetariana. L’olio è quello di casa e quando nella cucina italiana si parte da un olio buono si è a metà dell’opera. Se poi si sanno pulire le verdure, senza lasciare residui duri allora si può aspirare a chiamarsi cuoco. Anche dei semplici broccoletti saltati in padella possono raggiungere le vette del gusto. E da Rolando si raggiungono. Quando, qualche anno fa’, Rolando comparve su un’ importante guida noi vecchi clienti ci allarmammo -Adesso arriveranno a frotte.- Infatti arrivarono, ma grazie a dio vanno la sera e io non li vedo e non li sento e continuo ad andare da Rolando senza dovermi vestire diversamente dalla mia passeggiata mattutina. Dal canto suo Rolando si informò presso un avvocato, vecchio cliente, per sapere se poteva pretendere di essere cancellato dalla guida, non avendo mai dato la sua autorizzazione. Insoddisfatto della risposta ad ogni buon conto protestò telefonicamente. E del giornalista cui doveva la citazione in guida disse testualmente: -Se si ripresenta gli dico che non c’è posto.- Questa è un’altra deliziosa caratteristica di Rolando: seleziona i clienti. Io ho imparato a riconoscere al primo sguardo quelli che non accetterà. Si affacciano, io lo guardo e ridacchio aspettando il classico –I tavoli sono tutti prenotati.-Allora che aveva questo che non andava?-gli chiedo. Spesso l’unico torto del respinto è di essere straniero. Non per razzismo. Rolando non sa nemmeno che cosa sia il razzismo, ma ritiene che gli stranieri in linea di massima non siano in grado di capire la sua cucina. -È piena la strada di ristoranti adatti ai turisti-dice -Perché proprio qui?-
La sua cucina è troppo raffinata nella sua semplicità. Il ristorante di Rolando si trova su una delle strade percorse dalle grandi manifestazioni politiche che finiscono a S. Giovanni. Certi sabati 'politici', gente insolita si affaccia e Rolando decide sui due piedi se accoglierli o no. Non ha preclusioni politiche, la politica non è una cosa davvero seria per lui. Cucinare e mangiare bene lo è. È molto professionale, con i suoi nuovi avventori, ma passando accanto al mio tavolo mi lancia commenti a mezza bocca, di un’ ironia squisita come il suo ciambellone con la crema. Ad ognuno dei tre fratelli, che ho visto nascere e crescere, io voglio bene e viceversa. Loro mi sfottono per il mio appetito, scherzano sul fatto che, se decido di fare una dieta, poi sono incapace di resistere due sabati di seguito. Ma, affetto a parte, alla loro cucina non rinuncerei mai.
E, last but not least, la parola Gola là dentro non è mai stata pronunciata. La gola non esiste. Esiste il gusto: o ce l’hai o non ce l’hai. Ed esiste la salute e il benessere e la gioia di vivere.
Anche per questo mi trovo bene da Rolando.
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però ha cambiato la macchina per fare la pasta, negandolo poi spudoratamente ma il raviolone ha cambiato consistenza
RispondiEliminaah, quando si parla di mangiare ti fai sentire...
RispondiEliminala sfogliatrice si è rotta
il raviolone non me lo nominare, è quasi l'una!
un saluto veloce veloce.
RispondiEliminami hanno traslocata, ma ora sono io ad essere fisicamente fuori casa...
ciaooooooooooooooooooo
non pensavo si potesse provare affetto per una sfogliatrice, resta comunque un buon posto dove carezzare gli "impancini"
RispondiEliminaIo provavo affetto anche per la frittata, e non la fa più.
RispondiEliminaVolevo bene ai cannolicchi col tartufo, e pure le fettuccine al ragù mi stavano tanto a cuore.
Bhè, che fine hanno fatto?
O tempora o mores
Perfino quel tale che mangiava con la testa NEL piatto, l'Idrovora, non viene più: pare stia facendo una dieta a base di pane e acqua
;-)