domenica 3 giugno 2018

io e Lui

‪Il #lutto è un reato senza prescrizione.‬

‪Il #lutto è una malattia senza remissione.‬

‪Il #lutto è un innamoramento non corrisposto.‬

‪È vero che la vita continua ma chi la vive non sei più tu.


loro e Lui 
‪"Quando scompare qualcuno che ci è caro, paghiamo con mille cocenti rimpianti la colpa di sopravvivere"‬
‪Simone de Beauvoir‬

"Quando qualcuno muore...il domani può cambiarci e portare un irriconoscibile io.‬
‪Xavier Marias



Mio nipote. Tommi.

Mio nipote.
Qualche volta entra, bacio, ciao bella, si siede, mangia, si alza, si rimette lo zaino in spalla, grazie e va. A giocare a pallone o a suonare nella sua band.
Qualche altra volta, entra, bacio, ciao nonna. Mangia, prende la chitarra e cantiamo: canti partigiani, o pacifisti, o di protesta; oppure dallo smartphone mi fa sentire Ghali, o qualche gruppo per me misterioso come System of down. Mi ha fatto conoscere Toxicity. 
Oppure lui suona la chitarra, i Metallica o gli U2. O Bob Marley. 
Oppure prima ancora di sedersi a tavola già comincia a interrogarmi: ma tu lo sapevi che Bob Dylan faceva parte del Movement? Oppure: nonna tu lo conosci Majakovsky? Ma lo conosci di nome o lo hai letto? E ti piace? Lo sai che si è ammazzato?
È vero che i futuristi italiani erano fascisti?
O anche, Guarda! mi fa. E mi fa vedere qualche meme da riderci su. 
O, come oggi, mi entra in casa cantando a mezza bocca Pacem in terris, per tornarsene subito a scuola per la lezione di musica. 
Spesso s’impadronisce del mio iPad o del mio computer. Li usa entrambi in contemporanea. Riesce a ungerli come se dovesse farci crostini. 
Delle volte si mette a fare i compiti mentre ascolta musica. Intanto risponde a messaggi, ride di non so cosa, digita forsennatamente, e ricomincia a fare esercizi di matematica. 
Ha 14 anni, è sempre affamato, alto, ben piantato e un sacco bello. È anche buono, il che un po’ mi inquieta. Speriamo che il mondo non se ne approfitti troppo.
Quando esce, dopo appena mezz’ora o dopo due ore, immancabilmente mi dico che, sì, per vederlo, sentirlo, toccarlo e per il bacio che sempre mi spetta sulla porta di casa, all’entrata e all’uscita, vale comunque la pena di vivere.
Tommi. Mio nipote.

Contrordine compagni!

NOTA BENE-
Il blog di cui parlo è lì morto.
Lì sta bene.






Cari amici, oggi sono molto fiera di me. Ho effettuato un' operazione di altissima tecnologia. Almeno per le mie ridotte capacità.
Ho importato in questo blog il blog essenzialmenteinezie che avevo aperto qualche mese fa perché sostituisse questo.
Perché l'ho fatto?
Perché mi sono accorta di provare quasi un senso di colpa per aver abbandonato il vecchio blog. Perché ho pensato che era inutile fare un nuovo blog per separarmi dal vecchio se poi ogni tanto tornavo a sfogliarlo, a rileggerlo ora qui ora là.

Il senso di estraniamento che provo rispetto alla Marina che ero è rimasto, un disagio che non riesce a trasformarsi in tenerezza o nostalgia. Forse accadrà, forse no.
Ma in una cosa almeno sono sempre la stessa Marina: quando faccio una sciocchezza sono pronta a riconoscerlo.
Non è cambiando il template, l'intestazione o le etichette che si testimonia un cambiamento.
Così ecco che le inezie essenziali e le essenzialmente inezie si sono riunite.
indipendentemente da quello che io sento e so di me.


P.S.
Qui di seguito ho incollato quello che era il biglietto di benvenuto del blog essenzialmente inezie -il blog 2, lo chiamerò così- come trait d'union tra le mie due creature.
Invece i pochi post che vi erano pubblicati li ha importati per me Blogger e li ha disposti in ordine cronologico.

Cari amici, eccomi qui. Se siete arrivati qui è perché siete passati sul mio blog storico e ve ne ringrazio. L'ho lasciato lì, dopo dieci anni di vita, dal 2007 al 2017. Era andato rarefacendosi e inaridendosi, un lento morire che mi dava anche disagio.
Quando, in cerca non so di cosa, rileggevo un vecchio post toccavo dolorosamente con mano quanto io fossi cambiata e quanto l'identità di quella marina si fosse sfarinata. E non conta se quella marina valesse poco o tanto. Ero io e non lo sono più.
Perciò ho fatto una capriola grammaticale e ho dato inizio al blog del mio presente, della marina che sono oggi.


Da "inezie essenziali" a "essenzialmente inezie" il significato slitta e non di poco.
Quando scrivevo "inezie essenziali" ritenevo, evidentemente, che nelle inezie che via via venivo scrivendo ci fosse qualcosa di essenziale che chiedeva di essere scritto e forse meritava di essere letto. Essenziale per me e, perché no, per qualcun altro nella blogosfera; qualcuno che si scoprisse in sintonia con il mio modo di sentire e, almeno in parte, vi si riconoscesse.
Ma trasformando quell'aggettivo "essenziali" in un avverbio "essenzialmente" il significato cambia e non superficialmente.
Infatti "essenzialmente inezie" dice che quello che scrivo è fatto alla radice di inezie, che smettono di essere essenziali.

Se sono rimasta comunque nell'ambito lessicale della essenzialità e della inezia una ragione, un significato c'è. Per ora è confuso anche per me, ma penso che pian piano verrà fuori.

Comunque, perché scriverle queste piccolezze, questi nonnulla, queste minuzie? Quanto narcisismo mi porta a scriverle?
In tutti noi che affidiamo a un blog i nostri pensieri, ricordi, versi o versetti, racconti, riflessioni, un po' di narcisismo è sempre presente. Almeno credo.
Ma, dato per scontato il mio tasso di narcisismo, per non farmi torto, tra le ragioni del mio scrivere aggiungo la mia solitudine e il mio bisogno di comunicare i miei nonnulla di oggi. 
A presto, marina

martedì 15 maggio 2018

mercoledì 2 maggio 2018

bene, grazie e tu?

Ci incontriamo quotidianamente. In strada, in ufficio, in un negozio. Scambiamo qualche educato saluto.
-Ciao, come stai?
-Bene e tu, come va?
-Bene.
Noi, persone comuni.
Vicini. Amici, anche.
E ci mentiamo.
Perché?
Chi vogliamo riparare, noi o loro?.

Ma possiamo sempre riderci sopra, come fa Istvan Orkéni nelle sue Novelle da un minuto.


Sulle mie condizioni di salute.

-Buongiorno.
-Buongiorno.
-Come sta?
-Bene, grazie.
-E la salute come va?
-Non ho motivo di lamentarmi.
-Ma perché si trascina dietro quella corda?
-Corda?-chiesi, guardandomi alle spalle.- Quelli sono i miei intestini.

lunedì 16 aprile 2018

panni al vento

Sul terrazzo il vento primaverile agita i panni stesi.
E mi ricordano alcuni versi di Pessoa. A memoria non li ricordo, ma li ho ritrovati ed eccoli qui.

I panni stesi al vento
sembrano gente che vive
si muovono in gesti incoscienti
e salutano il mio pensiero
che sta dormendo e non vede.

Ah, quel che fanno nel mondo
gli uomini nei loro gesti
non è più sicuro o profondo
dell'aria fra i panni, in fondo
ai cortili che stanno sotto il cielo.



Marina Velca 2012

martedì 3 aprile 2018

il confine invalicabile

"Gli altri vedono i nostri gesti, e come le parole si formano sulle
nostre labbra; soli, noi vediamo la nostra vita.Questo è strano: la
vediamo; stupiamo che sia così e non possiamo cambiarla. Anche
quando la giudichiamo, le apparteniamo ancora. La nostra
approvazione o il nostro biasimo ne fanno parte; è sempre lei che
riflette se stessa. Poiché non c’è null’altro; il mondo, per ognuno di
noi, non esiste se non in quanto confina con la nostra vita." 
da Alexis di Marguerite Yourcenar 

Alexis è un libro che ho letto e riletto e che sicuramente rileggerò ancora. Alexis parla in prima persona e ci offre se stesso nel modo più sincero possibile, consapevole della impossibilità di spiegare se stessi agli altri. Nella prima pagina subito ci avverte: "Se è difficile vivere, è ancora più difficile spiegare la propria vita." 
E malgrado Alexis confessi a sua moglie la sua omosessualità la sua lettera non è soltanto quello che oggi chiameremmo un outing. 


giovedì 29 marzo 2018

ascolto...

Ho ancora -o sempre più- bisogno di maestri.
Eppure per molto tempo -anni recenti- ho pensato che finalmente avevo imparato tutto, sapevo tutto, avevo compreso tutto.
Sarei presto uscita di scena sapendo.
La confusione estrema, lo choc della incomprensione più totale, non era durata più di un momento.

Questo lo sapevo solo io, ma di quello che sapevano o credevano di sapere gli altri non mi importava niente, né di quello che pensavano, né se mi pensavano, né se parlavano di me, se mi osservavano, se avevano o non avevano opinioni su di me. Né quali.
In effetti potrei dire che in blocco del mondo e dei suoi abitanti non mi curavo più, non mi interessavano.
Navigavo sulla mia nuova consapevolezza che non aveva nessun bisogno di conferme.
Sapevo da dove e perché eravamo venuti e sapevo dove saremmo andati.
Dal nulla, verso il nulla, senza un perché. Ecco là, tutte le domande classiche avevano avuto risposta. E questo dava un senso di tranquillità.
Nessuno si azzardi a suggerirmi la parola accettazione!
Tra le cose che sapevo c'era innanzitutto il fatto -così banale in fondo!- che non si trattava di accettare. Accettare implica la libertà di non accettare. Ma io sapevo, sapevo, che questa libertà non l'avevamo, non l'avevo, non l'aveva né mai l'avrebbe avuta nessuno.
Se avevo avuto dei dubbi, ecco che non ne avevo più, se mi ero interrogata e avevo interrogato, ecco che non ne sentivo più il bisogno.

E il senso? Il senso di cui ero sempre andata a caccia? Il senso che mi preoccupavo di cercare, annodando fili, cercando riscontri, somiglianze, analogie, ripetizioni e i piccoli scopi raggiunti e gli altri scostatisi dalla meta? Del senso delle vite e della mia vita non mi curavo più. La consideravo una ricerca più che insensata trascurabile. Diciamolo pure, tutte le storie che da sempre avevano fatto i filosofi, quel loro arrovellarsi sul senso ultimo della vita, erano state superflue, eccedenti rispetto al vivere, inessenziali, ecco! Quante energie sprecate! Quanti talenti, quanta genialità usata male!

Presunzione, direte voi. Ovviamente! Se qualcuno crede di sapere ormai tutto non può che sentirsi al di sopra del volgo, e presuntuosamente guardarlo dall'alto. Non guardarlo, anzi.
E dunque, a che pro cercare maestri se io stessa avrei potuto -posto che mi fosse interessato- essere maestra per gli altri?

Ma ora.
Ora no.
Ora ho un altro bisogno. O meglio sono tornata a un altro bisogno.
Il bisogno di chiedere, interrogare, cercare, porre domande.
Ridatemi i filosofi, i poeti, i grandi scrittori; ridatemi la frase colta al volo in una conversazione tra amiche o sulla bocca di un giornalaio, nella esclamazione di una vecchia che fatica a salire sul marciapiede, nel giardiniere il cui ginocchio cede nello scendere le scale, nella ragazza che sul podio delle Olimpiadi esulta. La frase, la piccola frase, quella in cui è raccolto tutto, ma proprio tutto perché
"[importante è] il dettaglio, l'immensità del dettaglio, la forza del dettaglio, il peso del dettaglio, la ricca sconfinatezza del dettaglio." Questo me lo aveva insegnato tanto tempo fa Philip Roth.
Il piccolo gesto, l'alzata di spalle, la pacca sulle spalle e la piccola frase.

Drizzo di nuovo le orecchie al mondo. Resto in disparte -se appartenessi a una nobile casata in disparte potrebb'essere la mia divisa- ma osservo e leggo e ascolto e prendo tutto quello che mi capita di osservare e ci penso su.
Sono tornata allo stato di ignoranza, di oscurità in cui tutti ci muoviamo. Quello stato che Einstein ha chiamato "il mistero della vita senziente" e se lo diceva Einstein possiamo dirlo tutti.

E con Christa Wolf torno a dire:
Prima di addormentarmi penso che di giornate come questa è fatta la vita. Punti che alla fine, se abbiamo avuto fortuna, sono congiunti da una linea.Ma penso anche che possono disgregarsi in un accumulo insensato di tempo passato, e che solo un costante, fermo sforzo dà senso alle unità di tempo di cui viviamo... 




Busto di Socrate-Epoca romana- Museo del Louvre







domenica 25 marzo 2018

ops!

Amici, mi dispiace per i casini nei commenti. Non so cosa stia succedendo al mio programma di posta, Mail di Apple. Mi smista le notifiche di Blogger a caso. O nello spam, o nell'archivio o nella casella Google. E NON in Entrata!!!
Cercherò di mettere ordine. Per ora credo di aver rintracciato i commenti che ho ricevuto fin qui e di averli pubblicati. Se non è così mi scuso. E vi ringrazio per la pazienza.

sabato 24 marzo 2018

non chiamatemi anziana


Anziano vuol dire solo che è venuto prima (da antea latino, ma del latino volgare del XIII secolo).
Prima di chi? Vorrei chiedere ai parlanti del duecento. Non vedete che così mi definite in relazione a un altro? Qualcuno che è nato dopo di me?
Ma io voglio essere definita solo in relazione a me stessa, al mio nascere, al mio vivere, al mio morire. Ai miei anni. Al mio tempo di vita.

Perciò chiamatemi vecchia.

E siate meno ipocriti.



venerdì 23 marzo 2018

rieducazione da blogger

Insomma, non ci capisco più niente! Programmo i post e Blogger non me li pubblica; ho chiesto di  ricevere le notifiche dei commenti e Blogger me le mette in Archivio e non li trovo se non dopo ricerca specifica; tento di mettere nella home l'elenco dei blog che seguo e Blogger se lo inghiotte.
Secondo me Blogger non vuole proprio avere più niente a che fare con me. 

Ma queste sono piccole cose e ne verrò a capo.
Invece, nel tentare di recuperare i miei vecchi amici di blog ho scoperto che ben sei (6) sono stati chiusi. 
Li ho immaginati, questi vecchi amici, stanchi, disillusi, ma immaginarli così mi ha stretto il cuore, soprattutto perché mi sono vista in loro.
Allora ho deciso di immaginarmeli impegnati in nuove esperienze. 
Sì, voglio immaginarli così, tutti ragionevolmente contenti delle loro vite.
Un brindisi.



Silvestro Lega 1826-1895

se lo dice uno psichiatra...

"La tristezza è qualcosa di così doloroso, e si sospinge così profondamente nelle radici della nostra umana esistenza, che non la si può lasciare in balia degli psichiatri."

Eugenio Borgna- La fragilità che è in noi
Edvard Munch

ricordare

"Pare che ricordare non sia una vera azione. Il ricordo lo si subisce immobile. Chi ricorda e chi è ricordato s'immobilizzano."

Italo Svevo- Corto viaggio sentimentale



mercoledì 21 marzo 2018

domenica 18 marzo 2018

alfa, beta, gamma...


In "Operazione Shylock" Philip Roth scrive: Tutto quello che ho per difendermi è l'alfabeto.

Lo capisco, l'ho capito subito.
Quanto a me, tra una forma e l'alfabeto, io scelgo l'alfabeto.

venerdì 16 marzo 2018

lo sguardo dell’assenza

Da tempo guardo al mondo con lo sguardo dell'assenza.
È uno sguardo che sta sulla porta. Lo sguardo di un ospite che non fa un passo avanti per unirsi agli altri nella stanza affollata. L'ospite è lì e non è già più lì e immagina. Così io immagino.
Nel mio immaginare -ambienti, scene, dialoghi- gli altri sono tutti presenti e ormai in pace con la mia assenza. Non voglio che chi mi ama soffra. E guardo alle loro vite con speranza ma già con quel senso di accettazione che l'assenza porta con sé. L'accettazione è inevitabile. Del resto divenuti assenti di diritto non si potrebbe in alcun modo intervenire. 
È strano che della mia assenza ancora nessuno si avveda, che io risulti presente a tutti gli effetti.

Voglio rassicurarvi: essere presente eppure già assente è solo uno stato, una condizione, non comporta dolore.






 Giacomo Balla Elisa sulla porta 1904

giovedì 15 marzo 2018

Verso Essenzialmente inezie



NOTA BENE
Il nuovo blog è lì morto.
Non ha mai preso vita


Cari amici, vi informo che ho messo in sonno il mio blog storico, inezie essenziali. È vissuto dal 2007 al 2017, rarefacendosi e inaridendosi fino a scomparire.
Perché, pur non cancellandolo, l'ho consegnato al passato?
Per creare una cesura ben evidente, tra un tempo e un altro tempo.
Per non toccare dolorosamente con mano ogni volta che apro questo blog (mi capita, di rado ma mi capita) quanto io sia cambiata e quanto l'identità di quella marina si sia sfarinata. E non conta se quella marina valesse poco o tanto. Ero io e non lo sono più.
Perciò ho fatto una capriola grammaticale e ho dato inizio al blog del mio presente, della marina che sono oggi. Intanto vi riporto identiche queste mie annotazioni e da domani comincerò a nutrirlo, pian piano delle mie nuove tracce.
Si chiama Essenzialmente inezie essenzialmenteinezie.blogspot.com

Da "inezie essenziali" a "essenzialmente inezie" il significato slitta e non di poco.
Quando scrivevo "inezie essenziali" ritenevo, evidentemente, che nelle inezie che via via venivo scrivendo ci fosse qualcosa di essenziale che chiedeva di essere scritto e forse meritava di essere letto. Essenziale per me e, perché no, per qualcun altro nella blogosfera; qualcuno che si scoprisse in sintonia con il mio modo di sentire e, almeno in parte, vi si riconoscesse.
Ma trasformando quell'aggettivo "essenziali" in un avverbio "essenzialmente" il significato cambia e non superficialmente.
Infatti "essenzialmente inezie" dice che quello che scrivo è fatto alla radice di inezie, che smettono di essere essenziali.

E dunque perché scriverle queste piccolezze, questi nonnulla, queste minuzie? Quanto narcisismo mi porta a scriverle?
In tutti noi che affidiamo a un blog i nostri pensieri, ricordi, pseudo versi e versetti, pseudo racconti, il narcisismo è sempre presente. Non raccontiamoci storie.
Ma, dato per scontato il mio tasso di narcisismo, per non farmi torto tra le ragioni aggiungo la mia solitudine e il mio bisogno di comunicare i miei nonnulla di oggi.
A presto, marina