mercoledì 4 luglio 2007

addio a samangàn

Nel castello di Samangàn passammo la notte, dormimmo nella stessa sala dove ci era stata servita la cena. Il giorno dopo il signorotto accompagnò noi donne a conoscere le sue quattro mogli nei loro quartieri. E lì ho conosciuto Shirinì. Shirinì era la prima moglie, la più vecchia. Aveva quaranta anni. Era alta e chiarissima di carnagione, aveva grandi occhi grigi, sottolineati dal nero del kajal e lineamenti delicati, era molto magra ed esattamente come diceva il suo nome: dolce. Intorno a lei le altre tre mogli, tutte più giovani: una molto scura, pienotta, che rise allegra tutto il tempo, la più giovane, quasi una bambina, molto bella, un po’ intimidita, la quarta aveva un bambino in braccio e lo allattava. Gli altri bambini vociavano eccitati. Tutte e tre avevano il capo coperto, ma non il volto. Era normale, fuori di casa le donne indossavano il burka, in famiglia tenevano il velo. Ma Shirinì no. Aveva capelli castani lunghissimi, tenuti legati in una treccia. Le feci i miei complimenti per il pasto che ci era stato servito la sera prima. -Abbiamo cucinato tutte insieme -disse lei -ma i dolci li ho fatti tutti io. Apposta mi chiamo Shirinì -e rise. Il marito restò qualche minuto a presiedere, poi se ne andò, lasciandoci libere di chiacchierare. E Shirinì mi prese le mani e mi fece sedere in terra accanto a lei. Tutte ci sedemmo in cerchio. Era piena di domande Shirinì, proprio come me. Dovemmo mettere ordine nelle nostre curiosità. Le presentai mia figlia -Molto bella disse -ma non ti somiglia
Io non ho figli -disse -Dio ha voluto così. Ma la casa ha tanti bambini –fece, indicando i figli delle altre mogli e se ne strinse uno contro con un gesto affettuoso.-I figli sono necessari –disse- sono la benedizione del signore. E questa è una grande casa, servono molti figli e molte mogli -e rise. Risero tutte. Poi me le presentò una per una e iniziò un balletto fatto di saluti e strette di mani incrociate tra noi cinque italiane e loro quattro. Molto cerimonioso e solenne. Shirinì fece un cenno alla moglie più giovane che uscì rapidamente e tornò con il tè. Noi eravamo eccitate. Ognuna delle mie amiche aveva qualche domanda che voleva facessi per lei a Shirinì. Perché era evidente che solo Shirinì aveva l’autorità per parlare e rispondere. Volle sapere da dove venivamo. E se l’Italia fosse in America. No, dissi -è più vicina all’Afghanistàn. -C’è il mare? -volle sapere. La presenza del mare nel mio paese suscitò un grande entusiasmo in tutte. -E’ come il Caspio? -più grande e più blù- dissi. -Come Bandar Abbas? -Più azzurro.- Mi fece vedere una rivista iraniana. C’era un servizio fotografico su Mont Saint Michel -Come questo -disse? -No molto, molto più azzurro- dissi -keli abi? Erano colpite.-Io so scrivere -disse di botto Shirinì. Loro sanno leggere soltanto, ma io scrivo- Cosa scrivi? -le chiesi-Tutte le lettere della casa e i conti. E i pensieri dei bambini-I pensieri dei bambini?-Sì i pensieri per il loro padre, e per Allah. Li scrivo io.-Le domande fioccavano da una parte e dall’altra.-Chi cuciva i burka? loro? la maggior parte sì, ma alcuni li portava il marito dai suoi viaggi.-E’ un uomo molto importante -disse orgogliosa - è stato anche a Mashad. Qualche volta porta una di noi in viaggio. Ma io non vado. Devo sorvegliare la casa.-Noi sapevamo cucinare? che cosa cucinavamo? sapevamo cuocere il riso? Le dissi che il loro riso era molto più buono, anche senza condimenti aveva sapore. –Profumo, specificò lei ha un grande profumo. -Portò le dita unite al naso chiudendo gli occhi nel gesto di assaporare qualcosa di molto buono. -E il tè si trova in Italia? E' buono?-Come mai parli farsi? -Vivo a Teheràn. -Con tuo marito? Sì, mio marito, mia figlia e un cane. -In casa? -non va bene disse -il cane deve stare fuori. Anche noi abbiamo i cani. Otto cani e dieci cavalli ma stanno tutti fuori.-I bambini sanno tutti stare a cavallo, anche il più piccolo. -Il più piccolo? -e guardai perplessa il neonato. -No!! ridemmo tutte.-Quante mogli ha tuo marito? -Una, io.
-E’ contento? -le mie amiche ridevano, anche le altre tre mogli. -Non lo so -dissi, -dì a tuo marito di chiedeglielo-E tu sei contenta delle tre mogli di tuo marito?- azzardai.-Sì -disse -le ho scelte io.-Le altre parlavano tuttte assieme. Le calmò per spiegarmi che ne aveva rifiutate sei, sette in tutto e che queste erano proprio sorelle per lei.-Sono buoni i vostri mariti? -chiese a noi tutte. -Buoni?- in questi termini credo che nessuna di noi se lo fosse mai chiesto. Ci guardammo, quelle sposate tra noi, indecise. Poi li assolsi tutti, in blocco:- Sì, sono buoni-Non vi picchiano- disse. Zadàn, cercai la parola nella mia mente, ma era nuova per me. Non capii. La ripetè e poi fece il gesto di colpirmi un braccio. -No, dissi -mai.-Neanche nostro marito -disse seria. -Mai. Nessuna di noi.-La più giovane ridacchiava. Parlava sottovoce a quella che teneva il bambino. Risero entrambe. Shirinì le zittì, e con grande serietà disse -Ma l’amore quante volte lo fate? I vostri mariti quante volte fanno l’amore ogni notte?-Girai la domanda alle mie amiche. Fu un’esplosione di risate, commenti salaci, battute. Ne uscì fuori che gli uomini afghani erano infinitamente più portati per l’amore degli italiani. E Shirinì lo affermò con orgoglio -per questo siamo quattro -disse seria. Passammo alle cure estetiche. Confidenza per confidenza mi fece vedere le gambe liscissime, non il più minuscolo pelo. Si depilavano l’una con l’altra con il sistema del filo di cotone che usavano anche a Teheràn. Vollero sapere se indossavamo reggiseni. Il marito non gliene comprava e loro li avrebbero voluti. Ci togliemmo i nostri e glieli regalammo. Fu tutto un misurare sopra i loro vestiti, i lunghi pantaloni lenti, le casacche colorate, e scegliere. Volevano regalarci qualche cosa in cambio. Le chiesi di scrivere un pensiero per me.-Un pensiero per Allah da parte tua? -mi chiese. -Sì, va bene.-E tirai fuori il mio inseparabile blocco e la mia penna (nel pullman di ritorno vi avrei appuntato la nostro visita all’harem e la nostra conversazione). Tracciò con cura una breve frase, e la circondò con un fregio.-Che cosa dice -le chiesi?
-Allah è grande e non dimentica i pietosi.-La più giovane uscì di nuovo e tornò con una grande busta di biscotti. Insieme a lei il marito, che veniva a richiamarci. Ci abbracciammo spontaneamente, ognuna con tutte le altre e tutti i bambini vollero abbracciare ed essere abbracciati, in una confusione di affetto improvviso. La più giovane tirò fuori da dietro la schiena un’altra rivista. Era un Paris Match molto vecchio. -E’ così il mare in Italia? -disse indicando una foto. Era una foto pubblicitaria della Sardegna, la spiaggia di Stintino.-Questa è l’Italia –dissi io-proprio l’Italia. Se lo passarono di mano in mano contente. Io contenta come e più di loro -E’ proprio molto azzurro -confermarono. Prima che uscissi Shirinì mi abbracciò ancora e mi mormorò quasi sulla fronte -Che dio ti benedica.-Che dio ti benedica -le risposi. Ero commossa, lo eravamo tutte e due. E’ brutto sentirsi vicini per un po’ e salutarsi sapendo che non ci si rincontrerà più. Io poi sono un’ iperaffettiva. Voglio subito bene ad una infinità di esseri viventi, separarmi mi fa sempre un male cane.
E non sapevo che sull’harem di Samangàn dopo solo tre anni sarebbero piovute le bombe sovietiche.


C’è qualche cosa nel modo di comunicare tra le donne che per me ha del miracoloso. La capacità di andare al cuore delle cose, al cuore della vita, senza passaggi intermedi. Forse è anche questo che rende difficile la comunicazione tra uomini e donne. Sembra che al cuore della vita non arrivino mai o che ci mettano tempi interminabili. E spesso le donne si stancano di aspettare. Ne parlavo poco fa’ con mio marito. Gli ho chiesto se ricordava di che cosa avevano parlato quella mattina con il principe e con l’autista del nostro pulmino.-Non ricordo. Avremo scambiato qualche frase in inglese mentre prendevamo il tè. Comunque niente di memorabile-ha ammesso con rammarico.

9 commenti:

  1. La notte che dormimmo al castelo me la ricoro bene perché io ho paura del buio e era buio pesto.

    Le donne in uno stanzone, gli uomini in un altro, stavamo chiusi nei sacchi a pelo per proteggerci dagli obdostàk (scarafaggi afgani, roba pesante, sanno anche volare, e non dico altro).

    E' stata una nottataccia, stretta a mamma con la torcia accesa in mano. Poi ho sentito urlare Carla, che dormiva lì accanto.

    Obdostak?
    nel dubbio, optare per omissione di soccorso e rapida chiusura ERMETICA della zip del sacco a pelo :-)

    Fico il viaggio in Afganistàn, mi sono divertita un sacco.

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  2. Voi, tra donne, Vi siete prestate Attenzione.
    Gli uomini, tra di loro, non lo fecero.

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  3. Effetivamente Carla urlò nel sonno.
    In paesi stranieri urla sempre.
    Quanto alla torcia accesa, credo di aver comprato in quegli anni quasi tutte le pile in vendita sull'altopiano iranico.

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  4. @figlia 2: di chi saresti la figlia 2? Io ne ho partorita una sola. Se poi ti risulta che tuo padre ha altre figlie nel mondo ti sarei grata se me ne informassi dettagliatamente.
    Comunque in ogni caso tu sei la più bella. So che ci tieni. ;-))

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  5. @figlia 2: di chi saresti la figlia 2? Io ne ho partorita una sola. Se poi ti risulta che tuo padre ha altre figlie nel mondo ti sarei grata se me ne informassi dettagliatamente.
    Comunque in ogni caso tu sei la più bella. So che ci tieni. ;-))

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  6. Questo scritto è bellissimo e non accetto dinieghi.

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  7. E' bello leggere questi ricordi di viaggio che mi risvegliano quelli fatti nel 1968 fino al 1971 in Persia ad Afganistan; A Teheran abbiamo abitato nel quartiere armeno e ricordo ancora con terrore le scorazzate che si dovevano fare per mangiare il gelato ed attraversare tutta la città per andare al ristorante...e non c'era l'aria condizionata. L'altro ricordo è quello del reggiseno... ho dovuto mostrarlo dalla Turchia in poi a tutte le donne che incontravo. Ma un ricordo bellissimo sono le donne più belle che abbia mai visto, quelle senza veli e con le mani ed i visi dipinti prima di arrivare a Bamian ma che non mi hanno permesso di fotografarle, non erano musulmane. E ti assicuro che allora anch'io ero molto bella....ma loro a differenza delle altre lo erano infinitamente di più.

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  8. cara Anonima, mi ha fatto piacere la visita di qualcuno con cui potrei ricordare quei paesi. Se hai un blog dammene l'indirizzo verrò a trovarti
    ciao, marina

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Non c'è niente di più anonimo di un Anonimo