giovedì 13 novembre 2008

storia della felicità/quindici/Darwin/Nietzsche/

Arriva Darwin e getta il panico un po' ovunque. Anche nel dibattito sulla felicità.
J.S. Mill non aveva detto che "è meglio essere un uomo infelice che un maiale soddisfatto"?
Se valeva per il maiale valeva anche per la scimmia.

Ma la scimmia, dice Darwin, siamo anche noi. C'è dunque una semplice felicità "animale" che ci apparenta.
Non contento, Darwin addirittura afferma: "Colui che comprenderà un babbuino, darà alla metafisica un contributo maggiore di Locke."
(E allora, come la mettiamo? Io direi di accettare questa insperata parentela, e di smetterla di disprezzare la ingenua felicità della scimmia. Spidocchiarsi, mangiarsi una banana -sbucciata, of course- e accoppiarsi quando il corpo lo chiede.
Basta con la spocchia del "siamo umani": piuttosto vediamo di imparare qualche cosa dalla natura cui apparteniamo.) chiusa la parentesi.


Darwin aveva l'intenzione di scrivere un'opera sulla felicità, ma non lo fece. Lasciò però qua e là delle osservazioni da cui si ricava l'idea di una felicità progressiva, da quella semplice "basata sulle impressioni dei sensi ad una più complessa, che coinvolge impressioni mentali o ideali come il ricordo o l'immaginazione."
Per l'idea che mi sono fatta io di Darwin, che in un passo definisce la sua "una vita felice" egli era soddisfatto del suo benessere, che gli consentiva di seguire le sue curiosità scientifiche, della sua libertà e della gioia che gli procuravano i suoi studi.
Penso che, a bordo della Beagle, Charles Darwin sia stato felice. E io ne sono felice per lui.



La Beagle in unacquerello del 1841 di Owen Stanley


Quanto a Nietzsche, confesso, non lo conosco abbastanza bene e spessissimo lo trovo oscuro; inoltre il testo che mi fa da guida in questo percorso intorno alla felicità non sembra avere le idee molto più chiare delle mie. Una delle poche certezze è che  l'Arte più di una volta è indicata da Nietzsche come grande forza redentrice.
Per il resto sul rapporto tra Nietzsche e la felicità ci si continua ad accapigliare.


Ho trovato in rete un esempio significativo.

Scrive G.C. "Mi sono sempre chiesto che cosa significhi "dire sì alla vita".
"Dire sì alla vita" significa vivere la contingenza senza dare alcun giudizio (al dilà del bene e del male)?
Se così è (chiedo delucidazioni), mi piacerebbe sapere se il superuomo potrebbe mai essere infelice, o almeno seccato: se mentre il superuomo spalma nutella sul suo panino, e accidentalmente il coltello gli scivola sulla camicia macchiandogli la camicia nuova, beh, questo superuomo potrebbe bestemmiare? Almeno, potrebbe "seccarsi" di questa contingenza? In che modo "dire sì alla vita", come vuol Nice, durante il quotidiano?"

Ed ecco una parte della risposta:

"Nella contingenza, l'uomo deve esprimere la sua volontà in modo assoluto, creando valori e diventando legge a se stesso. E accettando qualsiasi conseguenza: Amor Fati, amare ciò che accade necessariamente nel mondo. Nell'accettazione del Fato e nell'espansione della propria individualità aldilà di ogni morale o ragione, sta la realizzazione del superuomo nietzschiano."


Per chi volesse seguire tutto il dibattito lo troverà qui

Io tifo per il signor G.C. anche se trovo l'esempio sulla nutella poco significativo. Infatti, in presenza della nutella, non esiste possibilità di decremento della felicità. Se il sig. G.C. si impegna a sostituire la nutella con qualunque altro prodotto spalmabile io mi impegno ad unire la mia voce al suo ironico quesito.

6 commenti:

  1. la felicità è dire "grazie" quando lo dici con il cuore..

    per questo desidero ringraziarti..
    Grazie Marina.

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  2. Davvero è molto bello questo tuo excursus sulla felcità... Se mi permetti farò un copia incolaa e nme lo leggerò con calma. Un abbraccio, Giulia

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  3. Ho un po' di confusione.
    Io penso che in questo mondo il massimo della possibilità possibile sia accontentarsi di quello che si ha. E spesso non è molto.
    Se a questo aggiungi che in non credo nell'altro (mondo), direi che non sono messa benissimo...

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  4. finora ho letto Nietzsche con il filtro di massimo cacciari.
    tuttavia ora sto leggendo i suoi scritti frammentari e diciamo così più diaristici: li trovo linguisticamante bellissimi e pieni di risonanze.
    tuttavia il suo modello del "superuomo" (prima interiore e poi potentemnte emerso dal ventre della storia europea qualche anno dopo con i comunismi, i fascismi ed il nazismo) è incompatibile con la oggettiva finitezza della persona e quindi anche con la sola possibilità di elaborare una possibilità di vita felice ( .. di pezzi di vita felice ...)

    però questa è bella:
    "Il matrimonio come lunga conversazione - Al momento di sposarsi bisogna porsi una domanda: credi di poter conversare piacevolmente con questa donna, fino alla vecchiaia? Tutto il resto del matrimonio è transitorio, ma per la maggior parte del tempo il rapporto è conversazione"
    in Troppo umano, I, 1878, 406

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  5. @amalteo: la citazione è davvero straordinaria. Io di Nietzsche afferro brandelli, qualche poesia, molti aforismi, la gaia scienza, ma i suoi testi più importanti o non li ho letti o non li ho davvero capiti. Non sono una Superdonna ;-)
    ciao, marina

    @ tutti: devo confessare che sono impaziente di dire la mia sulla felicità (anche se meno nobile di tutte le altre); ormai mancano un paio di puntate...

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  6. Errata corrige:

    Il massimo della felicità possibile (non possibilità; devo avere qualche problema di connessione. Del cervello, non della rete...)

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