DIVIETO DI FERMATA
Vieta la sosta e la fermata o comunque qualsiasi arresto volontario del veicolo. In assenza di iscrizioni integrative il divieto è permanente. E' sempre disposta la rimozione del veicolo.
Ho deciso di chiedere il divorzio. Per addebito grave.Voi direte:- a questa età? Meglio tardi che mai- rispondo io. E poi ci sono colpe imperdonabili. Irredimibili.
Molte cose si possono tollerare, ma ho tollerato il tollerabile. Adesso basta! Come diceva la buonanima.
Ho prestato la mia 500 a mio marito, il quale è un cittadino al di sotto di ogni sospetto, automobilisticamente parlando. Io ricevo continuamente multe, prese da lui, che alle mie rimostranze risponde che i vigili sono degli..... e che sì, la macchina era in divieto, ma non dava fastidio a nessuno e sì, il semaforo era rosso, ma la strada era vuota, lui non è mica un incosciente, prima di passare guarda, lui!
Questa volta l’ha parcheggiata, come il suo solito, alla porcodinci, perché secondo lui i posti dove non si deve parcheggiare non sono quelli indicati con apposito cartello di divieto o le curve ecc, ma quelli in cui a suo dire la macchina non dà fastidio a nessuno. Infatti non si sente né dispiaciuto, né colpevole, ma arrabbiato con il vigile. Morale della favola: la mia macchina è stata portata via dal carro attrezzi e, cosa più grave, non avendo io provveduto in tempo, colpevolmente, alla debita revisione, (avevo iniziato la pratica IERI) verrà fermata, la dovrò portare alla motorizzazione e rischio di perdere punti sulla patente. Naturalmente denuncerò immediatamente che era il fellone alla guida, ma la rogna resta gravissima. Quando potrò di nuovo girare con la mia macchina? A me serve due volte a settimana per andare al coro, che si riunisce allo sprofondo. Mi farò pagare il taxi invece degli alimenti.
Sono furiosa? No, di più. Lo ucciderei? Solo dopo averlo torturato.
Intanto mi considero single.
Ad integrazione: il problema della mancanza temporanea della mia 500 è che la sola alternativa per raggiungere la sede del coro sarebbe la metro, che però per me non è un'alternativa praticabile.
E questo mi dà lo spunto per raccontarvi una piccola, recente scoperta.
Sembra che la prudenza avversativa ci salvi la vita.
La prudenza avversativa non è altro che la fobia..
O, altrimenti detto, l’ansia patologica.
Non quel vago malessere che prende tutti noi in qualche momento della nostra giornata per le più diverse ragioni o senza un’apparente ragione.
No, qui non si fanno dilettantismi. Stiamo parlando di ansia vera, senz’altri aggettivi.
E l’ansia vera salva la vita.
Può rovinartela, naturalmente, ma intanto te la salva.
Scambiare erroneamente un segnale neutrale per un segnale pericoloso (falso positivo) ha un costo infinitamente minore che lo scambiare un segnale pericoloso per un segnale neutrale(falso negativo).
(Giovanni Jervis Pensare dritto, pensare storto. Bollati Boringhieri 2007)
Se rifletterete su questa citazione vi sarà facile rendervi conto che le persone troppo ansiose, in moltissime circostanze, sopravvivono più facilmente delle persone troppo poco ansiose.
È ancora Jervis a dircelo: “Non tutti si rendono conto che, in occasione di incidenti e calamità (o anche al volante di una potente automobile) le persone troppo ansiose sopravvivono più facilmente delle persone troppo poco ansiose.”
L’ansia ci costringe alla prudenza, ci suggerisce accortezze, ci insegna protezioni e scappatoie, che il non ansioso non appronta, andando incontro beatamente al suo destino.
La mia vita è costellata di falsi positivi che dalla lettura del libro ho provveduto a rivalutare.
Ho quindi riflettuto sul paradosso per cui, mentre la fobia sembra toglierti quelle sicurezze che tutti i comuni mortali hanno, in realtà te ne dà altre non meno importanti.
Per esempio io so già di quale morte non morirò mai. Quanti di voi possono dire la stessa cosa?
Non morirò nel tunnel sotto la Manica, né in quello sotto il Gran Sasso ma, se è per questo, neppure in qualunque altro tunnel del globo, che sia più lungo di un chilometro.
Non morirò in un ascensore, dimenticata in un week end ferragostano. Non morirò precipitando nell’Oceano Atlantico con un aereo, né in uno scontro ferroviario. Non è che io voglia spaventarvi, ma sembra che i treni vantino pericolosi record di incidenti. Bhe, a me non mi avranno.
Non morirò neanche su uno di quei palazzi chiamati navi da crociera, e naturalmente neanche in una metropolitana. Nessuno avrà l'opportunità di spingermi sotto il treno. Non morirò neanche su una funivia. Se la morte voleva ghermirmi su una funivia doveva pensarci prima.
Ne ha perse di occasioni per avermi, la nobile signora!
L’aereo piccolo come un aquilone, svolazzante tra le correnti termiche dell’Hindukush, e quello formato famiglia che il comandante, come l’autista di un bus, guidò da Tozeur e Gadès tenendo disinvoltamente il braccio fuori del finestrino aperto.
Nelle opprimenti tombe della Valle dei Re, non mi coglierà alcun malore mortale, né resterò bloccata in caso di incidente nel tunnel sotto i Vosgi.
Uscitane viva una volta non vi rimetterò piede e anche questa morte è evitata.
Non che io voglia fare del terrorismo, ma la beata incoscienza con cui percorrete le vie del mondo o con cui vi chiudete in locali angusti o in ambienti le cui porte non potreste personalmente aprire, vi espone a rischi che io non corro più da tempo.
Se penso a tutte le volte che nel passato ho corso i terribili rischi che correte voi oggi, mi sento morire. Dal sollievo naturalmente.
Al termine di una manifestazione non verrò portata via in uno di quei bagni di fortuna formato supposta gigante, dimenticata a picchiare sulla porta mentre intorno risuonano slogan ed inni.
La porta rotante di una banca non diventerà la chiusura del mio sepolcro, perché avrò cambiato banca in tempo e più di una volta.
Naturalmente la vita di gente come me è costellata di piccole scomodità.
Comporta il dover improvvisare scomode e fantasiose soluzioni per esplicare le sue pratiche igieniche e nel frattempo tenere accostata la porta di quei luoghi maleodoranti che i gestori dei servizi pubblici chiamano bagni.
Comporta rischiare il collasso per fare a piedi anche sette od otto piani di scale negli edifici pubblici.
Comporta anche rischiare furti e al limite aggressioni personali piuttosto che chiudersi, la notte, in una stanza di albergo.
Comunque quando non si riesce ad ottenere in un albergo una stanza entro il quarto piano ci si può sempre consolare pensando che in caso di incendio od altra calamità si sarà tra quelli che faranno in tempo a salvarsi.
E pazienza se non vedrò mai Roma dall'alto del nuovissimo ascensore di cristallo collocato sull'altare della patria, continuerò a guardarla dal Gianicolo, all'aria a perta.
Naturalmente il rimpianto per la propria libertà di un tempo resta, in me e nella gente come me.
Gente che magari ha preso treni, navi e aerei, aerei grandi come navi e aerei piccoli come passerotti, e navi grandi come città e piccoli battelli sul cui fondo soffocante ci si ammassava in confusione.
Gente che stava bene al chiuso e all’aperto, in alto e in basso e in diagonale, che si muoveva nell'orbe terracqueo con qualunque mezzo e con la stessa tranquillità. Ma quando cambiano le carte si gioca una partita diversa.
Scusate, mi ero distratta, tocca a me?
Io neppure morirò per embolia dopo un'immersione nei fondali di palmarola, questo è certo. O sorpresa da una valanga mentre scio elegantemente sulla pista innevata.
RispondiEliminaMa se invece che con un bell'infarto fulminante, morirò in ospedale dopo lunga malattia, come è più probabile per noi che abitiamo questa parte del globo, che ci avrò guadagnato dal mio vivere solo a metà?
Jervis è un grande e non si discute, si ama (come la Roma)!
Ma a 'sto giro non mi incanta, sorry.
Non t'incanta? io stavo giusto pensando di fargli una visita di controllo, per vedere se sta bene...
RispondiEliminaciaomarina
La convergenza? ottima idea!
RispondiEliminaIo non morirò schiantandomi con uno dei miei elicotteri personali sorvolando la mia villa di Brugherio, tantomento farò un frontale col mio Ferrarino. Meno che mai morirò di un colpo di sole durante un'escursione nel Sahara o di un incidente di caccia nelle savane keniote. Verosimilmente morirò d'infarto intorno ai cinquanta per ipercolesterolemia. E visto che la vita può essere pregna di sorprese positive e negative, si potrà pur perdonare il marito Cinquecentoforo indisciplinato, no?
RispondiEliminaUno degli elicotteri? Pensavo ne avessi uno solo!
RispondiEliminaEsagerato, verso i cinquanta..io volevo lasciarti la mia Tarta...
ciaomarina
Beh, sei incavolata forte...e io non posso neppure invitarti a cena. Mannaggia.
RispondiEliminaSarebbe una serata ideale per un pesce magari al sale o al forno ed un bicchiere di Pigato ...cin cin...
Soffia un po' di vento, aria di salmastro sin dentro casa.
Che ne dici di una bella escursione in grotta? Scherzo, anch'io sono un po' claustrofobica.
RispondiEliminaPiena solidarietà contro il marito!
@ Paola: che bella quell'aria di salmastro dentro casa. Se mi sbronzassi col Pigato? Non l'ho mai bevuto, voglio andarmelo a cercare da Trimani(enoteca fornita).
RispondiElimina@Artemisia:grazie per la solidarietà, ma in grotta con te non ci vengo! Mica per niente, è troppo umida....
;-) ciaomarina
Se ti piace un vino con queste caratteristiche, provalo.
RispondiEliminaNe vale la pena
Qualificazione: vino bianco secco
Vitigno: Pigato 100%
Colore: giallo paglierino con riflessi verdolini
Odore: ampio, dichiarato, con profumi di ginestra e sentori di muschio e sottobosco
Sapore: completo, sicuro,di stoffa larga e vellutata, persistente, con carattere marcato
Gradazione alcolica: 12,0° - 13,0°
Vinificazione: criomacerazione, pressatura morbida con fermentazione controllata in vasi di acciaio. Breve affinamento in bottiglia
Accompagnamento: antipasti di pesce, minestrone alla genovese, pasta al pesto, verdure ripiene, branzino alla ligure
Temperatura di servizio: 10°-12° Stappare la bottiglia al momento di servirla
Aggiungo
RispondiEliminaSe invece gradisci un piatto di formaggi o un coniglio alla ligure
allora vai su di un Rossese di Albenga
Qualificazione: vino rosso secco
Vitigno: Rossese 95%
Colore: rosso rubino carico
Odore: ampio, abbastanza intenso e persistente, fruttato, con sentori di rosa, lampone, fragola, uniti ad una buona vinosità
Sapore: asciutto, sapido con buona morbidezza e tipico fondo amarognolo
Gradazione alcolica: 12,0° - 13,0°
Vinificazione: tradizionale in vasi di acciaio inox con rimontaggi, ossigenazione e rottura del cappello giornaliere; svinatura dopo cinque / sette giorni
Accompagnamento: coniglio con olive taggiasche, pesci e stoccafisso in umido, carne e pollame in casseruola, formaggi di media stagionatura
Temperatura di servizio: 15° Stappando al momento del servizio
Pigato e Rossese
Puoi anche abbondare e il giorno dopo niente mal di testa...
Pura poesia da bere, ogni tanto.