Piroetta, piroetta, piroetta. La figura ruota nello specchio e la lunga gonna di raso lancia schegge di luce. Sprofondato nella poltrona il professore la contempla soddisfatto, come l’avesse creata lui.
E in fondo è così. Razzolava sull’isola, scroccando cene e brevi soggiorni nelle belle case sul porto. Poi spariva negli inverni romani. Per ricomparire ai primi di giugno, appena gli aliscafi riprendevano le loro corse.
Vendeva i frullatori Bimby nelle case, ma questo non lo sapeva nessuno dei suoi amici estivi.
Lui invece lo sapeva ma a lei non lo aveva mai detto. Avrebbe dovuto confessarle di aver chiesto un dettagliato rapporto su di lei, alla più capace delle agenzie investigative di Milano.
Innamorarsi di una ventiduenne senza origini certe, era un conto, ma portarsi in casa che so, una troietta, magari malata, tutto un altro.
Capriccio, la chiamava tra sé e sé, ma la verità era che lo faceva star male solo con uno sguardo. Sua moglie, cioè, la ex moglie, era stata perspicace come sempre, la schifosa: “Hai perso la testa, va, quella di te ne fa polpette”.
E invece no, lei non chiedeva mai niente, era sempre pronta a seguirlo ovunque, lo aspettava in casa anche per giorni, quando lui era all’estero e mai una volta che l’avessero sorpresa con un altro. Perché, certo, almeno i primi tempi della loro relazione, la sorveglianza era continuata. Beh, era il minimo della precauzione, a dimostrazione che era meno fesso di quanto sua moglie, cioè, la ex moglie, credesse.
Sorrise soddisfatto, mentre lei ancora piroettava e poi gli si buttava addosso, nell’entusiasmo per quel vestito da sera.
Lo avrebbe indossato nella festa sullo yacht. Festa di fidanzamento, sì. Lui lo aveva deciso all’ultimo momento: era ora che la vedessero tutti, il periodo di prova era finito e che crepassero di invidia. Parleranno, certo, altro che! parleranno e sparleranno, ma intanto eccola là, ventidueenne e roba sua. Con quel seno così eretto, quella dolcezza nella pelle e quel modo di fare sesso, ridendo, come un gioco. Parlate, parlate pure. Io la mia perla l’ho trovata e me la tengo. Si alzò, con un sospiro di soddisfazione. Ancora agile, ancora fermo. Sessantasei ma portati molto bene. Non sfiguravano insieme. Anche se Delia, sua figlia, era stata velenosa: "Non sembra tua figlia, sembra la mia". Del resto, era comprensibile. Si preoccupava per la sua posizione di figlia unica. "Ti scodellerà mica un figlio, quella"? L’aveva tranquillizzata. Niente figli, quella fase della vita era passata. Adesso voleva godersela. Alla faccia di tutti, colleghi e amici. E della moglie, cioè, ex moglie.
Tre mesi dopo erano sposati. "Non voglio feste e cazzi vari- lui le aveva detto e lei tranquilla: "Va bene, che m’ importa?" Si erano sposati a Trevignano, in Comune, testimone per lui la sua segretaria, per lei il fratello. In viaggio di nozze erano andati a New York. Le trasvolate ormai lo stancavano un po’, ma lui aveva voluto portarcela lo stesso. New York era la città adatta a lei, vitale e frizzante proprio come lei. E vederla felice era diventato il suo unico obiettivo. Non la chiamava più “capriccio”, ma “pupina”. Gli era uscito una sera, così, dopo aver fatto l’amore, in un momento di tenerezza e di gratitudine. E Pupina aveva sorriso e lo aveva spettinato.
Tornati a Roma la vita aveva ripreso i suoi ritmi di sempre. Lo studio, i congressi, il poker. Ma tutto quello che lo allontanava da lei lo infastidiva. L’ex moglie, sì esatto, l’ ex moglie, lo aveva incontrato in aeroporto. "Ma sei un cencio- gli aveva detto la maledetta. "Arranchi, eh?" Che stronzona! e poi che credeva, di essere rimasta uguale, lei? Lifting o non lifting, era andata. Glielo disse: "Sei andata e non solo di testa". Ma lei aveva riso: "Sì, andata, ma almeno non mi devo guardare le spalle."
Questa cosa del guardarsi le spalle non gli era piaciuta. Lei aveva sempre avuto la spiacevole caratteristica di arrivare a capire le cose prima di lui. Il crollo delle Parmalat a lei non l’aveva fregata, ed era stata lei a metterlo in guardia su Federici, quella piccola cimice arrivista del suo aiuto, quando tentò di fargli le scarpe.
Così ogni tanto ci ripensava: che voleva dire con questa storia del guardarsi le spalle? Fu preso dalla tentazione di richiamare quelli dell’agenzia investigativa, ma scacciò l’idea. Anzi la trovò ripugnante. Pupina gironzolava per boutique, parrucchieri, aveva un paio di amiche tra quelle che una volta l’accoglievano nelle loro case sull’isola. Ci teneva a fare lei la padrona di casa, adesso, e lui era contento. Niente di più, lo sapeva, era sempre a casa al suo ritorno. Guardava un po’ di televisione. Le piaceva il tennis. Stava prendendo lezioni. E andava in piscina. Ma la accompagnava ovunque l’ autista e aveva l’ordine di aspettarla. E poi quasi sempre c’era anche sua figlia Delia. Frequentavano lo stesso circolo. Figuriamoci se sua figlia non la teneva d’occhio. No, la vecchia strega era gelosa, ecco tutto. Sorrise soddisfatto. La vecchia è sola, pensò e io ho una moglie giovane e bella. E innamorata. Sì, innamorata, perché no, dopo tutto? Era ancora un bell’uomo, elegante, un po’ appesantito forse, ma insomma, la sua parte ancora la faceva, no? Davanti allo specchio si dette qualche piccolo schiaffetto sulla guance prima di raggiungerla nella sua stanza. Era solo per sentirsi più sicuro che prendeva il sildenafil, solo una piccola garanzia in più ecco. Aveva cominciato a prenderlo all’inizio della loro relazione, quando era più incerto e non voleva correre il rischio di qualche fiasco ed ora continuava, così, per non scadere nelle sue prestazioni. L’aveva abituata bene, pensò con un risolino. Forse avrebbe potuto diminuire un po’ le dosi, non che ne facesse un uso spropositato, ma quei piccoli fastidi erano seccanti. La vampa che lo avvolgeva dal collo fino alla testa, quel rossore, che lo imbarazzava anche. Ma lei rideva, lo prendeva in giro. "Diventi tutto rosso!" Piccoli inconvenienti, niente di grave, e ne valeva la pena, quella picola peste era imprevedibile, le scappavano voglie improvvise. Sorrise, indulgente e orgoglioso insieme. Evidentemente le piaceva, no?
Ma lui non esagerava nell’assunzione, no, del resto stava bene, in perfetta salute, si controllava periodicamente, tutto a posto. Si sorrise nello specchio, ammiccando a quel se stesso così accorto e così fortunato e prima di spegnere la luce buttò giù le due pillole azzurre.
Lo trovò una mattina la cameriera, un po’ storto sul letto. Pupina stava già facendo la colazione e, accorsa, chiamò la segretaria di lui perché le mandasse di urgenza un medico. Ma non c’era più nessuna urgenza. Lei non pianse ma apparve confusa, scossa. Non ci volle molto al giovane collega per capire cos’era stato. La confezione era ancora lì sulla mensola del bagno dove andò a lavarsi le mani dopo aver esaminato il corpo. Scosse la testa: Fesso -pensò -il professore.
Mentre la segretaria, precipitatasi in lacrime, iniziava a fare le telefonate d’uso, lei andò nella sua stanza, aprì la cabina armadio e si fermò indecisa. Poi prese un abito nero, ne scosse un po’ il tessuto morbido. Lino e seta, senza maniche, una piccola scollatura rotonda e la gonna che terminava con un plissé fittissimo.
Sarebbe andato bene, pensò. A lui non piaceva, -Troppo classico per te- le aveva detto, ma lei ci teneva ad avere anche qualcosa di classico. "Può sempre servire." Lo infilò rapidamente -tanto, ormai, lui non poteva dispiacersi-e prima di raggiungere gli altri di là, si fermò davanti allo specchio. Piroetta, piroetta, piroetta.
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Bentrovata Marina, mi sei mancata un sacco in questi giorni di assenza! Faticherò un pò ma mi rimetterò in pari coi tuoi post di questi giorni, non vedo l'ora.
RispondiEliminaInvece di perdere tempo con i miei post, lavora ai tuoi, qui siamo "a rota"!
RispondiEliminaciaomarina
"Condannati ad avere successo"??
RispondiElimina@paola: successo sia nel pubblico che nel privato, anzi privatissimo...
RispondiEliminaciaomarina