"La vita amico è l'arte dell'incontro". Questo verso di Vinicius de Moraes continua a girarmi nella testa.
Che ne è di quest'arte, nei nostri giorni? Incontrarsi diventa sempre più difficile. Ci sfioriamo e proseguiamo le nostre vite, senza toccare se non di sfuggita, il cuore dell'altro.
In questa società in cui tutto, ma proprio tutto, si fa in "incontri", (pranzi, cene, dibattiti, vertici, tavole rotonde, ecc) in realtà nessuno incontra più nessuno. Procediamo paralleli, fingendo di camminarci accanto.
Si ha bisogno di incontrarci perché si ha bisogno di comunicare. Si ha bisogno di comunicare perché ci sentiamo soli.
Ma solo pochissimi e solo raramente sanno rompere la regola della superficialità, quella che consente di andare avanti nella nostra vita, proteggendola da contatti urticanti. Tutti in difesa.
La nostra personale campagna acquisti prevede solo difensori, con cui tenere lontani gli altri, tutti considerati avversari.
Su quante dita di una mano, ognuno di noi conta i suoi veri "incontri"?
Questi pensieri, un po' mesti per un primo mattino, mi hanno ricordato un incontro, impossibile perché mai avvenuto. Sognato però.
Questa mattina ho incontrato MargueriteYourcenar. Non erano ancora le nove e lei sceglieva delle mele a pochi passi da me al mercatino di rue de Seine. Al mio saluto rispettoso ha risposto con un cenno del capo e un impercettibile sorriso, tendendosi a porgere due mele al ragazzo dietro il banco. Quando le ho chiesto di slancio se potevo parlarle un momento, offrirle qualcosa da bere, ha alzato gli occhi dall’herbe à chat che tenevo fra le mani e ha risposto gentilmente che sì, potevo. A La Palette, lì accanto, ha scelto un tavolo al sole e ha abbassato sulle spalle il leggero fichou di lana. Abbiamo ordinato due tè, lei ha chiesto un coltello e ha sbucciato con cura, in un unico giro, una mela che ha poi preso a mangiare lentamente, sorseggiando il suo tè. Di tutte le cose che avrei voluto chiederle mi ero dimenticata. Bevevo il mio tè e la guardavo, pensando che tra qualche secondo se ne sarebbe andata e che non l’avrei incontrata mai più. -Com’è pallido il sole-ha detto appoggiandosi un po’ più comodamente alla poltroncina. -Pallido e raro-ho risposto senza riflettere.
-Lei è spagnola?-No, madame, italiana-Ah, l’Italia! con un piccolo sospiro. E poi, in italiano: -Come si chiama il suo gatto?-E’una gatta, madame e si chiama Penelope-
-Ha un buon carattere?-ha domandato vivacemente, tornando al francese. Ho riflettuto, cercando le parole giuste. -Dignitosa, esigente. Ma molto affettuosa e capace di grande fiducia, con me soprattutto- Assentiva, come se Penelope fosse una sua vecchia conoscenza. -C’è qualcosa di preciso che vuole domandarmi? -ha chiesto gentilmente. -Oh, madame mi perdoni, la prego- Le ho confessato che non sapevo più che cosa volevo domandarle, che forse volevo solo sentirla parlare, guardarla e starle vicino. Ha scosso un po’ la testa, pensierosa.
-Le domande sono talvolta più difficili delle risposte n’est pas?- -Forse madame voglio solo ringraziarla. I suoi libri, le sue parole, sono un grande conforto per me. La sua esistenza è un grande conforto per me- -Già, già- faceva lei seria, guardandomi negli occhi. -Et pourtant, conforto.-Je suis ridicule- ho mormorato. -Oh no, si tranquillizzi, lei non è ridicola. Il conforto è spesso la ricompensa più preziosa delle nostre letture, non il sapere. E poi c’è così poco da sapere in fondo, non crede?-tentennai, molto dubitativa.-Forse sì. Eppure, madame, sono talmente tante le cose che non capisco e che vorrei capire, che leggere, studiare, cercare è un’impresa quasi ossessionante per me e mi assorbe e mi incalza. Eppure io so che è un lavoro destinato a restare infinito, a lasciarmi con tutti i miei “non capisco”- dissi tumultuosamente. -Ma cercare, leggere, studiare è altra cosa dal sapere mia cara, mi creda! Non faccia l’errore di metterle in relazione. Certo si può apprendere. Io ho molto studiato e ho molto appreso, sono discretamente colta -ha detto sorridendo- ma sapere è tutt’altra cosa, creda- Un cenno al cameriere e ordina un altro tè. Resterà ancora con me! Mi sento una ragazzina di fronte a una magia.. -Imparerà un buon numero di cose, studiando, un buon numero di cose, ma sapere...Sa come potrà sapere davvero qualche cosa che conti?- Faccio segno di no. Trattengo il fiato.- Ma, semplicemente attraverso gli incontri, ma belle, tenga sempre il suo cuore aperto e saprà qualche cosa di vero ad ogni incontro con un suo simile- Mi sembra una risposta così semplice, forse così banale. Abbasso gli occhi. -Delusa? mi fa-Pensava che le avrei rivelato il segreto dei segreti?-Sorride,leggermente ironica. Nego recisamente ma lei posa la mano fredda sulla mia. -Lasci stare, mente male. Ci pensi -fa lei- sono sicura che quando legge un mio libro lei è convinta di incontrarmi, non è così?- Faccio segno di sì imbarazzata.-Non se ne vergogni, è così che deve essere. Del resto noi scrittori quando scriviamo vogliamo essere incontrati. Io sono sicura che lei tiene sempre il suo cuore aperto e le assicuro che non c’è niente altro da fare- Risolleva il suo fichou bianco sulla testa -Vuole offrire lei il tè, vero? -Oh sì, sì madame -e mi do da fare con la borsa mentre cerco con gli occhi il cameriere- -No- fa lei- resti, resti. Io debbo andare, lei faccia tutto con calma- Si alza con un po’ di sforzo, mi alzo anche io. Esito, porgerle la mano? Abbracciarla come mi viene da dentro? Ma lei allunga una mano e mi fa una carezza brevissima sul viso. -Stia tranquilla -mi dice -si goda questo piccolissimo sole e mi legga ancora. -Grazie madame. Di tutto-
-Oh -dice lei, già voltandosi -è solo un incontro n’est pas?- Trasognata, un po’ commossa, un po’ sperduta davanti alle tre tazze vuote e alle bucce di mela cerco di ritornare ad una qualche realtà. Lei si allontana lentamente. Solo un incontro, n’est pas?
Marguerite Yourcenar è morta nel 1987. Allora io vivevo a Parigi e per ragioni poco chiare anche a me stessa, continuai per un po’ di notti a sognarla. Il nucleo del racconto è quello del sogno, il mercatino di rue de Seine, le due mele, la sua mano leggera sul mio viso e quella frase: è solo un incontro, n'est pas? Il resto è solo desiderio.
Marguerite Yourcenar mi manca.
Rileggo spesso i suoi libri, ora uno ora l’altro. L’idea che non ne arriveranno altri mi pesa.
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Marina, come al solito sei meravigliosa e m'incanti con le tue parole. Questa cosa che le parole sono sempre le stesse, sempre la' a disposizione, e tutto dipende da come si mettono in fila, come nell'infinità dei punti nei lavori a maglia. Solo dritti e rovesci, solo maglie alte e basse, ma in quanti modi si possono mettere insieme? Quante combinazioni si possono creare? (questo era anche un po' il senso del mio racconto cretino usando le tue parole ricorrenti del tuo blog).
RispondiEliminaHai ragione (da vendere, come sempre). Gli incontri sono rarissimi e sembra che facciamo di tutto per evitarli. A me piace il lettore di Mp3 ma preferisco, sull'autobus, sulla metro, guardare la gente, guardare dal finestrino, non perdermi niente, eventuali incontri, i microincontri con le persone che ti passano vicino, ti chiedono un'informazione, ti dicono una parola. Non mi piace invece vedere tutti intenti a fare qualcos'altro (leggere, ascoltare la musica), tutti chiusi nelle loro attività.
Ho un'amica che ogni volta che mi invita a cena, invita però un sacco di altre persone perché io da sola evidentemente non le basto, poi ci mette sempre, in più, perché la cena non le basta, che vuole anche andare ad un concerto, e poi...
Vabbè, ho detto un sacco di cretinate pure un po' sconclusionate e la pianto qui.
Mariateresa
Tu non dici mai cretinate, ma solo cose intelligenti e dovresti saperlo.
RispondiEliminaL'arte di incontrarsi richiede cuore e tu hai un cuore grande e ricco.
E adesso passiamo a cose più leggere: questa amica è un'anima in pena e mi sta pure antipatica. Quando devi andare da lei passa prima da me. Ma portati una pizza...
;-)))
ti abbraccio
marina
forse è l'autobus il posto in cui noialtri poveri esseri umani
RispondiEliminaabbiamo tempo e modo di fare
le nostre riflessioni, la nostra piccola flosofia.
Almeno a me capita sull'autobus per lo più (solo poche fermate peraltro), ciao, bibi
Marguerite Yourcenar manca tanto anche a me, e trovo che quello che hai detto sulla solitudine è verissimo. La solitudine è il vero male del nostro tempo, da estirpare ovunque siamo. Mi piace molto quello che dici nel tuo blog. Comolimenti Ciao Giulia
RispondiEliminaMarina, prendo al volo l'occasione (che fa l'uomo ladro :-) per lasciarti un salutino. Questa settimana per me non è affatto "a passo d'uomo"...ma dalla prossima tornerà ad esserlo.
RispondiEliminaA prestoooooooooooooooo....
Ciao Marina, letto il c0ommento che hai lasciato da me, che dire...grazie per avermi fatto scoprire questo bel blog, appna trovo dieci minuti ti metto tra i link, A presto!
RispondiEliminagrazie a Giulia, Donnigio, Accakappa e Bibi.
RispondiEliminaL'autobus della filosofia potrebbe essere una idea. Se ti sente Walter te la frega..
ciaomarina
Come al solito sei arguta ed ironica anche nei tuoi fulminanti commenti - buona quella su Walter- per non dire quanto riesci ad incantarmi con i tuoi racconti. L'incontro con la Yourcenar è per me poesia pura. In tutti i sensi...
RispondiElimina"La vita e' l'arte dell'incontro". Ed ecco che leggendo il tuo bel post "incontro" tra i commenti la cara Giulia e mi viene in mente un suo vecchio post cosi' bello. Vediamo se riesco a scrivere il link:
RispondiEliminaElogio della lentezza
Fammi sapere se ha funzionato e se non suggerisce anche a te un'atmosfera di "incontro" come intendi tu.
E poi incontro Accakappa, un vecchio amico blogger (anche se giovane) e mi fa piacere che vi siate conosciuti.
La vita e' l'arte dell'incontro...