martedì 12 gennaio 2010

tra Capodanno e la Befana

E' l'immobilità trasognata del mattino a indurmi alla passeggiata nel parco. E' quasi deserto. Qualche vecchio in panchina, niente bambini, l'incedere spavaldo dei grandi corvi e i piccoli passi di tortore e piccioni sui prati umidi. Qualche gatto acciambellato ma vigile e i nasi a terra dei cani lasciati sciolti dal piccolo gruppo di proprietari che chiacchierano tra di loro.
Ecco un altro gruppo di cui non faccio più parte. Se avessi un cane accorderebbe il suo umore al mio o me ne strapperebbe.
Grigio chiaro nel cielo, orlato di un celeste esitante e qualche potatore all'opera su scale incaute appoggiate agli alti pini, già troppo denudati di rami. Mania di tagliare, strappare, togliere. Sottrazioni continue.
Una palla dimenticata o persa o rifiutata nella fontana vuota d'acqua. Sui prati bagnati di pioggia notturna seguo i miei stessi passi di bambina, di ragazza, di giovane donna. Sto posando il piede dove lo posai a vent'anni?
Poi siedo dove sedevo a quaranta.
Quante volte tutte le cellule del mio corpo si sono rinnovate? Ma io sono ancora io.
Il mio cervello conserva per me la mia identità.
Al piccolo trotto un ragazzo in tuta taglia il prato. E' la seconda volta che passa. Segue un percorso di sua scelta. Ma gira in tondo. Giriamo tutti in tondo?
Arriva una famiglia. Turisti di vacanze natalizie, forte accento pugliese. Aria di benessere. Tre ragazzini con i recenti regali in prova: due auto da corsa guidate da vere clôche e un elicottero telecomandato. Il parco è grande, vuoto, molte aree si presterebbero ai giochi ma il nucleo ha scelto di giocare addosso a noi, a un vecchio in sciarpa a righe due panchine più in là con lo sguardo abbandonato nel cielo e alla me con lo sguardo abbandonato al passato.
Tutti gridano. Il padre ai figli. I figli tra loro. La madre al padre e poi al telefono. L'aria si riempie di grida e dei ronzii dei motori. Fuggono i corvi, i piccioni, le tortore. I cani abbaiano contro le auto giocattolo, i proprietari smettono il loro bel chiacchierare e li richiamano. Per ultimi si allontanano i gatti con sguardi di sprezzo.
Per due volte l'elicottero passa ad un metro dalla mia testa. Il padre neanche pensa a scusarsi o a rimproverare i figli. Continua a gridare "attenti che non si schianti al suolo!" Speriamo, dico io all'aria. Il vecchio in sciarpa a righe si trova una delle due auto tra i piedi. La solleva da terra, la capovolge e la rimette in terra. Le ruote girano impotenti. Il ragazzino alla guida si immobilizza e si tace. Il vecchio lo guarda e aspetta. Anche il padre e la madre si tacciono e aspettano. Poi il vecchio si alza, si sistema la sciarpa intorno al collo e se ne va. Lo seguo nel suo autoesilio di protesta. Passandogli accanto penso fuggevolmente di dirgli "Buon Anno Nuovo". Nuovo? mi chiedo. E mi taccio anch'io.

6 commenti:

  1. Quando leggo da te è sempre qualcosa di stupendo. Marina sei GRANDE.
    Un abbraccio.
    Maurizio

    E io che credevo che sognare era solo fotografare...
    mi perplimo davvero ..

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  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  3. Mi sono 'persa' nel parco insieme a te. Leggerti è davvero molto bello. La forma è perfetta, i contenuti reali a tratti amari e a tratti di garbata ironia e autoironia.
    Scusami, sembra ti stia correggendo un tema, ma non è così e avrei io da impare da te e tanto. Ma alcune cose sono doni di natura. Mi ritrovo in molte cose, soprattutto nella sottile malinconia che guarda indietro nel tempo.


    Quello che hai scritto è uno spaccato , uno dei tanti di questa a tratti incomprensibile società.

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  4. @Nicole: grazie! ho visto che ci si perde anche nei tuoi racconti :-)

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  5. caro Maurizio sei troppo buono. Pensa però che io mi sorprendo che si sogni dietro le immagini e non dietro le parole!

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