sabato 2 gennaio 2010

per Tereza

Un po' in ritardo ma molto volentieri partecipo al gioco serissimo propostoci da Tereza qui e qui.
Scrivere una lettera d'amore a due libri. (Ma io mi sono limitata ad uno).
Per regolamento dovrei anche passare la palla ad altre tre persone. Come sempre mi astengo. Preferisco invitare, chi vuole, ad unirsi a noi. Sono poco disciplinata, lo so.
Coloro che mi hanno preceduta in questo gioco bellissimo li trovate qui



E questo è il mio contributo.










Caro Giacomo, tu che sei entrato dentro il mio spirito con la tua voce definitiva, fa', ti prego, che io non dimentichi mai i tuoi canti; insegnami ad accompagnare il dolore e la paura con l'amore dovuto alla vita; contagiami del tuo coraggio e sostienimi nella desolazione, non diventare mai conforto momentaneo: resta lezione, ti prego.
Il giorno che strapperà il tuo canto alla mia memoria sia anche l'ultimo.



Che cosa vuole che non dice? Che cosa vuole dunque? No, non lo sa. Nessuno lo sa. Sente spasimi e voglie ma non sa dargli un nome. E' così giovane, chiusa dentro il circolo chiuso dell'adolescenza. Nessuno sente le sue domande. Del resto nessuno avrebbe le risposte. Ma lei non sa neanche questo. Lei crede che ci siano risposte, da qualche parte, per le domande che non formula. Lei le cerca scrutando le donne che parlano e ammiccano tra di loro, indossano pantaloni con la piega e prendisole vivaci, accendono sigarette Mercedes e scacciano il fumo dagli occhi con mani rapide. E ridono. Donne. Con i loro segreti, che anche il suo corpo nasconde. Lei si apposta, fingendosi indifferente e le guarda senza guardarle e intanto arrotola intorno all'indice le lunghe ciocche di capelli neri.
Che cosa è questo stato inquieto? Questa fame di correre, questo desiderio di abbracci, questo terrore e questo bisogno di solitudine? Si avventa nelle discese, si graffia i ginocchi, si lega i capelli, si fa brutta. E poi osserva il suo corpo magro allo specchio, così lungo, così bruno, così esile. E sceglie i colori da accostare al viso. Il giallo pallido che lo abbruna, il rosa che lo arrosa, il bianco che lo fa bello. Posa i suoi occhi scuri con lunghi sguardi inquieti sulle spalle dei ragazzi, sui loro polsi spavaldi. Ma percepisce il loro sbigottimento. La sua stessa muta paura. Anche loro ridono. Ma lei non trova mai la risata che solleva il petto, il respiro che libera il torace. E' chiusa nel corsetto delle sue fantasie e delle sue domande, stretta dentro il suo mondo pulsante, dentro quel groviglio di rami fragili e radici smosse, dentro i prati macchiati di giallo, dentro l'odore del tiglio e sotto i castagni, stretta al cielo e ai raggi obliqui del sole nei tramonti che la interrogano. Tutto è natura e sentire, per lei, e questo la sgomenta. Allora corre ai libri, cerca una voce limpida, sicura e superba. Sta a capo chino sui canti di Leopardi e una pace sottile come un filo d'erba entra in lei e un pianto caldo e confortevole la accoglie. Dorme tenendo sotto il cuscino il libriccino grigio che la seguirà in tutta la sua vita, l'edizione povera e insostituibile che le rimanda le sue domande inquiete e ne conosce il suono. Ripete a mente un canto ogni sera, perché si fissi per sempre nella sua memoria. Ascolta nel buio la voce scritta, che conosce le risposte eppure non si stanca di domandare perché le domande risorgono sempre, da sempre. Lei dimora in questo mondo compiuto di bellezza irripetibile, di inquietudine mai arresa e di forza vibrante, ne sente il dolore e il vigore e l'amore profondo, respira lo scintillio del pensiero e la sensualità della percezione, ripete quei canti, diventa quei canti e dorme. E sogna. E in sogno giungono le risposte attese. Dicono tutte la stessa cosa: continua a domandare e a sognare: a vivere.

Giacomo Leopardi: I canti
Edizioni B.U.R. , Milano - 1953

10 commenti:

  1. sono rimasta incantata...proprio imbambolata a leggerti...grazie di questa pagina sublime.

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  2. ...pubblicato...
    un abbraccio enorme

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  3. L'ho letto due volte,
    mi è entrato dentro
    e lì religiosamente lo conservo,
    come cosa preziosa.
    Giorgio

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  4. credo che l'avrebbe proprio apprezzata la tua bella lettea

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  5. Marina, sto facendo una cosa che in questo caso non si dovrebbe fare: commentarti. L'unico alibi che riesco a trovare è l'amore per la poesia della vita, per i suoi segreti indicibili che tu per una volta sei riuscita a dire. Hai scritto di getto e in un'unica soluzione, una sola grande onda che tutte le contiene; si sente ed è un'emozione forte, è come se ti incontrassi per la prima volta e tu mi invitassi per l'ultima volta a domandare, a sognare, a vivere. I commenti in questo caso sono sempre mediocri ripetizioni ma io pavento un tuo addio e in qualche modo vorrei esorcizzarlo. Perdonami.

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  6. marina il modo peculiare tuo di coniugare intimismo e raziocinio mi piace molto, produce in me un'immediata sintonia, ci ravviso fili e nodi e legacci d'identificazione, non generica similarità ma nella differenza i chiari segni di autenticità come sono certi frammenti strutturali personali e quando la rivelazione è senza effetti speciali, senza artificio e orpello, senza le pseudo e le vere sciccherie letterarie, senza manierismi ben acquattati, ecco senza l'armamentario del mestiere di scrivere ma col palpito della propria verità giocandola così com'è.

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  7. Ritrovo il tuo passo cinematografico, il tuo scrivere camminando da una scena all'altra.
    Sei piena di movimento, Marina, e persino riflessioni come queste a me suggeriscono l'idea di un film ad occhiate rapide, occhiate veloci che riescono in un battito a suggerire tutto quel c'è in scena, anche quello che il regista ha fatto soltanto balenare.
    Ho visto mentalmente e lucidamente, come in un film, la ragazza dal corpo lungo che si misura gli abiti di colori diversi e i pensieri su sé stessa.
    Sei proprio unica, Marina.

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  8. Più che una lettera d'amore a me sembra una preghiera.

    Come certa poesia greca, quando invoca Musa o Zeus padre o altra divinità. Sei talmente imbevuta di cultura classica che hai ripetuto automaticamente un genere tipico. Pensa alla lirica di Saffo: "O Afrodite immortale, dal trono variopinto, tessitrice d'inganni (...) io ti prego: non domare con ansie e tormenti, o magnifica, il mio cuore, (...) ma qui vieni (...) e tu stessa siimi alleata".
    Grande Marina!

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  9. qui si impongono dei ringraziamenti: a blonde che mi riconosce l'amore e la frequentazione della cultura classica; a Papavero di campo che sottolinea la mancanza di artifici e orpelli; a Tereza per la sua comprensione e familiarità con la mia scrittura e a Enzo che, non si sa come, sa esattamente come ho scritto: di getto, in un'unica onda.
    Tutti i vostri commenti, oltre a gratificarmi sono letture critiche molto acute
    grazie, immodestamente marina

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