
“Rinuncia all’idea di un altro mondo; non c’è. Ma non rinunciare al piacere di essere felice e di procurarti la felicità in questo.”
“Nessuna voce, se non quella delle passioni, può condurvi alla felicità."

“Qualsiasi autorità che non sia esercitata per la felicità di tutti può essere solo fondata sull’impostura e sulla forza”.

Jeremy Bentham (1748-1832) (commento alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino che prevede il diritto alla felicità ): “Semplici stupidaggini, stupidaggini retoriche, stupidaggini sui trampoli”.
Questa espressione "STUPIDAGGINI SUI TRAMPOLI" è SEMPLICEMENTE MERAVIGLIOSA.

“Coloro che affermano che la vita è solo una combinazione di disgrazie intendono che la vita stessa è una disgrazia. Essendo una disgrazia la morte è dunque una felicità. Tali persone non scrivono in buona salute, con la borsa piena di denaro e l’anima soddisfatta per aver tenuto tra le braccia le Cecilie e le Marine, sicuri che ve ne saranno altre in futuro. Questi uomini appartengono a una razza di pessimisti...che può essere esistita solo tra filosofi spelacchiati e teologi farabutti o atrobiliari.Se il piacere esiste e possiamo goderlo nella vita, allora la vita è la felicità. Ci sono delle disgrazie, naturalmente, e io sono il primo a saperlo. Ma l’esistenza stessa di queste disgrazie dimostra che la somma totale della felicità è maggiore.”

Jean Jaques Rousseau (1712-1778) “Si deve essere felici. Questo è lo scopo di ogni essere senziente; questo è il primo desiderio che la natura ha impresso su di noi, l’unico che non ci abbandona mai.”
“La felicità non è il piacere.”
“La felicità è una condizione duratura che non sembra essere fatta per l’uomo in questo mondo. Tutto, qui sulla terra, è preda di un flusso continuo che non permette a nulla di assumere una forma costante. Tutte le cose cambiano intorno a noi, noi stessi cambiamo e nessuno può essere sicuro di amare domani ciò che ama oggi. Tutti i nostri progetti di felicità in questa vita sono perciò vacui sogni.”
Jean Jaques Rousseau merita qualche riga in più, per almeno due ragioni.
1-Egli muove una critica al progresso che si rivelerà anticipatrice delle riflessioni del Novecento.
Rousseau sostiene che la civiltà moderna (la modernità della sua epoca!) è una civiltà innaturale, che separa l’uomo dai suoi desideri e bisogni più naturali.
La capacità dell’uomo di “autoperfezionarsi” provoca una inquietudine continua, nuovi desideri e nuove insoddisfazioni.
“Il progresso delle scienze e delle arti non ha aggiunto niente alla nostra genuina felicità.”
“Quanto più l’uomo è rimasto vicino alla sua condizione naturale, tanto minore è la differenza tra le sue facoltà e i suoi desideri, e di conseguenza tanto meno si è allontanato dall’essere felice.”
2-Per Rousseau è l’associazione politica che può aiutare l’uomo a ricostituirsi una felicità dopo aver perso quella primitiva, naturale.
A questo serve il Contratto sociale. A forgiare un uomo nuovo senza egoismo e amour propre, sostituendo “un’uguaglianza morale e giuridica a qualsiasi disuguaglianza fisica la natura possa aver imposto agli uomini.”
La ”volontà generale” sarà virtuosa e farà gli uomini felici.
Il povero Rousseau è stato abbastanza strapazzato come responsabile di tutti gli esperimenti di ingegneria sociale condotti dopo di lui e di tutte le loro tragiche conseguenze. Non sono una rousseauologa, ma ricordo bene che egli ha anche scritto:
“NESSUN GOVERNO PUO COSTRINGERE I CITTADINI A VIVERE FELICI; IL MIGLIORE E’ QUELLO CHE LI PONE NELLA CONDIZIONE DI ESSERE FELICI SE SONO RAGIONEVOLI.”
da Scritti politici UTET Torino 1970
Io lo mando assolto.
Io l'assolverei, fosse solo per le tre parole a conclusione di questo pensiero:" Se sono ragionevoli" credo che possa bastare.
RispondiEliminaMolto interessanti questi tuoi percorsi... Giulia
RispondiElimina