Personalmente mi ha sempre colpito l’idea di “diritto alla felicità” inserito in Costituzioni, Carte dei Diritti, Preamboli a testi giuridici, Dichiarazioni solenni, ecc.
Non che non veda da quali esigenze nasca, ma, ciò non ostante, mi strappa sempre un sorriso.
Quanto invece questo tema venga preso sul serio dalla riflessione generale lo dimostra anche il Convegno tenutosi proprio lo scorso fine settimana a Cava dei Tirreni e organizzato dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici: “Il Diritto dell’Uomo alla ricerca della felicità”.
Inoltre è uscito da poco un libro “Il diritto alla felicità” di Antonio Trampus Editore Laterza, Bari.
Posso mettere una piccola chiosa? Ci sarà prima o poi la più grande rivoluzione linguistica di tutti i tempi, quella che sostituirà come definizione dell’umanità tutta, l’espressione “uomo” con “persona umana”? Fine della chiosa.
4 luglio 1776 – America: la Dichiarazione di indipendenza proclama “il diritto al perseguimento della felicità”.
1789 Francia: la Dichiarazione dei diritti parla di “felicità di tutti”
1793 Francia la Costituzione Giacobina propone, la «felicità comune» come «fine della società».
La diversa formulazione sottolinea un «bene pubblico», stabilito dallo Stato che si fa promotore, autoritario, di una rivoluzione morale.
1946- La Costituzione Giapponese proclama il “diritto alla felicità”.
Sulla differenza sostanziale tra felicità di tutti o felicità comune, e quindi tra libertà e felicità, Immanuel Kant ha detto qualche cosa di definitivo.
“Nessuno mi può costringere ad essere felice a suo modo (come cioè egli si immagina il benessere degli altri uomini), ma ognuno può ricercare la sua felicità per la via che a lui sembra buona, purché non rechi pregiudizio alla libertà degli altri di tendere allo stesso scopo, in guisa che la sua libertà possa coesistere con la libertà di ogni altro secondo una possibile legge universale (cioè non leda questo diritto degli altri)”.
Per Kant (1724-1804) l’azione politica non può fissare un’idea di felicità e da questa farsi indirizzare, perché produrrebbe paternalismo e dispotismo. L’autorità politica non ha diritto di intervenire sulle scelte, legittime, degli individui. (1793-Sul detto comune)
Più in generale, in merito alla felicità, la posizione di Kant contiene insieme severità e incoraggiamento.
Per Kant la felicità non rientra nei piani della natura.
C’è una scelta morale da operare, o meglio una priorità da stabilire. Prima viene la virtù. Ma la virtù a volte è dolorosa. E succede che coloro che vivono la condizione di felicità (detto nel senso che aveva la parola nel 700, di soddisfazioni dei desideri, e piacere) siano privi di virtù, operino nel male, siano cattivi.
La ragione ci dice che dobbiamo sviluppare una volontà buona che non nuoccia agli altri né alla nostra virtù, ma non ci assicura che sia compatibile con la felicità.
Possiamo però sperare che, una volta resici ”meritevoli di felicità” questa sia attingibile in un futuro( che Kant non definisce).
La lezione è semplicemente... kantiana e Kant o lo si ama o.... lo si ama.
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Beh, sinceramente t'invidio: ho hai molto tempo a disposizione durante il giorno oppure possiedi grandi capacità di analisi, sintesi e quindi pensiero. Fermo restando il giudizio di intelletto "tagliente" che diedi di te un po' di tempo fa, dopo aver aperto il tuo spazio con qualche giorno di ritardo mi ritrovo adesso con tutta questa abbondanza di articoli e idee...uno più pregno dell'altro. Leggerò con calma e attenzione e poi ci risentiremo...mi dai sempre una sensazione di calma olimpica come se tu fossi nel mondo di passagggio pur conoscendolo bene senza alcuna intenzione di metterci le radici che, evidentemente, stanno altrove. Bel giro di parole per dire: sei altera. Forse è solo un 'impressione, forse è solo una parte ma, infine, vien sempre fuori. Certo se penso a me bisognerebbe distruggere il pulpito delle mie prediche!!
RispondiEliminaCi sarebbe molto da disquisire sul concetto di felicità, ma sul pensiero kantiano si può convenire...
RispondiEliminaciao Enzo, "calma olimpica" ? Magari!
RispondiElimina"Altera" invece mi piace. Nessuno me lo ha mai detto, e apprezzo la novità.
ma mi colpisce soprattutto "le radici stanno altrove"; mi ci ritrovo, solo, chissà se lo usiamo in sensi diversi?
grazie della visita, marina
Voglio ringraziarti per avermi dato modo col tuo post, in particolare con la citazione del Convegno di Cava dei Tirreni, di riandare un po' al buon Gaetano Filangieri ed alla sua opera. Preciso che si tratta di lontani ricordi di scuola, appena appena rinfrescati per il tramite di Internet. Comunque sia, se le mie informazioni sono esatte, parrebbe interessante evidenziare che l'affermazione contenuta nella Dichiarazione del 4 luglio 1776 circa la "ricerca della felicità" deve essere riconosciuta al Filangieri ed alla sua Scienza della legislazione. Il Franklin, infatti, sembra non fosse molto d'accordo con l'espressione "diritto alla proprietà" prevista nella bozza della Dichiarazione in quel punto. Franklin conosceva e stimava l'opera di Filangieri (del resto piuttosto conosciuta fuori d'Italia e soprattutto nel mondo latinoamericano) e probabilmente sperava con lui che dalla riforma della legislazione si realizzasse il progresso del genere umano verso la felicità e l'educazione del cittadino.
RispondiEliminaGrazie di nuovo per gli ottimi spunti di ... meditazione e d'approfondimento di cui ci fai dono.
Lupo.
Tifo Kant ma non solo come sai...quindi "l'in bocca al lupo" per sabato non posso certo augurarlo a noi visto che i lupi siete voi...Ma se vincerete sta coppa...chi s'accontenta gode insegna Kant? E io mi accontento per com'è andata ieri. La Roma è stata degnissima rivale in campionato. Comunque sia la felicità è ben altro ovviamente e se la politica si ricordasse della saggezza kantiana, soprattutto in tema di diritti individuali paritari, io dico che sarebbe ora nel 2008!
RispondiEliminaCiao
francesc0
Il diritto alla felicità? In teoria dovrebbe esserci, ma in pratica quanto siamo lontani dall'effettiva realizzazione!
RispondiEliminaCiao Marina, buona serata,
Lena
Eccomi di ritorno. Concordo con te nel vedere un che di ludico o di giovanile follia nelle dichiarazioni sulla felicità che negli ultimi 3 secoli hanno attraversato la cultura europea e americana.Per certi versi risento gli slogans dei miei vent’anni pieni di frasi come “l’immaginazione al potere” e via dicendo; d’altronde di questa mitica araba fenice siamo tutti alla ricerca, anche quelli che in modo un po’ snob amano ripetere che “tanto per me ormai”… L’idea kantiana è realistica invece e il suo “Nessuno mi può costringere ad essere felice a suo modo” richiama la nostra esperienza giornaliera di felicità e infelicità raccattata nel corso dei nostri giorni. Vera dunque e, per me, infelice;perché in fondo nel suo continuo raffrontarsi con la felicità altrui e con le metodiche assolutamente personali per ottenerla, si svilisce e appassisce in un mediocre e cumulativo medio “benessere”. Non nego però la lucida analisi dei limiti che l’azione politica ha nei confronti della ricerca della felicità, il suo arrestarsi davanti all’idea di una felicità precostituita che nasconde solo la deriva verso il paternalismo e l’assolutismo. E infatti tutto l’ottocento europeo bene o male ha pagato lo scotto di questa ipocrisia di fondo: penso anche al cattolicesimo e al marxismo…infine penso anche alle minchiate di Prodi, Berlusconi e Veltroni, ma questa, capisco, è un’idea personale. Ma poi, guarda un po’, salta fuori l’etica, la virtù, entrambe come premessa indispensabile per l’umano agire sociale: un colpo qui, uno là, un taglio sotto e uno sopra…forse in futuro potremo attingere stadi più consoni alla vera felicità... Marina, hai ragione Kant o lo ami o lo studi ma io non sono felice, soddisfatto magari ma non felice. Tu poi fai un bel giro dalle parti della Francia dei lumi e lì il discorso s’ingarbuglia però diventa affascinante ma non commentabile perché in alcune frasi e idee ad esse sottese c’è, appunto, il profumo della felicità (riesci ad immaginare qualcosa di più felice e liberatorio della frase di Bentham- stupidaggini sui trampoli?) Voglio dire che esiste una via personalissima e irripetibile per toccare felicita ma non obbligatoriamente libertà: quasi sempre essa è dissacratoria, scandalosa e fuori dagli schemi sociali qualsiasi essi siano; altrettanto spesso è volubile nel tempo e “antidemocratica”: per tale motivo quasi tutti noi preferiamo limitarci a surrogati ben fatti e di varia natura: dal socialismo a un buon orgasmo, passando attraverso la conoscenza e l’arte. Il guaio è che dopo tanto cercare, limare, comprendere arriva il giorno in cui il primo stupido lillipuziano mentale fa un breve passo, gira una chiave e entra nella stanza segreta: ovviamente non capisce nulla, esce, fà un peto e con sublime stupidità butta via la chiave inutile per lui. Ma il sentiero non sarà più lo stesso e nemmeno i sottili meccanismi che aprono la porta. Voglio dire che alla felicità ci si arriva per caso leggendo Rosseau o topolino.
RispondiEliminaSei altera perché hai una gran testa, fragilissima secondo me e come tutte le cose fragili dotata di una naturale eleganza: ti prego di non considerarlo un fatuo complimento ma la consapevolezza di un dolore profondo. Ne sento l’eco, il bisogno di spazio e lontananza. Perdonami ma non so dirtelo in altro modo.
Felicità e un bicchiere di vino con un panino la felicità.
RispondiEliminaCome hai potuto dimenticare Albano e Romina?
Anche Ezra Pound non scherza:"Felicità:regolato scorrimento di lubrificanti endocrini".
Cristiana
(sei un genio)
Ciao Lupo 42: quante notizie che ignoravo mi hai dato. Non avrei supposto questi rapporti internazionali, sono proprio ignorante! Adesso sono molto soddisfatta di conoscere il contributo di un italiano alla dichiarazione.
RispondiEliminaciao, marina
ciao Enzo, credo che per dare una risposta sensata dovrò rileggerti. Infatti la seconda parte del tuo discorso(una specie di incongruenza tra libertà e felicità, se ho capito bene) la debbo capire meglio.
RispondiEliminaQuanto a capire invece, qualche cosa di me sembra che non si occulti abbastanza; dovrò provvedere ;-))
a presto, marina
Marina, tu mi vuoi male!
RispondiEliminaNon hai idea di quanto le mie arrugginite cellule grigie abbiano faticato per starti dietro!
Comunque, vediamo un po'...
A me piace leggere nelle Carte dei Diritti e nelle Costituzioni il richiamo al "perseguimento della felicità". Forse perché inconsapevolmente lo traduco in un diritto alla "libertà individuale", la più ampia possibile.
(E già che ne parliamo, non mi piace la repubblica fondata sul lavoro! È da schiavisti!).
Provo a spiegarmi: se per me "felicità" fosse stare dalla mattina alla sera davanti al PC a navigare, qualunque restrizione alla (libertà di) navigazione mi renderebbe infelice. Se fosse leggere, qualsiasi restrizione alla (libera circolazione della) stampa, sarebbe per me sinonimo di infelicità.
Non credo che l'espressione utilizzata, ad esempio, nella Dichiarazione d'Indipendenza Americana, rechi in sé la pretesa che sia l'azione politica a fissare l'idea di felicità: al contrario. Credo che vada interpretata per quel che è: cioè il perseguimento del "singolo", e non dello Stato, alla personale soddisfazione.
E poi, chiosa su chiosa: non sono d'accordo.
Se c'è un'espressione che mi fa accapponare la pelle è proprio "persona umana". Convengo che sentir sempre parlare di UOMO, è fastidioso.
Allora, cambiamo l'espressione in "persona" e basta: "Il Diritto della persona alla ricerca della felicità" mi pare suoni bene lo stesso!
Che senso ha l'aggettivo "umano"?
Esistono persone non umane?
"Persone animali, vegetali e minerali"?
Me lo spieghi, professore'?
Un abbraccione.
Se a me fa ridere la scritta nelle Costituzioni è perché la trovo ingenua. Nessuna Costituzione può garantirci, non solo il diritto alla felicità, ma, secondo me neanche quello alla ricerca della felicità. Spesso le condizioni materiali di vita sono tali che possiamo perseguire solo la semplice sopravvivenza!
RispondiEliminaCirca l'idea di felicità stabilita dal potere politico non mi riferivo agli Usa, ma ai regimi totalitari; forse non sono stata chiara.
Circa persona umana, invece, ribadisco. Persona potrebbe anche andare bene, ma aggiungere umana serve secondo me, proprio per solennizzarlo. I diritti della persona, è un'espressione un po' più fiacca che "diritti della persona umana". Ma io penso anche che gli animali siano persone e non escludo che lo siano anche le piante ;-)
spero di non suscitare scandalo
marina
@ Chiara: GRAZIE! baci, marina
commistione felicità/politica/diritto/diritti: capita nel momento storico giusto. Per la mia felicità basterebbe che l'attuale classe politica non avesse l'arroganza di definirmi sufficientemente emancipato da non aver bisogno di altri diritti.
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