sabato 18 ottobre 2008
tic tac
Finalmente questa mattina l'orologio di cucina si è fermato. L'ho preso dalla casa di mia madre più di un anno fa. Mia madre non c'è più, neanche la casa c'è più, ma l'orologio ha continuato a ticchettare imperturbabile. Il suo andare sonoro aveva qualche cosa di irridente per me. Ma non osavo togliergli la pila, non so perché. Ora anche lui si è fermato. Penso che per qualche giorno mi godrò questo silenzio. Poi sostituirò la pila e l'orologio ed io andremo avanti.
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Sempre avanti...
RispondiEliminaLa vita è bella proprio perchè certe cose finiscono e altre ne nascono. Il dolore e la gioia sono inseparabili. Se non vogliamo solo accumulare piacere e contemporaneamente avere terrore del dolore, possiamo vivere una vita ecologica, biologica, veramente naturale.
RispondiEliminaNon ce la rimettere la pila, tienilo solo come elemento di arredo :-)
RispondiEliminaA casa mia è la norma: che noia sto tempo che non solo passa, ma si permette anche di non farlo in silenzio!
Pensaci bene se è meglio farlo resuscitare o cambiarlo, data la sua 'storia'.
RispondiEliminaMolto tenero questo ricordo. Il tica tac forse segnava il tempo ancora a tua mamma, ora quell'orologio passa a te... De tempo bisogna fare buo uso e il silenzio ogni tanto è utile per usarlo bene. Un abbraccio, Giulia
RispondiEliminaNon ho resisitito: ho già rimesso la pila, accidenti a me!
RispondiEliminaabbracci vari, marina
Tic tac, tic tac...
RispondiEliminaBuona domenica.
quando un rumore diventa usuale non lo sento più:probabilmete mi sarei accorta che si era fermasto soo guardandolo. ho una bella pendola di fine '700 che ha il meccanismo che provoca il suono in argento, tutti ne sono incantati, la carica dura dieci giorni, quando si ferma tutti se ne accorgono salvo la sottoscritta: dev'essere per questo che posso lavorare anche in ambienti rumorosi senza deconcentrarmi.
RispondiEliminano, marina, no ho dimenticato il blog, sono cominciati i compiti in classe da correggere!
sigh!
Bel simbolismo in questa breve storiella. Un orologio, la sua proprietaria, la fine di una vita e con lei l'emblema di una casa, il tempo che la pila originaria faceva battere. Non c'è che dire, racchiude un mondo. Il tic tac si ferma e si pensa di goderene l'assenza, ma l'abitudine e qualche altra cosa ci induce a farlo ripartire, con una nuova pila messa da noi. Volendo giocare agli psicologi se ne potrebbe trarre molto. Potremmo tuttavia seguire il saggio consiglio di Anna e lasciarlo tacere. Oppure, potremmo pensare che rimettendo la pila, la nostra pila, è un tempo diverso che abbiamo deciso di far battere: il nostro. Sì anche questo non mi sembrerebbe male.
RispondiEliminaP.S. Scusa la mia voglia d'interpretazione, ma non ho saputo resistere. Freud parlerebbe di libere associazioni e mi sa che è proprio così.
Baci
Pensa Marina che io non riesco a vivere con un ticchettio, anche il più impercettibile. Se dormo nella stessa stanza con qualcuno, lo costringo addirittura a nascondere l'orologio da polso nella stanza più lontana della casa. L'unico ticchettio che sopporto a fatica è il battito del mio cuore... che a volte, devo dire, mi sveglia nel cuore della notte!!! Ma di certo, non cerco di spegnerlo, ci mancherebbe altro ;-)
RispondiEliminaRiesci a dare brividi anche con una banale pila di un orologio al quarzo. E' proprio vero che la poesia è nascosta la dove meno te l'aspetti.
RispondiEliminaanche senza pila ti darà l'ora esatta due volte al giorno!
RispondiEliminaL'ora del ricordo
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