lunedì 20 ottobre 2008
storia della felicità/quattordici/lottare con Karl Marx
Mi ha sorpreso leggere che Karl Marx partecipava a Londra a giochi di società.
L'ho sempre immaginato occupato in due sole attività: scrivere le sue riflessioni sulla società e fare figli. (Non escluso, sembra, uno illegittimo con la cameriera).
Comunque si narra che, in una serata mondana, dovendo dare la propria definizione del termine "felicità", abbia risposto: "Happiness: to fight".
Intanto però egli godeva della più borghese delle felicità, come sempre la definì: quella familiare, grazie a quella donna straordinaria per cuore ed intelletto che fu la moglie Jenny von Westphalen. Ma sulle contraddizioni dei grandi uomini si potrebbero scrivere volumi e non infierirò certo su papà Marx!
Lungo tutta la sua riflessione filosofica Marx tenne sempre presente la necessità per l'uomo di essere felice su terra, sgombrando il campo dalle speranze ultraterrene.
Ma la società capitalistica nega all'uomo ogni speranza di felicità terrena. L'umanità, sotto lo sguardo di Marx, mostra tutta la sua alienazione ed estraniazione.
Gli uomini sono estraniati dalla natura che è divenuta "altro" e nei cui confronti ha prevalso un atteggiamento ostile, predatorio, sfruttatore.
Gli uomini sono estraniati da sé stessi, perché hanno perso il senso della comune appartenenza alla specie umana.
Oddio, lo penso pure io! Non sarò mica comunista, sotto sotto?
Gli uomini sono estraniati dal loro lavoro, la funzione in cui più dovrebbero trovare realizzazione.
Infatti per Marx l'uomo è homo faber, egli è quello che fa.
Il lavoro è la sua forma di espressione e può portargli o togliergli la felicità.
La società capitalistica espropria l'uomo del suo lavoro e quindi del senso della sua vita.
Un lavoro che fa di un uomo "strumento servile" è causa della sua terribile frustrazione, dell'annientamento del senso stesso della sua esistenza.
E' solo lottando che l'uomo può riappropriarsi del senso della propria vita e liberandosi, in primis, dell'inganno della religione. Questa ha sempre contribuito alla stratificazione sociale in classi di privilegiati e di sfruttati, rinviando ad un mondo a venire il soddisfacimento del bisogno di uguaglianza e di libertà dell'uomo.
Questi bisogni saranno finalmente soddisfatti in una società di eguali.
La società comunista rimetterà la storia sui binari del progresso: nel comunismo si sanerà il dissidio fra uomo e natura e fra uomo e uomo.
E il lavoro sarà lo strumento della liberazione. Esso verrà infine riscattato, cesserà di essere la maledizione divina per il peccato di Adamo, per divenire il luogo della realizzazione dell'uomo e della donna, mezzo per fini più alti.
Alienazione dopo alienazione, tutte verranno spazzate via nella società comunista. E in essa tutti ed ognuno saranno felici.
Infatti "Ogni individuo lotta per essere felice" dice Marx, ma "la felicità dell'individuo è inseparabile dalla felicità di tutti".
Ma nessun governo illuminato farà dono ai suoi cittadini di una società giusta, come credevano i socialisti utopisti: uomini e donne dovranno prendere in mano il loro destino e lottare per realizzarlo.
Dunque la (promessa di) felicità è davvero to fight, sovvertire un mondo alienato ed alienante per costruirne uno nuovo e completamente diverso.
PS Chiedo scusa a Karl Marx per questa sbrigativa e frivola sintesi del suo pensiero. E' la reazione alla mostruosa fatica che feci in anni lontani per leggermi tutto Il Capitale. Fatica dalla quale non mi sono mai del tutto ripresa.
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Avrei adorato trovare questo super Bignami de Il Capitale, quando anche io mi immolai nella lettura :-)
RispondiEliminaNon ti nascondo,come potrai ben immaginare,non essendo io puntuale e scrupolosa come te, che ne saltai a piè pari lunghissimi passi. Fingendo di averlo letto tutto.
Io neanche c'ho provato a leggerlo. Ma questo tuo post, alla bellezza dei miei 35 suonati... m'ha fatto venir voglia. Quasi quasi... (ovviamente farò come Anna, il salto della "cavallina") Ricordo che all'età di 17 anni, una notte lunghissima in stazione, dopo un concerto dei Litfiba (in un paesino sperduto della calabria), un amico mi fece un sunto, tutto galvanizzato, del Capitale... ed io pensai "ma a che serve, tanto è irreale"... e continuai con le mie letture di fantasia ;-)
RispondiEliminale tue battute sono meglio di un trattato. Ma anche quella di donnigio non è male. Me le segno entrambe.
RispondiEliminameno mozioni, più emozioni !
RispondiEliminaLotto per un mondo dove ogni corpo possa avere cibo materiale a sufficienza e dove ogni anima possa avere il cibo spirituale necessario. Basta con le etichette: guardiamo semplicemente quali conseguenze concrete hanno le nostre azioni e quelle degli altri.
RispondiEliminavecchio indiano metropolitano, che nostalgia di tutti voi! benvenuto, hai un blog?
RispondiEliminamarina
@ giorgio: ottimo programma politico e di vita. Le etichette infatti non servono, ma riconoscersi in qualcuno o qualche cosa sarebbe importante
RispondiEliminamarina
Come non concordare con "papà" Marx?
RispondiEliminaPerò concordo con Giorgio: le idee sono importanti, ma poi è la pratica di ognuno che porta ai risultati...
@marina de che aho so' io l'indiano metropolitano ;-)
RispondiEliminano il blog nun ce l'ho ;-)
Ci si potrebbe fare una trasmissione: "Chi l'ha letto?"
RispondiElimina"La felicità dell'individuo è inseparabile dalla felicità altrui".
RispondiEliminaEcco a chi si è ispirato il Berlusca!
Cristiana
Non mi sento proprio marxista a dire il vero :-)))....
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