Si diventa solo corpo.
L'infermiera, l'inserviente, il tecnico di radiologia, il radiologo, la segretaria stessa, ti guardano e vedono solo un corpo.
Il corpo deve svolgere delle mansioni.
Per la segretaria il corpo deve saper scrivere per riempire accuratamente una scheda, compilando persino la voce dove ad una sessantacinquenne si chiede se è incinta. Per il tecnico di radiologia il corpo deve saper assumere a comando le posizioni più improbabili e deve saperlo fare sollecitamente. Per l'infermiera come pure per l'inserviente, che si affrettano verso mete sconosciute, il corpo deve essere lesto a spostarsi e a cedere il passo. Per il radiologo -il professore!- il corpo deve saper sorridere grato e chinare il capo deferente.
E tu diventi corpo. Non è del tutto spiacevole. Come corpo non sei responsabile di nulla. Esegui a comando e ti senti leggero. Sono gli altri che si prendono la responsabilità di sapere se quello che tu fai, seguendo le loro indicazioni, è bene o è male. Nessun dilemma morale per il corpo. E neanche pratico.
Come corpo ti danno un numero -128- ma, dietro, il tagliandino porta scritto che questo definirti con un numero non "pregiudica la cortesia, il ripetto, la cordialità e il calore umano di tutti loro". Il corpo se la ride quando legge quelle parole.
Il numero, scrivono, serve solo per rispettare la privacy del corpo, e la riservatezza della persona che ha portato il suo corpo fino lì da loro. Il corpo però non ha riservatezza né può averne in quel luogo dove viene spogliato, manipolato, spostato, fotografato, fatto risuonare, atteggiato in vario modo. E quanto alla persona, lei è restata sulla soglia. Ad osservare.
Ti accorgi che stai per ridiventare persona quando, al momento di firmare l'assegno, la segretaria ti chiede con un sorriso seducente, se vuoi pagare "solo 130 euro, senza ricevuta o 180 con ricevuta". Di nuovo persona, puoi effettuare una scelta, prendere una decisione autonoma. Opti per 180 euro, perché il corpo è passivo e obbediente, ma la persona, lei, s'incazza e quando esci dalla clinica nella mattina radiosa tieni nella mano la sacrosanta ricevuta fiscale.
Questa storia me ne ha fatta venire in mente un'altra che vi racconto nel post successivo.
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Quanto odio quando (soprattuto nel caso dei medici) mi si dice il prezzo con o senza fattura.
RispondiEliminaLi prenderei a pedate. Purtroppo spesso si tratta di gente che è in una posizione particolare. Il pediatra di tuo figlio, il dentista che ti sta salvando la possibilità di mangiare ancora con gusto, il ginecologo che permetterà a tuo figlio di nascere... e così via.
Questo post, così come il precedente mi ha fatto venire l'ansia. E' così vero e così brutto ed ignobile che in situazioni diverse si diventi solo corpo senz'anima. E quando accade divento una furia. Una volta capitò con un primario barone impettito di un ospedale in cui mio padre doveva essere sottoposto ad un'operazione al cervello. Il tizio ne parlava, con conseguenze annesse, proprio come se io non fossi la figlia e lui non fosse una persona. Mi fermai, lo guardai credo con aria truce, e poi con la voce più ferma e tagliente che riuscì a modulare, davanti allo stuolo dei suoi devoti ed ossequiosi discepoli gli dissi: Vorrei ricordarle che non sta parlando di un pezzo di ciccia, ma di mio padre. La prego di rivolgersi a me parlando di lui tenendo ben presente questi due aspetti. La sua posizione non può esimerla da un codice deontologico che prevede anche una equa dose di educazione e rispetto per i sentimenti di chi le sta di fronte e forse sta soffrendo." rimase basito e cambiò completamente atteggiamento. L'arroganza e la supponenza di questi personaggi è una delle manifestazioni più indegne a cui i malati sono sottoposti. quelli delle fatture sono l'inevitabile conseguenza della stessa natuara.
RispondiEliminaQuesto post, così come il precedente mi ha fatto venire l'ansia. E' così vero e così brutto ed ignobile che in situazioni diverse si diventi solo corpo senz'anima che ogni volta che questo accade divento una furia. Una volta capitò con un primario, barone, impettito, di un ospedale in cui mio padre doveva essere sottoposto ad un'operazione al cervello. Il tizio ne parlava, con conseguenze annesse, proprio come se io non fossi la figlia e lui non fosse una persona. Mi fermai, lo guardai, credo con aria truce, e poi con la voce più ferma e tagliente che riuscì a modulare, davanti allo stuolo dei suoi devoti ed ossequiosi discepoli, gli dissi: "Vorrei ricordarle che non sta parlando di un pezzo di ciccia, ma di mio padre. La prego di rivolgersi a me, parlando di lui, tenendo ben presente questi due aspetti. La sua posizione, non può esimerla da un codice deontologico che prevede, tra i molti doveri, anche una equa dose di educazione e rispetto per i sentimenti di chi le sta di fronte e forse sta soffrendo." Rimase basito e cambiò completamente atteggiamento. L'arroganza e la supponenza di questi personaggi è una delle manifestazioni più bieche ed indegne a cui i malati sono giornalmente sottoposti. Lo svicolamento da un obbligo sociale e fiscale parla ed esprime la stessa becera natura. non si può essere indegni a tratti.
RispondiEliminaE fino a quando sei un corpo sei ancora fortunato.
RispondiEliminaQuando poi sei malato tanto da essere ricoverato diventi un numero: il numero del letto dove appoggi i tuoi problemi...
Esami di routine?
Capita persino di essere un arto, un fegato un ascesso.
RispondiEliminaE la persona con l'assegno in mano ridiventa tutt'uno con il porco... sì, sì, hai letto bene, "il porco", non è un errore.
RispondiEliminaE' che il corpo con l'assegno in mano sente tanto il bisogno di imprecare: porco su... porco giù..., e se non lo fa ad alta voce è perché la persona lo zittisce. Finché ci riesce.
Grazie per la visita e per il commento.
RispondiEliminaAttingi, attingi liberamente, se t'aggrada.
Corpo e psiche sono la stessa cosa: gli insulti che si fanno all'uno si fanno anche all'altra. Lo so che dovrebbe essere una cosa che fa parte del bagaglio umano, ma in più si aggiunga che all'università ai medici nessuno insegna nulla sulla relazione con i pazienti. Ho partecipato ad un convegno di psichiatri dove per mezza giornata non si è mai parlato della relazione con i pazienti: solo statistiche e numeri. L'organizzazione burocratica poi obbliga i medici a seguire protocolli precisi, per cui se qualche medico cerca di personalizzare il rapporto, magari facendo delle eccezioni ai protocolli, se ne assume la responsabilità e può essere denunciato. Per questo tanti medici non prendono più iniziative individuali e il rapporto con il malato diventa sempre più standardizzato.
RispondiEliminaSarà per questo che odio i medici? Sarà per questo che non ci vado mai, rischiando anche di morire?
RispondiElimina@ anna: ognuno si tiene lontano da ciò che gli fa male.
RispondiEliminaMa mi sembra di averti già detto che ho un marito che non si cura, l'infame!
@ bruno: grazie, sei gentile.
@giorgio: non avevo mai pensato a questo aspetto dei protocolli di cura. Li vedevo come garanzia per il malato di serietà, di terapia verificata dalla comunità scientifica. Ci devo riflettere.
@maria cristina: mi dispiace per l'ansia e per i ricordi dolorosi
@ franca: routine, grazie
@irnerio: mi sento un po' colpevole, non voglio che ti senta in dovere di leggermi e di commentare!
@ calamar: ricattano, ecco1
Ha ragione Franca: il peggio è quando si diventa un numero.
RispondiEliminaSalve a tutti vi scrive un tecnico di radiologia laureato da poco...e' vero purtroppo quello che dite, ma e' anche vero che all'universita' ci hanno fatto delle lezioni proprio su come deve essere trattato il paziente e non solo,in ospedale molti colleghi erano veramente gentili con le persone che venivano a fare esami.io stesso sono uno di quelli che considera i pazienti come anime viventi con sentimenti.Forse ci vorrebbe un corso di sensibilita' per tutti nella vita per imparare a rispettare le persone sempre anche quando stanno bene;io quando vado a lavoro mi porto il camice le ciabatte ecc. ma non dimentico il cuore dove c'e' la mia sensibilita' quella che forse i pazienti vedono di piu' e la sera quando torno a casa sento di aver dato quel poco in piu' che mi fa sentire migliore non solo come lavoratore ma anche come persona e poi com'e' bello quando proprio i pazienti te lo riconoscono danno forza anche a me di non perdere l'amore che ho per questo lavoro che in fondo amo anche per questo.Credo comunque che la sanita' oggi curi moltissimo questo aspetto,a volte anche noi incontriamo persone maleducate che non rispettano il nostro lavoro o la nostra gentilezza,come ho scritto prima la sensibilita' nella vita occorre a tutti sia nel lavoro che nella vita di tutti i giorni.
RispondiEliminacaro Anonimo, è evidente che tu non sei quel tipo di addetto alla sanità che considera gli altri solo corpi e numeri. E hai anche ragione su un altro punto: spesso tra i pazienti non c'è rispetto per il lavoro delle persone che in ospedali o cliniche si occupano di loro. Ci vorrebbe una ri-educazione degli uni e degli altri. grazie per il tuo commento, marina
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