domenica 26 ottobre 2008
sfogliando...
Vi presento Walter Raleigh (1552-1618):
storico ed economista politico; cortigiano, avventuriero, fondatore di colonie; soldato, membro del Parlamento, esploratore e cercatore d'oro nel sud America.
Consigliere e principale favorito della regina Elisabetta. Accusato da Giacomo I di complotto fu condannato a morte, graziato, imprigionato nella torre di Londra per 13 anni, spedito in Guinea (che aveva lui stesso scoperta) e al ritorno decapitato.
Una vita piena, direi. Che abbia trovato il tempo di scrivere poesie dice tutto, non di lui, ma della forza della poesia.
Questa in cui mi sono imbattuta sembra indicare perfettamente quello spettacolo che fu la sua vita.
Sulla vita dell'uomo.
Cos'è la nostra vita? Un dramma di passioni;
Il nostro riso è musica di variazioni;
il grembo materno è il nostro retroscena
ove ci abbigliamo per questa breve commedia;
il Cielo è l'acuto spettatore e critico
che siede e osserva ancora chi reciti a sproposito;
la tomba che ci nasconde dal sole indagatore
è come il sipario calato al termine del dramma;
così recitando procediamo fino al nostro estremo riposo:
ma moriamo sul serio: questo soltanto non è gioco.
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Io non recito mai, o almeno ci provo.
RispondiEliminaComunque, il finale e' sicuramente vero...
La vita è un gioco, un gioco molto serio. Se uno vuole partecipare a un gioco deve rispettare tutte le regole, se no non ha senso che giochi. La morte fa parte del gioco della vita, ne è una parte essenziale, se no giochiamo a un altro gioco, il gioco dell'immortalità, ad esempio, ma ha regole tutte diverse. O si gioca a un gioco o non si gioca. E tutti quelli che giocano allo stesso gioco sono accomunati da questo, sono compagni in virtù del fatto che giocano allo stesso gioco. Si recita perchè si fa del nostro meglio e perchè ci sono cose che sono più grandi di noi che non possiamo controllare. Ci sono dei misteri e spero che ne rimanga sempre qualcuno, perchè solo così la nostra vita può avere un'apertura di senso, il senso di un'apertura.
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