-Vincenzooo?
-Diteee.
-Questa sera veniamo a cenaaa”-
-Quanti sieteee?-
-Quattrooo-
-Va bbè -
Così si prenotava un tavolo alla trattoria di Vincenzo, a vista: sporgendosi dalla terrazza e gridando nel vento profumato.
Le nostre voci volavano sopra le ginestre e i fichi d’India, sorvolavano i mirti cespugliosi e colmavano la piccola valle che ci divideva. La loro eco sfumava verso il mare assolutamente blu, il blu senza tentennamenti o indecisioni di un mare molto profondo. La mia casa lo sovrastava, spencolata sul vuoto arioso. Proprio sotto di me le rocce di una spiaggetta stretta e sassosa, cui si arrivava scendendo attraverso grotte e camminamenti aperti nella montagna forse un millennio prima.
La trattoria di Vincenzo sporgeva altrettanto dallo sperone successivo e nella valletta che ci divideva, delimitata da un muretto a secco e segnalata da due alti gelsi, c’era la sua vite stentata. Il vino che Vincenzo ci serviva a tavola veniva da quella sua “pezza”. Era un po’ torbido, leggermente aspro, ma aveva un sentore talmente ricco e talmente personale che da solo diceva: Ventotene.
Sotto la nostra stanza da letto c’era una stalla. La sera vi si ritiravano due mucche indolenti, di cui una gravida, e un giovane somaro. Una notte un improvviso trambusto ci avvisò che la mucca stava partorendo. Così in quella notte di luglio del 1974 mi trovai ad assistere ad un parto che ci tenne in ansia e col fiato sospeso fin quasi all’alba. Terminò come terminano scene analoghe nei film: la mucca madre lecca affettuosamente il vitello che prende il suo primo latte, mentre la macchina da presa si allontana discretamente.
Ma la stalla aveva un odore forte, un umore sanguigno macchiava la paglia, la mucca ancora si lamentava piano e il contadino e sua moglie, che ci avevano affittata la casa per l’estate, pretesero che ci unissimo a loro in un brindisi a base di liquore Strega alle cinque del mattino! Sono i piccoli particolari che distinguono la vita da tutte le sue rappresentazioni. Qualunque regista avrebbe utilizzato un bel fiasco di vino e invece no, la realtà disse: liquore Strega!
Nei giorni successivi la signora fece un dolce incredibile, una specie di biancomangiare, una crema tremante e delicata di cui le chiesi la ricetta. Me la dettò generosamente, ma da subito si rivelò impraticabile. La prima voce prevedeva il “caglio del primo latte di una mucca appena sgravata”.
Ci sono posti che ci hanno regalato così tanto, da diventare una delle nostre patrie.
Ventotene è una delle mie patrie.
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Mbè? Non sai che il caglio del primo latte della mucca appena sgravata si vende in tutti i supermercati? :-)
RispondiEliminaBei ricordi e Ventotene è ancora assolutamente meravigliosa.
non so dove sia questo lugo ma ne parli con una magia unica.
RispondiEliminaun abbraccio
Non ci sono mai stata,ma grazie a te,ora mi sembra di conoscerne i profumi.
RispondiEliminaCristiana
Un bellissimo ricordo, egregiamente descritto...
RispondiEliminaBella Ventotene e bel ricordo!
RispondiElimina@anna: ahimé, ragazza mia, Ventotene è invece tanto cambiata. Nella zona di campagna dove c'era la stalla, i conigli, e la "pezza" hanno costruito un albergo(anni 80); lo spaccio "generi coloniali" è diventato una "paninoteca" e lungo la strada che percorre l'isola sono parcheggiate le macchine dei turisti. Così mi è apparsa l'ultima volta che ci sono stata. Dopo di che ho deciso di lasciar perdere. O di andarci solo in inverno.
RispondiEliminamarina
In realtà ho visto Ventotene l'ultima volta verso la metà degli anni 90 , mi sembrava ieri, e ne riportai l'impressione che descrivi tu nel post.Comunque tu sai che io i posti li vedo SEMPRE fuori stagione.
RispondiElimina..wow..
RispondiEliminaun saluto,
ilpiccoloLordsenzaparole
:)
Da qualche parte ho visto ... E se sul tema , grazie .
RispondiEliminaGrazie per la roba buona
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