Non ho letto “I Viceré” di De Roberto. So che è una lacuna bella sostanziosa, ma tant’è. In compenso di De Roberto ho appena letto un minuscolo libretto “La morte dell’amore”. All’amore De Roberto ha dedicato una grande opera di riflessione: L’Amore. Fisiologia. Psicologia. Morale. Si tratta di un vero e proprio trattato di oltre cinquecento pagine a carattere scientifico-psicologico, che tiene presente Darwin, Lombroso, Schopenhauer, Mantegazza, tutti i grandi indagatori dell’universo amoroso.
All’amore ha anche dedicato una serie di opere narrative: “L’llusione”, “Una pagina della storia dell’amore”, “Come si ama”, “Gli amori”, “Le donne, i cavalier”, “Spasimo”, “La messa di nozze”.
Viene da dirsi che qualche cosa nella vita di De Roberto deve aver trasformato l’amore in un’ossessione. Della sua vita privata però si sa poco. Legato da un rapporto odio-amore con una madre oppressiva, non si sposò, né ebbe figli. Si potrebbe provare a trarne qualche interpretazione del suo atteggiamento verso le donne e verso l’amore. Ma me ne astengo.
Quello che si avverte al fondo del discorso di De Roberto è che l’amore, poiché non dura, è falso, o almeno non è vero fino in fondo. Ma viene da obiettargli, che cosa è vero fino in fondo? Se crediamo al dolore-anch’esso non eterno, giacché trova sollievo-perché non dovremmo credere alla realtà dell’amore?
Ad ogni modo, pur avendo dedicato qualche decennio ad indagare il sentimento amoroso, di fronte alla necessità di dire che cosa è l’amore, De Roberto si dichiara sconfitto.
Il più corto è dunque dire che il calamaio è il calamaio.
Così l’amore è l’amore: o voi sapete che cos’è per averlo provato e allora questa laconica definizione vi basta; oppure nol sapete. Se nol sapete, possono darsi ancora due casi: o siete capaci di provarlo, e allora quel che potete fare di meglio non è cercarne la definizione in un libro, ma amare; e soltanto se siete incapace di provarlo potete cercarne la definizione...
Ma a voler dare la definizione dell’amore sia pure per i soli incapaci di amare, incontriamo una grave difficoltà: come esistono una quantità di calamai diversissimi così esistono una quantità di diversissimi amori...
Nel libro di cui vi parlo De Roberto si occupa della morte dell’amore, non più come anatomista ma come narratore. Attraverso una piccola serie di racconti illustra le possibili modalità della morte dell’amore, tutti i possibili modi in cui il sentimento amoroso si spegne e si rivela per quello che per De Roberto è: Illusione. Dell’ agonia di questa illusione le colpe più gravi o meno perdonabili per lui le portano le donne. De Roberto è decisamente antifemminista.
Sostiene che l’amore maschile abbia “una migliore qualità, perché gli uomini spinti dall’istinto della conquista sono coerenti, logici, sinceri, e le donne invece ambigue e false.” Ma dalle storie che egli racconta- agonie di diverse storie d’amore-a me sembra che, a dispetto delle sue stesse parole, ne esca un’ immagine della donna molto più complessa e ricca di sfumature nei suoi sentimenti, molto più riflessiva su di essi e meno influenzata dal calcolo.
Oltre che antifemminista De Roberto è anche conformista e moralista.
L’amore più bello per lui è quello “tra un uomo di trent’anni, non un giorno di più, ed una donna vergine, se non nel cuore, nel corpo, una donna che abbia conservato a lui i suoi tesori.” Era il 1928, quanti artisti avevano in quegli anni una diversa concezione della donna e dell’amore?
Attraverso questi racconti De Roberto arriva ad affermare che se l’amore può nascere da nulla può morire di tutto. E, come avviene per gli organismi viventi, può morire di morte naturale o di morte violenta. Muore di morte naturale quando, come per ogni altro organismo, si produce un esaurimento lento e progressivo delle sue forze vitali. Muore invece di morte violenta quando uno dei due amanti continua ad amare mentre l’altro non ama più o vive un nuovo amore.
Vediamoli dunque questi racconti.
Nel primo tre uomini disputano, portando come prova le loro sofferenze, per stabilire quale morte dell’amore sia più dolorosa: se quando muore fisicamente l’oggetto del proprio amore, se quando si è abbandonati, o quando l’amore si consuma per effetto del tempo. Si tratta di scegliere tra ‘la morte’, ‘l’abbandono’ o ‘la consunzione’-“ fine lenta, lunga e quotidiana, esaurimento continuo prodotto dall’azione del tempo, dal fatale svanire d’ogni cosa umana.”
Ognuno di noi può avere la sua idea. A me quest’ ultima morte per consunzione fa orrore. Non avevo vent’anni, quando pregavo il dio dell’amore “cadimi dall’anima in un momento solo e morte sia di schianto”.
Molto bello è il racconto in cui una donna abbandonata scrive più lettere, e diversissime, all’amante. Ora è sprezzante, ora comprensiva, ora supplice, ora dignitosa, ora generosa, ora rassegnata. Cerca dentro di sé la verità del suo sentimento ma cerca anche di chiarire a se stessa il vero senso che questa lettera ha per lei: prendere un commiato dignitoso o lasciare dentro il cuore dell’amato una immagine di sé, produrvi una impressione che lo costringa a ricordarla, forse a rimpiangerla?
Alla fine la donna non scriverà nessuna lettera. Il vero commiato non accetta parole.
In alcuni racconti ci sono osservazioni folgoranti sia sulle donne:
io potrò accusare quest’uomo, io potrò disistimarlo..ma non potrò dimenticare le emozioni che m’ha procurato.
quell’uomo aveva una gran colpa, non mi faceva soffrire...
vi sono certe realtà di cui neppure ci si accorge e certe illusioni che ci mantengono in vita...
che sugli uomini:
L’idea che un conoscitore di donne non avesse desiderato, apprezzato la donna in cui io avevo riposto tutto il mio vanto-dice lui-tutto il mio orgoglio, questo era all’origine del mio scontento...
Le parole d’amore sono la moneta con la quale si pagano quelle che non sono da comprare...
De Roberto si cimenta anche nella descrizione di amori paradossali. In un racconto viene difeso come il migliore amore quello che non fu sperimentato mai.
Ma che posso farci io, amica mia, se solamente gli amori che non hanno lasciato ricordi sono ben ricordati?
In un altro si difende l’amore-incontro fugace: un amore consumato e subito perduto.
Del resto Umberto Saba ha scritto:
”Durano sì certe amorose intese
quanto una vita e più.
Io so un amore
che ha durato un mese
e vero amore fu.”
Io conosco storie-e forse ognuno ne conosce- di amori durati un’ora e che pure vero amore furono.
Un altro racconto sostiene l’amore-vita; un amore unico e durevole lungo tutta una vita, un amore nato da bambini, fugacenmente vissuto da adolescenti, poi sostituito da altri, ma mai scomparso dalla fantasia e dall’immaginario, che accompagna in sogno fino alla vecchiaia ed alla morte, anche attraverso la lontananza.
Vorrei dire qualche cosa sulla forma di questo piccolo libro. I racconti non sono tutti altrettanto belli, ma c’è una lingua ricca, plastica, persuasiva, che riesce ad esprimere e a rendere credibile tutto.
I racconti degli amori che io chiamo “paradossali”, l’amore-mai, l’amore-sempre, l’amore-attimo, sono forse i più interessanti, quelli in cui la capacità di indagine psicologica è più profondamente esercitata.
Al termine della lettura, il piccolo libro-non certo imprescindibile- ha però ottenuto presso di me lo scopo di farmi decidere a leggere il capolavoro derobertiano. Mi comprerò I Vicerè.
Sostiene che l’amore maschile abbia “una migliore qualità, perché gli uomini spinti dall’istinto della conquista sono coerenti, logici, sinceri, e le donne invece ambigue e false????
RispondiEliminaMagra Consolazione!
Per me l’amore maschile è semplicemente in bianco e nero, mentre quello femminile ha la capacità di definire nuovi colori più che unici, irripetibili.
Come sempre un post interessante e mi hai incuriosita su questo autore che, confesso, non conosco, Giulia
RispondiEliminaI Viceré campeggiava nella biblioteca della mia famiglia: lo prendevo in mano, ne valutavo la mole, leggevo la quarta di copertina, lo soppesavo e lo rimettevo a posto.Non ho mai avuto il coraggio di intraprenderne la lettura, neanche ora che quel libro, quando la biblioteca è stata smantellata ed i testi divisi fra noi figli, si trova nella mia libreria.Ma questo "La morte dell'amore" mi ha incuriosita e mi invita alla lettura anche per il numero contenuto delle pagine.
RispondiEliminaLo compro, lo leggo e poi ti faccio sapere :-)
Ah,ti darò degli spunti nuovi per venire a picchettare il mio blog...sono una ragazzaccia....
I Vicerè (al solito) l'ho "letto con gli orecchi" nella versione ridotta di Rai3 e non mi è dispiaciuto affatto.
RispondiEliminaPerchè hai cancellato anche il post dei Gipsy Kings? Hai visto che la "donna in stato di incompatibilità con la moderna tecnologia" ce l'aveva fatta ad inserire un video!
Estremamente interessante. Confesso di non aver mai letto nulla di De Roberto, pur conoscendolo come uno dei massimi autori italiani. Cercherò di colmare la lacuna. Magari proprio con I Vicerè.
RispondiEliminaMeno male, noi che non abbiamo lettoI Viceré siamo una piccola maggioranza! Mi sento meno ignorante..
RispondiElimina@ Artemisia con le orecchie è troppo facile! E' un tomo impressionante. Ce la farò?
Era una prova i Gipsy King, e non riuscivo ad inserire il testo..ma riproverò.
ciaomarina
@ Anna, off topic: ma quante gallerie ci sono venendo da l'Aquila a Roma con il pullman? E quanto sono lunghe? la prossima volta ci fai caso per me? grazie marina
@ Vento: sull'amore, maschile e femminile penso che la discussione andrà avanti per millenni. Ne ho letta una interessante recentemente su Persuasione di Jane Austen. Ricorda un po' la tua osservazione sul bianco e nero..
RispondiEliminaciaomarina
Marina,
RispondiEliminati prometto che le conto, e mi segno i chilometri di ognuna: te ne farò un resoconto dettagliato:-)
P.S. Devi sapere che le gallerie terrorizano anche me, ma che devo fa'? Mi tocca farle. Io, quando ci sono dentro, chiudo gli occhi(non guido, per scelta e per paranoie mie) e penso a qualcosa che mi manda in estasi, immagina tu cosa :-)
Che strano... ho appena finito la lettura dello stesso libro: Persuasione di Jane Austen... ma lì non ho percepito nulla di simile. Sinceramente non mi è piaciuto lo stile della scrittrice e tanto meno la cultura dell'epoca, sia quella femminile che quella maschile.
RispondiEliminaCiò che spesso affermo è basato esclusivamente sulle mie convinzioni personali ed è la conseguenza delle mie esperienze.
Maryam
ps. le tue risposte ai miei commenti suscitano in me strane sensazioni. Sento di non esserti simpatica... eppure (:p)
dovresti leggere tutto il Ciclo degli Uzeda e sul tema dell'amore derobertiano sia L'Illusione che L'Imperio danno risposta all'illusione dell'amore come imperaturo per giustificare e dare vita all'illusione del Mondo tutto.
RispondiEliminaciao Alphonsedoria e benvenuto: seguirò il tuo consiglio e leggerò almeno uno dei grandi romanzi derobertiani; me lo riprometto da tempo ciao, marina
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