giovedì 17 gennaio 2008

preghiere elettriche

Preghiere elettriche.











Ero appena tornata in Italia dopo i tre anni passati a Teheràn. Era la mia prima domenica a casa.
Dormivo nel mio letto, nella mia stanza, nella mia città. Ma ancora un senso di irrealtà e confusione mi accompagnava in quei primi giorni di assestamento.
Sul finire del sonno mi raggiunse un suono. Un suono lento, sicuro, trionfante. Un suono di campana. Dalla Basilica di San Giovanni arrivava fino a me il richiamo alla Messa delle 9. Io non sono cristiana, come chi mi legge sa bene, ma è stato in quel momento che ho capito di essere tornata a casa. Il mio paese, è il paese in cui suonano le campane. I credenti vanno a Messa o dicono una preghiera privata, gli altri-quelli come me-sanno comunque che è domenica, che la giornata sarà più lenta, più calma, più affettuosa. Il suono delle campane è un suono bellissimo. Le campane risuonano da millenni. Suonavano a Creta, in Cina ed in India duemila anni prima di Cristo, come pure a Roma e a Pompei. Ma è con il cristianesimo che si diffondono in Europa, si piazzano sul campanile e suonano il loro richiamo. Il suono delle campane ha per me un effetto rassicurante. E’ un suono in cui mi adagio volentieri perché accompagna ma non incalza. Il suo ritmo uguale, prevedibile, tranquillizza. Poi sparisce lasciando per un po’ la sua eco. Ed è impossibile dire quale sia il momento preciso in cui il suono non c’è più. Lo riassorbe il silenzio, direbbe Barenboim. Quella domenica mattina mi accorsi, sotto l’onda di quel suono, che le campane mi erano mancate e che anche la mia città mi era mancata. “Non sono home-sick” dicevo in quegli anni a chiunque me lo chiedesse. Ed era vero. Ma ecco, sentendo il suono delle campane comprendevo che, senza essere malata di lontananza, il mio essere aveva continuato ad attendere una percezione familiare, un odore, un riflesso di luce, o un suono appunto. Adesso il suono delle campane sta lasciando la mia città. Sempre più spesso il suono che arriva è quello di un apparecchio elettrico. Ah, l’indecenza delle campane artificiali, dei dischi brutali con il loro scampanio volgare, assordante, metallico, senza identità.








Purtroppo un’altra sostituzione sta avvenendo. Al Cairo, il Ministero degli Affari Religiosi ha deciso che i muezzin che nelle quattromila moschee cittadine, cinque volte al giorno, chiamano i fedeli alla preghiera, siano sostituiti da un’unica registrazione. La voce sarà scelta tra 2500 pretendenti, tutti dottori in materie religiose ed esperti in salmodia sacra. Sarà la voce più bella, più chiara e vibrante quella prescelta. Verrà registrata e verrà mandata in onda attraverso 4000 radio ad orari rigorosamente sincronizzati. Ma la gente del Cairo protesta. Questo intervento che dovrebbe essere volto a ridurre l’inquinamento acustico, mostruoso nella immensa città, è vissuto come un’offesa al loro muezzin di quartiere, come una mutilazione della spiritualità racchiusa nell’ adhan, la chiamata dei fedeli.
È anche un’alterazione della vita del quartiere. Finite le chiacchiere sul muezzin giù di voce, sul muezzin che ha sbagliato nel salmodiare. Finita la piccola discussione tra fedeli di quartieri diversi circa l’esattezza e la puntualità del “loro” muezzin.
Era possente il richiamo alla preghiera che si sentiva al Cairo. In occasione di un mio soggiorno nella grande città mussulmana ne restai colpita. Impressionanti tutte quelle voci che più o meno allo stesso momento si alzavano tese nel cielo.
Io non sono neanche mussulmana, ma questa ulteriore perdità di umanità di un rito religioso mi dispiace.
Quando vivevo a Teheràn arrivava fino a casa mia la voce del muezzin di una piccola moschea di quartiere. Aveva effetti diversi su di me. Talvolta ne percepivo solo la nota malinconica, perché malinconica ero io; tal’altra mi sembrava energica, guerriera, forse addirittura minacciosa. Racchiudeva un monito. Altre volte il fatto che a quel richiamo milioni di persone si chinassero e volgessero una preghiera, o un pensiero, verso il loro Dio, mi commuoveva. Quanta solitudine alberga nel cuore dell’uomo. Quanta paura, quanto bisogno di consolazione! Altre volte ero infastidita, peggio, resa rabbiosa, all’idea che tutta quella gente interrompesse le sue fatiche quotidiane per ringraziare un Dio che le faceva vivere in miseria e spesso nel terrore, che non si prendeva per loro più pena di quanta se ne prendesse il loro Imperatore. E il loro Imperatore non se ne prendeva punto! E maledicevo l’ignoranza che assediava quella gente, come sempre e ovunque assedia gli umili.
Una mattina al bazar, bevevo il tè in una bottega di tappeti mentre uno dopo l’altro me ne stendevano davanti a decine. Si svolgeva il rito senza il quale non si compra neanche un fazzoletto a Teheràn. La merce si mostra, il prezzo si tace. Si dirà poi e allora si comincerà a discuterne. E verso mezzogiorno la voce del muezzin della Moschea del bazar si alzò possente e vicinissima. I due inservienti e il proprietario si scusarono brevemente e si ritirarono nel corridoio accanto. Restai lì sola a bere il mio tè, davanti a mucchi di tappeti favolosi, mentre quei tre uomini, inginocchiati su dei logori tappetini da preghiera, mormoravano le loro orazioni. Ricomparvero dopo poco, tranquilli, agguerriti e pronti a trattare.
E ricordo un'altra volta, in un lungo spostamento su una corriera in Afghanistàn: all’ora precisa in cui la voce del muezzin si stava alzando nei loro paesi, l’autista si fermava e tutti scendevano dall’autobus con i loro tappetini, li srotolavano e si inginocchiavano verso il deserto. Le fronti in terra, le mani sollevate a coppa, qualcuno, sunnita, in piedi, nudi, sulla terra, pregavano. Tutto si fermava.
Quando si riprendeva il viaggio loro sembravano rinfrancati. Le donne restavano a bordo, chiuse nei loro chador. Pregavano, se lo facevano, ferme ai loro posti. Del resto trattennero anche la pipì, per diciotto ore-tanto durò il viaggio su quella corriera-e mentre gli uomini si passavano brocche di acqua l’un l’altro, le donne masticavano solo cipolle crude. Spegne la sete la cipolla, o almeno dovrebbe. Fu anche la tappa in cui un uomo, che non aveva mai visto evidentemente viso di donna, viaggiò tutte le diciotto ore con il capo voltato indietro, verso mia sorella e me, che sedevamo in fondo. Diciotto ore, senza mai distogliere gli occhi da noi. Lo fotografai, pensando che questo lo avrebbe costretto ad una reazione qualsiasi. Subì l’oltraggio impassibile. Sembrava drogato. Fu un'esperienza metà umoristica, metà inquietante..
Ma per tornare alle voci del muezzin e delle campane, a me piacciono entrambe. Penso che possano suonare come un piccolo richiamo a pensare a sé, ad un sogno o ad un ricordo, una pausa nel ritmo della giornata.
Ma se diventano elettriche, si confonderanno con gli altri suoni della città, cacofonia a cacofonia. Peccato.




21 commenti:

  1. Marina...probabilmente l'avrai capito. Le mie letture preferite parlano vi vita vissuta, di viaggi, di riflessioni. Tanto per intenderci, Un altro giro di giostra, Terzani. E' chiaro quindi che svegliarmi e leggere uno di questi tuoi post (che poi son più capitoli di un libro che semplici post) è davvero iniziare la giornata al contrario, dove le paginette che servono ad addormentarsi di notte, diventano quelle che servono a svegliarsi di giorno, a caricarsi positivamente. Che altro dire... Il tuo romanzo autobiografico lo intitolerei semplicemente "Marina". Buona giornata ;-)
    p.s. purtroppo tutti i suoni cambiano. Ed io, son ancora lì ad inseguire i solchi di un vinile, che non m'è bastato mai.

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  2. Grazie Per questo viaggio in terre lontane. La mia giornata ha già altri colori ed anche altri odori... certo quello della cipolla...però ci voleva.Primo volo della mattina.

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  3. Mi è piaciuto molto questo tuo post, mi ha toccato proprio nel mio profondo. La tristezza che c'è in quelle lampadine che sostituiscono la fiamma di una candela è la stessa di un altoparlante che sostituisce una campana o un muezzin.
    Anche a me piace molto il suono delle campane (non so la voce del muezzin, non sono mai stato in un paese mussulmano), non lo trovo un disturbo. E mi ritrovo molto in quello che evoca a te.
    Pace e benedizione
    Julo d.

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  4. Ma hai davvero vissuto a teheran? Ma che meraviglia. Uno dei posti che piou' mi affascinano al mmondo..

    carlotta

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  5. Sì Carlotta ho vissuto tre anni a Teheràn. Sotto l'etichetta Iran troverai alcuni miei ricordi, ma altri ne pubblicherò perché nonostante le difficoltà ricordo quel paese con un grande amore.
    ciaomarina

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  6. Vivendo nella città delle 99 chiese, tutte ancora rigorosamente con campane vere, di scampanii ne so qualcosa. A volte dici "e bastaaaaa" :-).Però, forse, se non le sentissi più, ne avvertirei la mancanza, questo sì.
    I muezzin li ho sentiti pure io e mi affascinavano,anche perchè, inivitabilmente, riportavano la mia mente a Corto Maltese.
    Bel post, rilassante!

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  7. Le campane e i muezzin sono metafore: ma non, banalmente, di quanto stia diventando artificiale tutto ciò che ci circonda. Ma di quanto stia - insensibilmente - diventando artificiale la nostra stessa anima. Ora qualcuno protesta ancora per le campane elettriche o i radio-muezzin. Ma pensi che la protesta durerà? Che qualcuno le darà retta? Che rallenterà questo processo di dis-umanizzazione del mondo? Non credo.
    Anzi, credo che l'uomo - con la sua straordinaria capacità d'adattamento - non veda l'ora che questa rivoluzione sia del tutto compiuta e portata a termine, per potersi consolare nel fascino perverso e autoreferenziale di dire: "Ah, che bei tempi quando... Ah, com'era bello..." Poi, dopo una bella grattata di chiappe, continuare per la sua strada (d'asfalto e plastica), sotto il suo limitato cielo di onde artificiali e parabole che spuntano dai tetti. Ma non quelle evangeliche... purtroppo.
    V

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  8. Ma che meraviglia ho letto tutti tuoi post sull'Iran, mi sono commossa, a me i racconti di vita vissuta commuovono spesso...Avrei un miliardo di domande da farti,probailmente stupide, ma e' che mi sembra unmondo cosi' affascinate...

    Beh ritorno al mio lavoro...Palloso, monotono e estremamente alienante...

    Un abbraccio
    Carlotta


    Il piu' personale dei piaceri
    Vita Sackiville West - Diario di viaggio in Persia 1926-27...
    Che poi e' anche il titolo del mio blog...

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  9. Qualche anno fa ho passato poco più di un mese in Turchia, l'ho esplorata tutta e non guidata da una guida turistica su uno di quei pullman per turisti...bensì guidata dalla mia curiosità per culture diverse dalla nostra e trasportata dalle ruote del mio camper...ho vissuto esperienze indimenticabili,che porterò per sempre nel mio cuore, ho bevuto così tanto cai(tè)OFFERTOMI agli angoli delle strade, nei negozi, dai venditori di pannocchie che ora non riesco a farne a meno..ammetto che per le prime mattine non è stato facile abituarmi al canto del muezzin..ma una volta tornata in Italia, per molti giorni mi svegliavo a quell'ora, da sola, come se ormai una parte di Turchia si fosse impossessata di me...io non sono nè cattolica, nè musulmana, nè di qualunque altra religione, ma per molto tempo quel canto mi mancò, era diventato parte del mio quotidiano...girando molti paesi turchi e molti quartieri ne ho sentiti di canti differenti,sarebbe davvero un peccato se una voce registrata,uguale per tutti, li sostituisse!

    Mi piacerebbe sapere di più di questa tua esperienza Marina, soprattutto perchè questi posti e questa cultura mi affascinano molto!

    Laura

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  10. Qualche anno fa ho passato poco più di un mese in Turchia, l'ho esplorata tutta e non guidata da una guida turistica su uno di quei pullman per turisti...bensì guidata dalla mia curiosità per culture diverse dalla nostra e trasportata dalle ruote del mio camper...ho vissuto esperienze indimenticabili,che porterò per sempre nel mio cuore, ho bevuto così tanto cai(tè)OFFERTOMI agli angoli delle strade, nei negozi, dai venditori di pannocchie che ora non riesco a farne a meno..ammetto che per le prime mattine non è stato facile abituarmi al canto del muezzin..ma una volta tornata in Italia, per molti giorni mi svegliavo a quell'ora, da sola, come se ormai una parte di Turchia si fosse impossessata di me...io non sono nè cattolica, nè musulmana, nè di qualunque altra religione, ma per molto tempo quel canto mi mancò, era diventato parte del mio quotidiano...girando molti paesi turchi e molti quartieri ne ho sentiti di canti differenti,sarebbe davvero un peccato se una voce registrata,uguale per tutti, li sostituisse!

    Mi piacerebbe sapere di più di questa tua esperienza Marina, soprattutto perchè questi posti e questa cultura mi affascinano molto!

    Laura

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  11. Scusa se ritorno, ma dopo che tutto il giorno il tuo post mi ha, molto piacevolmente e con una gioia di fondo, girato per la testa, finalmente mi è venuto in mente cosa mi ricordava: un passo di Thomas Merton sul significato del suono dele campane. Se lo ritrovo, e se ti interessa, te lo mando.
    Pace e benedizione
    Julo d.

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  12. Ai miei amici commentatori:
    Leggerò volentieri il passo di Merton.


    Vita Sackville West, ecco da dove viene, il tuo blog! La grande viaggiatrice!

    L a Turchia non l'ho girata. Conosco solo Istambul. straordinaria città.

    E a te, my funny Valentine, c'è qualche cosa che posso dirti? Sei funny e anche amarissima. Mi fai venire in mente una canzone di Jaques Brel: etre desesperé, mais avec elegance(l'accento per etre non ce l'ho.)Se ci riesco la posto.
    ciao a tutti

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  13. Per la ê io ti consiglierei, se proprio la vuoi scrivere: apri word, tenendo premuti i tasti Ctrl e Maiuscolo premi ^, poi ,dopo aver rilasciato tutti i tasti, premi la e. Vedrai la e con accento circonflesso. A questo punto la selezioni, control+c, ti poni dove ti serve, control+v ed è fatto
    Pace e benedizione
    Julo d.

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  14. Invece se sei in linux devi tenenedo premuti i tasti AltGr e Maiuscolo premi UNA volta il tasto ^, poi rilasci tutti i tasti e premi la e, ti apparirà: ê
    Spero che tu non abbia un Mac perché non avendolo sotto mano non ti so dire.
    ;-)
    Pace e benedizione
    Julo d.

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  15. Grazie Julo, ma ho proprio un Mac! Comunque la mia piattaforma non supporta segni speciali, se non scrivo in word
    ciao e grazie marina

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  16. Grazie Julo di avermi segnalato Lo scafandro e la farfalla! Comprato alle dieci del mattino, finito la sera stessa! E' bellissimo e umanissimo. Mi è piaciuta molto anche la scrittura. L'ironia che si accompagna alla pensosità. grazie ancora marina

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  17. Di niente. Però ti batto: comprato alle dieci di mattina e finito alle cinque del pomeriggio! ;-)
    Ma forse non vale perché quel giorno ero a fare degli esami clinici per cui avevo empo nelle varie code.
    Questa mattina mi sono comprato un altro libro che promette bene:
    Alan Bennet
    La sovrana lettrice
    ed. Adelphi
    prezzo 12 euro.
    L'incipit è da rotolarsi dal ridere. Di Bennet aveveo già letto 'Nudi e crudi' anche questo esilarante e da consigliare caldamente, anche se a mio avviso il finale non è all'altezza. Ma questa è solo una mia opinione.
    Buona domenica.
    Pace e benedizione
    Julo d.

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  18. E qui ti batto io! Già letti entrambi! Su Nudi e crudi sono d'accordo, il finale è un po' così così. Però è comunque irresistibile.
    Spero che i tuoi esami siano buoni
    ciao marina

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  19. Per questioni varie era un po' che non riuscivo più ad ascoltare Rai3 dalle 16 alle 18. Questa sera ho scoperto che 'La sovrana lettrice' era uno dei libri presentati.

    Diciamo che non sono andati male. Nonostante abbia sospeso da due mesi ogni medicina, non ci sono stati peggioramenti, ma ormai il nervo acustico è semi distrutto e rimarrò con l'udito menomato. Speravo in un miglioramento.

    Il lato bello è che adesso se non ho voglia di rispondere o di ascoltare qualcuno ho la scusa pronta ;-)

    Pace e benedizione
    Julo d.

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  20. Davvero bello il tuo post, Marina, grazie per avermelo proposto.
    anche a me piace leggere racconti di vita vissuta: mi è venuto spontaneo soffermarmi a immaginare l'odore di tutti quei tappeti e i loro colori vivacissimi...
    pensando alle cipolle, ma, non erano diuretiche?!
    Un caro saluto, ripasserò presto a leggere il tuo Iran

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