mercoledì 2 gennaio 2008

Capodanno con Giuseppe, Anita e Torquato

L’anno è cominciato a Roma con una giornata di sole, bella ma fredda, percorsa da un vento sottile e pungente che sulla spianata del Gianicolo si faceva particolarmente sentire. Bambini tutti intabarrati in sciarpe e berretti lanciavano i loro oh! di sorpresa davanti al teatro dei burattini di Carlo Piantadosi. Mentre Pulcinella bastonava e veniva bastonato, come bastona e viene bastonato da decenni, gruppi di turisti giocavano al vecchio gioco di identificare nel quadro vivo del panorama della città, stesa davanti ai loro occhi, questo o quel monumento. Sullo sfondo si vedevano i Monti Lucretili coperti di neve. Meno male che Garibaldi era avvolto nel suo mantello. Anita invece, secondo me, aveva freddo. Tenuto conto della collocazione del suo monumento avrebbero dovuto mettere un mantello anche a lei. Ma anche nella mattinata fredda qualche piccolo gruppo di visitatori si è spinto sulla rampa che porta alla quercia del Tasso. Mi ha fatto piacere. Benché molto sofferente, stanca si direbbe, la quercia resiste ancora, sia pure sorretta da un muro. Ne ha di anni quella quercia! Ha raccolto le riflessioni e le malinconie di Torquato Tasso e ancora si lascia strapazzare dal vento di gennaio.
Per via di quella quercia, salutata con rispetto ieri mattina, ho scelto di parlarvi di un piccolo libro, terminato da poco.
Si tratta di “Lettere dal manicomio di Torquato Tasso”, edito da Le nubi. L’ho trovato molto interessante. Ci sono delle pagine molto belle in cui il Tasso descrive le difficoltà che la sua condizione di internato comporta per la sua vena di poeta e lamenta la perdita della sua prodigiosa memoria che una volta gli consentiva di tenere a mente fino a quattrocento "stanze" ed ora gli rende difficile ricordare "financo un solo sonetto". Molto interessanti sono anche le sue riflessioni sulla differenza tra il castigo e la vendetta, che ancora oggi potremmo utilmente riprendere, e le pagine, bellissime, in cui confessa di vivere solamente per portare a termine il suo poema e rispondere così “al suo destino”. Fanno male quelle in cui descrive i suoi terrori, i suoi mali fisici e psichici e parla delle presenze spaventose che vengono a tormentarlo. Giorno e notte visitato da incubi, terrori, tormenti.
Io ho scelto per voi una piccola lettera tra le tante a causa di una piccola frase commovente.

Ed ecco la lettera.
LETTERA X
Ad Alfonso da Este, duca di Ferrara

Oggi, dopo molti giorni che per infirmità ho taciuto, ho fatto un sonetto quasi amoroso, ma certo in tutto conforme a’ miei pensieri: il mando a Vostra Altezza serenissima, pregandola che si degni di leggerlo con occhi clementi e (per così dire) indulgenti; e che si ricordi che, stanco de la infirmità e degli affanni, son desideroso di libertà, o almeno di più larga e di più libera prigionia...
E a Vostra Altezza serenissima bacio le mani. [gennaio 1585]

Quando il grande Torquato scrive questa breve lettera al Duca di Ferrara è internato nell’ospedale di S.Anna da sei anni, per la precisione dall’ 11 marzo del 1579.
È recluso nel reparto riservato ai pazzi furiosi e trattato come frenetico.
L’internamento si protrarrà fino al 12 luglio 1586, giorno in cui il Duca di Ferrara accettò che il Principe Vincenzo Gonzaga, grande ammiratore del poeta, lo conducesse con sé a Mantova, promettendo di tenerlo personalmente in custodia.
L’episodio che lo portò all’ internamento è poco chiaro. Soffrendo dell’esser trascurato a corte e trattato freddamente dal Duca, il Tasso, convinto che l’invidia dei cortigiani gli avesse alienato la benevolenza di Alfonso, uscì in escandescenze contro gli Este e gridò alcune frasi ingiuriose a palazzo. In seguito a questo episodio il Duca lo fece internare.
Presto si diffuse la notizia che egli fosse afflitto da una grave forma di pazzia, pericolosa per sé e per gli altri.
Sulla pazzia del Tasso si discute da secoli. Si comincia a fare strada l’ipotesi che il poeta stesso usasse di questo mascheramento per nascondere qualche cosa di inconfessabile attinente alla sfera dell’eros e del sesso. Altri pensano che la malattia mentale del poeta fosse vera e reale, altri ancora che il Duca volesse allontanarlo per evitare il fastidio di proteggere un poeta i cui mille scrupoli religiosi potevano attirare troppa attenzione sulla corte da parte del Tribunale dell’Inquisizione.
Sia come sia, se anche Torquato entrò sano in Sant’Anna, è certo che lì perse il controllo di sé e subì un terribile degrado.
Il regime cui fu sottoposto era terribile. Restò per tre anni senza quasi contatto con l’esterno, tenuto per un periodo alla catena, in condizioni igieniche pessime.
L’ambiente spaventoso, la sofferenza, l’insonnia, la solitudine, sfinirono i suoi nervi. Allucinazioni visive ed uditive, mali corporei di natura diversa, curati con salassi o bruciature caustiche, diete al limite dell’inedia, lo portarono in uno stato di alterazione in cui si alternavano esaltazione e lucidità. Finché dichiarò di “esser assai certo ch’io sono stato "ammaliato”.
Anche quando il regime dell’internamento migliorò e potè riprendere i contatti con l’esterno (brevi visite, scambio di corrispondenza) il suo malessere non si attenuò, né si liberò delle spaventose presenze che infestavano i suoi giorni e le sue notti. A tratti si riconosceva affetto da “frenesia”, ma diffidava dei medici dell’ospedale, era ossessionato dal timore di essere spiato, derubato e avvelenato.
La sola sua compagnia e consolazione era la scrittura.
Egli scrisse in quel periodo, benché a fatica, rime e prose letterarie (quasi tutti i Dialoghi) e un numero smisurato di lettere con le quali chiedeva aiuto a personaggi influenti, a principi, cardinali, abati, monsignori, letterati, a tutti denunciando la sua misera condizione e pregando perché intercedessero per lui.
Quando infine Torquato lascia Ferrara è malato, stanco ma febbrilmente attivo.Si direbbe ossessionato dal bisogno di recuperare il tempo perduto. Viaggia per l’Italia mentre scrive le ultime opere della sua vasta produzione. Infine trova riparo a Roma, protetto da Papa Clemente VIII.
Si ritira nel convento di Sant’Onofrio, sul Gianicolo, da dove al mattino muove i suoi passi verso la “sua” quercia ai piedi della quale tiene le sue solitarie meditazioni.
Attende di essere “incoronato” poeta, come il Papa gli ha promesso. Ma la notte prima che la corona d’alloro sia posta sul suo capo sofferente, Torquato Tasso muore. Ha solo 51 anni.

Il desiderio di liberà di Torquato Tasso, affermato con toni diversi in ognuna delle sue lettere, è dolorosamente commovente, ma quell’ultima, quasi timida richiesta di una “più larga e più libera prigionia” stringe davvero il cuore.
Forse ognuno di noi, ospite su questa terra, può unirsi alla sua preghiera e fare voti per un 2008 di “più larga e libera prigionia”.

13 commenti:

  1. Sono anni e anni che rimando la lettura della GERUSALEMME LIBERATA. Solo ai tempi del liceo ne avevo letto delle parti, ma preferivo di gran lunga le atmosfere dell'ORLANDO FURIOSO.
    Però questo tuo post così appassionato mi ha fatto venir voglia di metter mano al Tasso. E allora, finite le CONFESSIONI di Nievo (che bel libro avvincente e fresco!), prenderò Tasso.
    http://lucianoidefix.typepad.com

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  2. Marina cara, conoscevo la storia del Tasso ma raccontata così è bellissima, posso prenderla per portarla ai miei detenuti?loro imparano meglio se non ci sono molti libri in mezzo, il numero eccessivo delle pagine li scoraggia, aggiungerò soltanto che Torquato si faceva legare alla sedia dal suo servo quando gli prendeva la smania di scrivere, perchè non voleva alzarsi e distrarsi...Ti auguro un magnifico 2008 e aspetto il tuo permesso...Carmela

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  3. Ciao Carmela, se usi il mio post sono contenta!
    Anzi, se vuoi puoi "commissionarmi" qualche argomento che ti interessa e per il quale non hai tempo. Lo farei volentieri.Buon lavoro!
    ciao marina

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  4. Ciao Luciano, se ti ho fatto venire voglia di leggere il Tasso ne sono proprio contenta. Io ho amato entrambi i poemi, ma è tanto che non li rileggo. troverò il tempo per infilarli tra tutte le altre letture?

    ciao marina

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  5. anche torquato amava i gatti che un po' di consolazione gli diedero:

    A le gatte de lo spedale di S. Anna
    Torquato Tasso
    Come ne l'ocean, s'oscura e 'nfesta
    procella il rende torbido e sonante,
    a le stelle onde il polo è fiammeggiante
    stanco nocchier di notte alza la testa,

    così io mi volgo, o bella gatta, in questa
    fortuna avversa a le tue luci sante,
    e mi sembra due stelle aver davante
    che tramontana sian ne la tempesta.

    Veggio un'altra gattina, e veder parmi
    l'Orsa maggior con la minore: o gatte,
    lucerne del mio studio, o gatte amate,

    Se Dio vi guadi da le bastonate,
    se 'l ciel voi pasca di carne e di latte,
    fatemi luce a scriver questi carmi

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  6. BUON ANNO BUON 2008 alla mia amica colta, dolce e sensibile!!!
    Auguro a te tante emozioni!!

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  7. Grazie a Luigi, il mio amico artista!

    E grazie a Paoladeigatti che mi ha mandato un sonetto che non conoscevo. E' commovente e quel verso "lucerne del mio studio o gatte amate" lo voglio recitare a Titina e Rosolina!
    ora passo per vedere il tuo post promesso.

    ciao e grazie marina

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  8. @ Paoladeigatti, volevo avvisarti che cliccando sulla tua firma nei commenti non si arriva affatto al tuo blog; c'è qualche cosa che non funziona
    ciaomarina

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  9. Anch'io devo dire che non ho mai preso seriamente in considerazione il Tasso, ma tu me l'hai presentato in una luce nuova...Grazie, Giulia

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  10. A nome di Torquato, che ha cantato l'amore con più languore dell'Ariosto, protesto.
    Vibratamente! ;-)

    ciaomarina

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  11. Le tristi vicende del Tasso fanno proprio pensare a come, da che momdo e' mondo, sono trattati i personaggi scomodi.
    Marina, qui ci stavano bene anche un paio di foto della quercia, della giornata romana fredda e assolata, ecc. Dai!

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  12. Ciao Artemisia, non avevo la macchina fotografica con me e ho cercato in Internet; ma qualche cosa non mi piaceva della quercia come era ripresa. E ho soprasseduto. E' vero che metto poche foto? c'è chi protesta perché ho cominciato a metterne troppe!
    boh
    ciao marina

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  13. Marina, io non starei dietro a chi protesta (post troppo lunghi! troppe foto! ecc.) Tu fai come piace a te. Chi ci sta, ci sta; chi non ci sta, s'adegua! (Ho usato bene la punteggiatura, prof?).
    Il mio suggerimento nasceva dal fatto che, quando ho fatto il post con le albe e i tramonti, tu ti eri ripromessa di copiarmi. E io sto aspettando, sperando cosi' di vedere delle belle foto della splendida capitale.
    Io mi sono messa in borsa fissa la macchina fotografica e mi sto divertendo. Ho sempre avuto un po' di soggezione a causa del marito che e' piu' esperto di me, ma ho deciso di fregarmene e sbizzarrirmi.
    Con l'occasione qui ho pubblicato le foto pubbliche (cioe' senza persone):
    Galleria pubblica personale Artemisia
    Hai ragione: su internet non si trova mai quello che ci soddisfa.
    A presto!

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