Nella serata "RAIperunanotte" condotta da Santoro il 25 marzo scorso c'è stato un intervento di Daniele Luttazzi che ha suscitato una polemica che ancora continua. Per chi non lo ha già visto l'intervento è su you tube, diviso in tre video: uno, due e tre
da il Manifesto del 26 marzo 2010
Paolo Bonazzi, Ida Dominijanni
Se la comicità inciampa nel sessismo
Care compagne/i, rivolgo questa lettera in particolare alle donne del Manifesto per avere un conforto.Durante la diretta di Raiperunanotte io e la mia compagna ci siamo sbellicati dalle risate per il monologo di Daniele Luttazzi, che personalmente ritengo il più grande comico satirico in Italia. Scopro poi che tale monologo ha sollevato parecchie ire e critiche da parte di molte donne per il noto riferimento alla pratica di sesso anale quale analogia con l'Italia di ieri e di oggi: 1. Berlusconi forza l'opinione pubblica usando tutta la sua potenza mediatica; 2. Berlusconi penetra il consenso trovando una mediocre e condiscendente opposizione; 3. il popolo penetrato gode. La pratica di sesso anale, insomma, è puro sessismo e parlarne, anche come metafora comica, è da machisti. Non mi sto a concentrare sul fatto che sia anche un atto omosessuale maschile, e che d'altronde gli esempi riportati da Luttazzi all'acme del monologo riguardavano solo uomini (Saccà), i più servili e sottomessi in questa metafora.
Io l'ho trovata esilarante, ben conoscendo il linguaggio forte ed i ritmi incalzanti dell'attore che ha cercato sempre di farci ridere sui nostri disagi e tabù sessuali. Ritengo che la sottomissione della donna nella società moderna ed in questo nostro paese non vada cercata nelle camere da letto, dove agiscono altre dinamiche e desideri. Credo sia sessista la comicità di certi innocui monologhi di Zelig, in cui la donna è dipinta come una scassapalle che pensa solo a far shopping e a torturare il marito rientrato da una faticosa - solo per lui - giornata lavorativa. E che dire dei balletti che mettono in scena un lesbismo che è ovviamente quello che abita i nostri desideri onanistici maschili? E le pubblicità e i video musicali? Gli esempi sono infiniti. Fate caso a quante volte non viene rappresentato il sesso, ma una pura violenza. Uno stupro che la donna agogna dal suo padrone. Luttazzi non ha parlato di questo.
Personalmente porto avanti, insieme alla mia compagna, un rapporto basato sulla totale uguaglianza, frutto non già di concessioni, ma di reciproche responsabilità, riconosciute e condivise, rivendicate, quando serve. Mi piace che questo aspetto della mia vita sia coerente con le mie idee politiche di uguaglianza e libertà, e mi piace che questa dinamica mi dia piacere. Non sono un forzato dell'uguaglianza. Ora, ho profondo rispetto per chiunque si sia sentita offesa e mi sto ponendo delle domande. Vorrei però chiedere a chi c'era, Norma Rangeri, o anche a chi ha sempre parlato di questi argomenti, Ida Dominijanni, o a voi del Manifesto se di tali risate mi devo vergognare. Tengo in enorme conto le vostre opinioni e saprò farne tesoro. Ma mi chiedo: davvero la sottomissione, l'ineguaglianza di genere ed il sessismo derivano dalle pratiche sessuali - anche estreme - e queste pratiche ne sono una perversa estensione in camera da letto? Non sono invece indice di un potere e di uno sfruttamento che ha mercificato l'oggetto del desiderio come conseguenza del suo essere socialmente inferiore?
Davvero è colpa del sesso e del piacere che può derivare da pratiche di sottomissione che sono tante, intersessiste e di infinita fantasia?
Paolo Bonazzi, Bologna
Risponde Ida Dominijanni
Caro Paolo,
il confine fra pratiche sessuali, immaginario sessuale e ruoli sessuali è molto poroso: è vero che bisogna sforzarsi di tenerli distinti, ma è falso che possiamo separarli con un taglio netto. Sono del tutto d'accordo con te che le pratiche sessuali vanno tenute distinte dal sessismo sociale, e che se il secondo va combattuto alle prime va lasciata la massima libertà; ma è pur vero, d'altra parte, che da un anno combattiamo contro un certo uso sessista, o certe ricadute sociali sessiste, di un certo immaginario sessuale, berlusconiano ed evidentemente non solo berlusconiano. A questo si aggiunge, nel caso che tu poni, il modo in cui tutto questo viene messo in scena, e la necessità di garantire da una parte la libertà d'espressione di un artista, dall'altra la libertà di critica del pubblico (due libertà ugualmente sacrosante).
Personalmente non ho niente contro l'idea di mettere in scena il rapporto sociale sadomasochista con un monologo sul sesso anale; mi domando però come mai in quel monologo il sesso anale venisse rappresentato naturalmente come atto sessuale di un uomo violento sul corpo di una donna sottomessa.
Come tu stesso dici, c'erano altre rappresentazioni possibili, e non credo che questa sia stata scelta a caso. Ma se la rappresentazione del rapporto sociale sadomasochista prende naturalmente la forma di un rapporto violento di un uomo su una donna, io non mi diverto affatto e ci trovo, sì, la doppia traccia della normatività eterosessuale e del sessismo.
Ma si tratta, ovviamente, di valutazioni personali.
QUANTO A ME: io ho per Daniele Luttazzi una grande stima, lo considero il vero scrittore satirico del nostro tempo, il nostro Marziale, il nostro Giovenale. Né la mia stima si è spostata di un'acca dopo il suo monologo. Anche se mi ha procurato disagio. Mi sono chiesta perché. Sono abituata a riconoscere la violenza verbale con cui Luttazzi ci parla del sesso sbattendoci in faccia i nostri tabù e non mi ha mai turbata. Trovo perfetta la metafora dell'Italia di oggi sodomizzata da un Presidente del Consiglio in un rapporto sado-maso. Eppure il mio disagio era autentico. Solo che non risiedeva né in una suscettibilità al vocabolario sessuale che non mi è mai appartenuta né ad una lettura critica della scelta simbolica di Luttazzi. Ci ho messo un po' a capire che Luttazzi mi svelava una verità chiamandola con un nome che non le avevo mai dato, che avrei trovato volgare e sbrigativo, quasi da sfogo liberatorio se lo avessi letto in forma di commento su qualche blog, e che invece era esattamente quello che una metafora deve essere: un lampo di luce accecante e veritiero. Luttazzi non ha tratteggiato la situazione dell'Italia con squisiti concetti politologici, con analisi magari sarcastiche ma sempre sul piano discorsivo. No, egli l'ha rappresentata plasticamente con una immagine forte, che si è imposta ai miei occhi con tutta la sua violenza. Questo mi ha dato disagio: guardare il mio paese e riconoscerlo in quella scena. Vedere la nostra situazione colta in una essenza radicale, quella del sesso. Quando ho capito questo ho anche capito che il mio disagio è stato, alla fine, il segno più evidente di quanto la comicità di Luttazzi sia dirompente, crudele, feroce sia cioè vera satira che ci mostra senza edulcorazioni la realtà e sceglie per farlo quello che più ci si appiccica sgradevolmente alla pelle, quello che meglio ci schiaffeggia, quello che ci fa ridere con una smorfia agra sulla bocca.
Paolo Bonazzi, Ida Dominijanni
Se la comicità inciampa nel sessismo
Care compagne/i, rivolgo questa lettera in particolare alle donne del Manifesto per avere un conforto.Durante la diretta di Raiperunanotte io e la mia compagna ci siamo sbellicati dalle risate per il monologo di Daniele Luttazzi, che personalmente ritengo il più grande comico satirico in Italia. Scopro poi che tale monologo ha sollevato parecchie ire e critiche da parte di molte donne per il noto riferimento alla pratica di sesso anale quale analogia con l'Italia di ieri e di oggi: 1. Berlusconi forza l'opinione pubblica usando tutta la sua potenza mediatica; 2. Berlusconi penetra il consenso trovando una mediocre e condiscendente opposizione; 3. il popolo penetrato gode. La pratica di sesso anale, insomma, è puro sessismo e parlarne, anche come metafora comica, è da machisti. Non mi sto a concentrare sul fatto che sia anche un atto omosessuale maschile, e che d'altronde gli esempi riportati da Luttazzi all'acme del monologo riguardavano solo uomini (Saccà), i più servili e sottomessi in questa metafora.
Io l'ho trovata esilarante, ben conoscendo il linguaggio forte ed i ritmi incalzanti dell'attore che ha cercato sempre di farci ridere sui nostri disagi e tabù sessuali. Ritengo che la sottomissione della donna nella società moderna ed in questo nostro paese non vada cercata nelle camere da letto, dove agiscono altre dinamiche e desideri. Credo sia sessista la comicità di certi innocui monologhi di Zelig, in cui la donna è dipinta come una scassapalle che pensa solo a far shopping e a torturare il marito rientrato da una faticosa - solo per lui - giornata lavorativa. E che dire dei balletti che mettono in scena un lesbismo che è ovviamente quello che abita i nostri desideri onanistici maschili? E le pubblicità e i video musicali? Gli esempi sono infiniti. Fate caso a quante volte non viene rappresentato il sesso, ma una pura violenza. Uno stupro che la donna agogna dal suo padrone. Luttazzi non ha parlato di questo.
Personalmente porto avanti, insieme alla mia compagna, un rapporto basato sulla totale uguaglianza, frutto non già di concessioni, ma di reciproche responsabilità, riconosciute e condivise, rivendicate, quando serve. Mi piace che questo aspetto della mia vita sia coerente con le mie idee politiche di uguaglianza e libertà, e mi piace che questa dinamica mi dia piacere. Non sono un forzato dell'uguaglianza. Ora, ho profondo rispetto per chiunque si sia sentita offesa e mi sto ponendo delle domande. Vorrei però chiedere a chi c'era, Norma Rangeri, o anche a chi ha sempre parlato di questi argomenti, Ida Dominijanni, o a voi del Manifesto se di tali risate mi devo vergognare. Tengo in enorme conto le vostre opinioni e saprò farne tesoro. Ma mi chiedo: davvero la sottomissione, l'ineguaglianza di genere ed il sessismo derivano dalle pratiche sessuali - anche estreme - e queste pratiche ne sono una perversa estensione in camera da letto? Non sono invece indice di un potere e di uno sfruttamento che ha mercificato l'oggetto del desiderio come conseguenza del suo essere socialmente inferiore?
Davvero è colpa del sesso e del piacere che può derivare da pratiche di sottomissione che sono tante, intersessiste e di infinita fantasia?
Paolo Bonazzi, Bologna
Risponde Ida Dominijanni
Caro Paolo,
il confine fra pratiche sessuali, immaginario sessuale e ruoli sessuali è molto poroso: è vero che bisogna sforzarsi di tenerli distinti, ma è falso che possiamo separarli con un taglio netto. Sono del tutto d'accordo con te che le pratiche sessuali vanno tenute distinte dal sessismo sociale, e che se il secondo va combattuto alle prime va lasciata la massima libertà; ma è pur vero, d'altra parte, che da un anno combattiamo contro un certo uso sessista, o certe ricadute sociali sessiste, di un certo immaginario sessuale, berlusconiano ed evidentemente non solo berlusconiano. A questo si aggiunge, nel caso che tu poni, il modo in cui tutto questo viene messo in scena, e la necessità di garantire da una parte la libertà d'espressione di un artista, dall'altra la libertà di critica del pubblico (due libertà ugualmente sacrosante).
Personalmente non ho niente contro l'idea di mettere in scena il rapporto sociale sadomasochista con un monologo sul sesso anale; mi domando però come mai in quel monologo il sesso anale venisse rappresentato naturalmente come atto sessuale di un uomo violento sul corpo di una donna sottomessa.
Come tu stesso dici, c'erano altre rappresentazioni possibili, e non credo che questa sia stata scelta a caso. Ma se la rappresentazione del rapporto sociale sadomasochista prende naturalmente la forma di un rapporto violento di un uomo su una donna, io non mi diverto affatto e ci trovo, sì, la doppia traccia della normatività eterosessuale e del sessismo.
Ma si tratta, ovviamente, di valutazioni personali.
QUANTO A ME: io ho per Daniele Luttazzi una grande stima, lo considero il vero scrittore satirico del nostro tempo, il nostro Marziale, il nostro Giovenale. Né la mia stima si è spostata di un'acca dopo il suo monologo. Anche se mi ha procurato disagio. Mi sono chiesta perché. Sono abituata a riconoscere la violenza verbale con cui Luttazzi ci parla del sesso sbattendoci in faccia i nostri tabù e non mi ha mai turbata. Trovo perfetta la metafora dell'Italia di oggi sodomizzata da un Presidente del Consiglio in un rapporto sado-maso. Eppure il mio disagio era autentico. Solo che non risiedeva né in una suscettibilità al vocabolario sessuale che non mi è mai appartenuta né ad una lettura critica della scelta simbolica di Luttazzi. Ci ho messo un po' a capire che Luttazzi mi svelava una verità chiamandola con un nome che non le avevo mai dato, che avrei trovato volgare e sbrigativo, quasi da sfogo liberatorio se lo avessi letto in forma di commento su qualche blog, e che invece era esattamente quello che una metafora deve essere: un lampo di luce accecante e veritiero. Luttazzi non ha tratteggiato la situazione dell'Italia con squisiti concetti politologici, con analisi magari sarcastiche ma sempre sul piano discorsivo. No, egli l'ha rappresentata plasticamente con una immagine forte, che si è imposta ai miei occhi con tutta la sua violenza. Questo mi ha dato disagio: guardare il mio paese e riconoscerlo in quella scena. Vedere la nostra situazione colta in una essenza radicale, quella del sesso. Quando ho capito questo ho anche capito che il mio disagio è stato, alla fine, il segno più evidente di quanto la comicità di Luttazzi sia dirompente, crudele, feroce sia cioè vera satira che ci mostra senza edulcorazioni la realtà e sceglie per farlo quello che più ci si appiccica sgradevolmente alla pelle, quello che meglio ci schiaffeggia, quello che ci fa ridere con una smorfia agra sulla bocca.
Altro che i comici all'acqua e sapone che ci fan ridere lisciandoci il pelo!
Quindi posso dire che rispetto le donne che si sono sentite offese ma sto con il signor Bonazzi e mi pongo rispetto alla scelta di rappresentare un rapporto tra un uomo e una donna e non tra gay in una posizione assolutamente opposta rispetto a quella di Ida Dominijanni.
Riflettendoci su ho capito, ho quasi pre-sentito che, se Luttazzi avesse scelto di rappresentare un rapporto tra due uomini il mio disagio sarebbe stato maggiore e di natura diversa e mi avrebbe, sì, rivoltata.
Perché un rapporto anale sado-maso tra un uomo e una donna appartiene alla varietà dei desideri e delle fantasie e non connota definitivamente nessuno se non per la durata dell'atto; non caratterizza una categoria umana, non addita nessuno come esemplare; è solo una scelta tra pratiche sessuali -tutte ammesse per me quando liberamente scelte dai partecipanti secondo le loro fantasie e i loro desideri.
non posso dire nulla al riguardo perchè a me Luttazzi non piace, o meglio non piace il suo modo di fare satira, sempre con questo sesso sbandierato a destra e manca, evidentemente ho ancora un pizzico di puritanesimo che mi frena, ho visto persino qualche suo spettacolo ma diciamo che a parte farmi sorridere non mi colpisce, un mio limite
RispondiEliminaBellissimo tema,e grande tu a sceglierlo e a proporlo.
RispondiEliminaMi sento di condividere in pieno il tuo punto di vista e di aggiungere che la rappesentazione fatta da Luttazzi è estremamente feroce solo perché estremamente vera, una rappresentazione che rimanda all'idea del sesso vissuto come esercizio di potere=sopraffazione=gioco rigido e prestabilito delle parti, qualcosa che abita ben fermo e ben chiaro nella testa e nella mentalità di chi ci governa, qualcosa che appartiene più che mai alla cultura dei vari super-macho oggi al potere.
Solo una cultura e una mentalità così, così fascista per dirlo con le parole che servono, può scrivere equazioni così perfette, così crudeli, così feroci, facendo coincidere partiche sessuali e affermazioni di supremazia quando non addirittura violenza e sopraffazione.
Il sesso, liberamente scelto, condiviso, sia esso etero o omo, non fa differenza, non conosce dinamiche di potere che vadano oltre, che diventino rappresentazioni e incarnazioni di vissuti ideologici.
Sì, Luttazzi ha scelto una metafora, non una pratica sessuale.
Sicuramente in molti lo avranno letto diversamente e non è difficile immaginare "chi".
già anch'io l'ho vista come metafora... l'unica perplessità è stato l'orario... se c'erano dei bimbi che guardavano.
RispondiEliminaNon ho visto il programma, non ho potuto. Ma mi sembra che quello che dici sia assolutamente condivisibile.
RispondiEliminaConcordo totalmente.
RispondiEliminaPosso aggiungere che un mio carissimo amico (per inciso omosessuale) ha studiato medicina a suo tempo insieme a Daniele Luttazzi e me lo ha descritto come una persona umanamente straordinaria oltrechè realmente geniale.
Giorgio
La metafora di Luttazzi sulla sodomizzazione è appunto satira. Non riesco a leggerci niente di sessista. Se la rappresentazione avesse interessato un rapporto omosessuale, non avrebbe avuto senso, dal momento che si presume che in quel caso il ruolo attivo o passivo sia scelto dagli interessati, cosa ovviamente non possibile nel caso di un uomo e una donna.
RispondiEliminaE la metafora credo stia appunto in questo, nella rappresentazione di un rapporto in cui gli equilibri tra le forze in gioco hanno assegnato solo ad una parte il potere e la possibilità di esercitarlo e all’altra parte (che avrebbe potuto comunque opporsi ed invece si è ingenuamente offerta fidandosi di future promesse…) è toccato invece il ruolo di strumento per soddisfare la voglia di scendere in campo di un cavaliere che ha offuscato a tal punto la mente del “candido” sodomizzato da fargli credere di star vivendo il migliore dei rapporti possibili nel migliore dei mondi possibili…
Saluti
Dolores
@dolores: lo hai detto in modo ineccepibile! grazie
RispondiEliminaSpiacente ma a me Luttazzi non è mai piaciuto, non mi fa ridere e lo trovo inutilmente volgare e molto sopravvalutato. Ho visto il pezzo (come ho visto tutta la serata in questione) e mi ha dato veramente fastidio. Forse sono una puritana. Boh, può darsi. D'altra parte del mio scarso senso dell'umorismo ho già parlato in un post.
RispondiElimina