giovedì 4 dicembre 2008
mattinata chez Ping
I miei capelli vogliono essere lavati. Ma, uno, non mi va di passare un quarto d'ora ad asciugarli e due, non mi va di andare in centro dal mio parrucchiere.
Decido così di sperimentare un parrucchiere cinese nei pressi di Piazza Vittorio, suggeritomi da mia figlia e dove in occasione di una epidemia scolastica di pidocchi raparono a zero Tommasino con una certa radicale perizia.
E’ una bella mattina fredda e soleggiata e decido di andare a piedi. Quando arrivo in prossimità del negozio mi allarmo un po': sull’ insegna c'è scritto “toelettatura per cani” e mi chiedo se mia figlia non abbia per caso voluto dirmi qualche cosa subliminalmente. L'allarme però rientra, il parrucchiere per umani è alla porta accanto. Ping, si chiama. L’ambiente è un bel po’ cinese, all’incrocio tra il Museo Guimet di Parigi e il ristorante da asporto La Muraglia. Ci sono, sparsi qua e là, veli rosa e rossi, qualche lanterna e spruzzi di argento ed oro. Nel locale, diversi gradini sotto il livello della strada, c’è un'aria umida e fredda e i tre giovani cinesi che mi accolgono, una ragazza e due ragazzi giovanissimi, sono vestiti di tutto punto, cappotti compresi. Uno mi si rivolge con un gran sorriso: ciao, signora che vuoi? Chiedo una semplice messa in piega e lui mi indirizza alla ragazza. Lei è invece del tipo che non sorride come pure l'altro ragazzo: anzi mi guardano torvi. Mi dico che dobbiamo prendere confidenza e mi affido alle loro cure.
La mia prima sorpresa è quando senza farmi passare ad un lavandino la ragazza mi versa lo shampoo gelato sulla testa. Ma forte della certezza che alle sue spalle ci sono millenni di civiltà non batto ciglio. E faccio bene. Infatti la ragazza mi insapona perfettamente la testa anche senza acqua ma soprattutto me la massaggia. Il massaggio spazia dal collo, cervicale compresa, alle tempie, alla fronte. Mi massaggia anche le orecchie stropicciandole un po' tra le mani. Il trattamento è talmente piacevole che mi guardo intorno per vedere se c'è un giaciglio dove lasciarmi andare ad un sonno profondo. Quando riporto gli occhi allo specchio quasi lancio un grido. A forza di essere massaggiata con lo shampoo (almeno spero che sia solo uno shampoo) la mia capigliatura è cresciuta a dismisura. Ora sono trenta centimetri buoni più alta e il diametro della mia testa non è inferiore al mezzo metro. Il tutto bianco e spumoso. Mi impongo mentalmente di ricordare che questo popolo componeva raffinati poemi erotici quando dalle mie parti si strisciava appena fuori delle caverne e mantengo la calma.
A quel punto la ragazza mi trasferisce al lavandino per il risciacquo facendomi sdraiare su una lunga poltrona. Apprezzo la posizione coricata che torna a suggerirmi l’idea di un sonnellino. In breve la mia testa torna al suo volume solito.
Al momento di passare alla messa in piega però la giovane mi abbandona e mi consegna a quello dei due ragazzi che ho battezzato nella mia mente l'ingrugnato. Pronuncia solo due parole, tutte e due interrogative. Riga? Mossi? Accetto sia la riga che il mossi, tanto i miei capelli hanno una loro personalità e a meno che non vengano sottoposti a permanente qualunque tecnica si usi per arricciarli tornano entro le due ore perfettamente perpendicolari al suolo. Il giovane si siede su una poltroncina con rotelle alle mie spalle e fa per cominciare a lavorare sulla mia testa. Ma si accorge che quella naviga un metro buono più in alto di lui e che a mala pena la raggiunge allungando il braccio. Così si vede costretto ad alzarsi. Forse è questo che lo indispettisce perché inizia a colpirmi il capo con il phon, mentre tira verso l'alto innocenti ciocche di capelli, quasi indispettito dalla resistenza che gli oppongono. Mi ripeto il mantra della civiltà millenaria che giace alle sue spalle ma questa alternanza di colpi decisi e tirate di capelli mi rende poco propensa al multiculturalismo. Inoltre i colpi di phon e le tirate di capelli vengono alternate a piccole ustioni dei lobi e se provo a spostarmi per sottramici il ragazzo con uno scapaccione provvede a rimettermi al mio posto.
Vorrei dirgli che non sono stata io in persona a scatenargli contro la guerra dell'oppio di fine ottocento ma gli inglesi, ma temo che questo possa non essere sufficiente a placarne il dispetto. Così taccio e provo a resistere. Lui però è ormai preda della rabbia più irragionevole e manovra il phon in modo da alternare emissioni di aria bollente con altre di aria gelata, la prima bollente fino ad arrostirmi la cute, l’altra gelata fino a rendermi vitree le orecchie. A quel punto temendo di avere la peggio passo al contrattacco. Sorridendogli angelicamente gli chiedo: quanti anni hai? Disiotto risponde ingrugnato. E quale lavoro ti piacerebbe fare? Mi guarda sospettoso. Insisto. Non ti piace fare il parrucchiere, vero? E’ sorpreso, ma tace, cupo. Insisto ancora. Che lavoro vorresti fare? Commercio sibila scontroso. Ah, dico io, ti auguro di avere tanta fortuna nel commercio! Glazie risponde a bassa voce. E con questa siamo alla quarta parola uscitagli di bocca. Ma da quel momento smette di colpirmi sulla testa con il phon e di congelarmi e poi scongelarmi le orecchie. In dieci minuti la faccenda finisce. Pago. Un terzo di quanto avrei pagato dal mio parrucchiere. Ma è pur vero che Fabio, forse perché lo conosco da quando aveva tredici anni, non mi darebbe mai colpi sulla testa! Comunque quando esco la mia acconciatura è del tipo che definirei scarruffato/boccoluto. Ma non me ne curo, i capelli sono puliti e tanto mi basta.
Risalgo la strada verso piazza Vittorio. A destra e a sinistra solo negozi cinesi. Cerco il negozietto di DVD dove vorrei acquistare il film Persepolis ma è stato sostituito da un emporio cinese che vende plastica. Tutta e solo plastica. Ma è atteggiata in diverse forme, colori ed utilizzi, che vanno dalla borsetta da sera con zaffiri e margherite gialle, al triciclo giallo e rosso con lupetto a cavalcioni incorporato, ad un oggetto misterioso che si direbbe un vibratore. Almeno a giudicare dalla foto a colori che lo reclamizza e in cui una donna cinese manifesta la sua inequivocabile soddisfazione.
Anche la torrefazione storica della strada è diventata cinese. Ancora vende caffè e caramelle ma accanto al vecchio nome sull'insegna campeggia una scritta in cinese. La nuova ragione sociale suppongo. Confesso che mi dispiace. In compenso ora vende una infinita varietà di tè. Entro e prendo un caffè. Cameriere cinesi, alla cassa un sorridente cinese con un accento romano che Totti stesso troverebbe assolutamente confacente.
Proseguo sulla mia strada e raggiungo la piazza. Mi infilo nel grande magazzino Oviesse che mi piace esplorare in cerca di capi da "rialzare "; intendo quei capi di abbigliamento di materiale e fattura molto scadenti ma con una loro originalità, che possono trasformarsi in qualche cosa di "divertente e spiritoso" come direbbe uno stilista, se opportunamente rivisti. I prezzi di Oviesse sono sempre assolutamente ragionevoli, addirittura troppo. Producono infatti quello che io chiamo “l’effetto parsimonia”.
Tu entri portando con te la convinzione che un golf di lana merinos a 39 euro sia a buon prezzo ma, man mano che giri nel negozio e ti imbatti in prezzi piacevolmente più bassi, ci prendi gusto, diventi sempre più esigente, parsimoniosa ed anzi taccagna e alla fine esci senza aver comprato nulla e dicendoti un po' incazzata che no, 13 euro per un twin set di lambswool a questi ladri non glieli darò mai!
E infatti non glieli do. E riprendo il mio cammino. Sosta dal giornalaio dove scopro che esiste un volume che si chiama Viva gli Sposi con tre punti esclamativi e che è, come recita il sottotitolo, l’Almanacco completo per la perfetta organizzazione di un matrimonio anno 2009. Lo soppeso con lo sguardo. Saranno a dir poco trecento pagine. Mi chiedo quali informazioni tecniche possa contenere tali da giustificare la mole ed il prezzo, 19 euro. Sono tentata di acquistarlo solo per scoprirlo. Ma l’effetto parsimonia, grazie a dio, è ancora attivo e mi allontano indenne. Taglio dritta verso casa e quando raggiungo il portone constato, guardandomi nella finestra delle scale, che i miei capelli hanno riassunto la loro posizione naturale. Mando un silenioso "tiè!" al cinese ingrugnato e mi ritiro nei miei appartamenti.
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molto divertente il racconto di questa tua giornata, dal quale mi arriva la tua simpatia, ancora, ma soprattutto la tua smisurata pazienza...da Ping io, con tutto l'ossequio per la millenaria civiltà, mi sarei alzata molto prima che i suoi colpi di phon mi colpissero ripetutamente! Per quanto riguarda poi la sostituzione di angoli e attività storiche con i locali occupati dai cinesi...mi sa che il multiculturalismo c'entra poco quando si vede una città perdere pian piano la sua identità storica. Sarebbe bello se le attività commerciali potessero coesistere non venire soppiantate.
RispondiEliminaIl povero cinese non sapeva chi aveva sotto le sue mani...
RispondiEliminaIo ho l'impressione che ci odino! Sbaglierò, ma li vedo sempre nervosi, sempre scontrosi, sempre ingrugnati! Se entro nei loro negozi, non rispondono al saluto (anche i nostri, a volte!), se espongono nei mercati, spesso litigano tra di loro, non credo che avrei il coraggio di affidare loro la mia testa, per quanto discutibile sia, la mia testa, ci tengo.
RispondiEliminaPer quanto riguarda l'Oviesse, sono assolutamente d'accordo con te, per ciò che riguarda la festa di nozze, vedo e sento cose davvero immorali!
Ciao, Intrepida.
che bello questo post! me lo sono mangıata vıa ın un attımo...
RispondiEliminama ıo ı perucchıerı lı odıo tuttı ındıstıntamente dalla razza e daal ceto socıale.... deve essere 5 o 6 annı che non cı metto pıede.
Pure io lascio fare ai parrucchieri quello che vogliono con la mia testa perché tanto i miei capelli tornano sempre "perpendicolari al suolo" infischiandosene dei loro sforzi creativi, e pure a me piace "rialzare", come dici tu, capi scadenti. Ma piuttosto che pensare di comprare "Viva gli Sposi" con roboante sottotitolo e tre punti esclamativi - brr! - mi farei rapare a zero come Tommasino, con o senza pidocchi naturalmente.
RispondiEliminaCiao
Clotilde
Che devo dirti...
RispondiEliminaUn'esperienza così coinvolgente dal parrucchiere mi manca.
Prima avevo i capelli lunghissimi (tipo mia figlia) per cui al massimo andavo a farmi dare una piccola, piccolissima spuntatina.
Adesso li porto cortissimi per cui, se non ci arriva mia figlia, a rasarli con la macchinetta non ci vuole molto...
La Cina è vicina.
RispondiEliminaMolto coinvolgente il racconto della tua giornata!
RispondiEliminaIo mi ero rotto di sganciare 15 euro, prenotare e poi fare ancora la fila
per un'operazione di 10 minuti.
Ho perciò comperato una macchinetta tosacani e mia moglie fa un lavoro egregio, economico, cioè gratis, senza file né giorni di chiusura e ho pure l'impressione che si diverta, (non ho mai accertato,perché se apro una breccia, poi sarebbe una filippica ad ogni taglio).
@ tutti: l'intrepida tornerà su questo blog come sgli altri domani. La giornata di oggi è dedicata alla pura lussuria dei libri...abbracci marina
RispondiEliminaPoso chiedere se la foto sopra è un'autoscatto?
RispondiEliminaCiao Maurizio
Hai una pazienza infinita! Io non ne avrei avuta altrettanta.
RispondiEliminaMolto divertente. Ho visto ad Anno Zero questa cosa dei parrucchieri cinesi come soluzione anticrisi.
RispondiEliminaTi diro', avendo i capelli sottili, delicati e anche pochini, non avrei mai il coraggio di sottopormi. Meglio uno shampettino delicato in casa.
Sull'Oviesse anch'io ho grandi perplessita'. Ho sempre comprato li' l'abbigliamento ma da quando, ahime', ho sviluppato sensibilita' terzomondiste, non ce la faccio piu'. Mi sembra che i capi, con quei prezzi incredibilmente bassi, grondino sangue. Non e' un caso che, quando ci fu la ribellione dei monaci in Birmania, tra le aziende che avevano rapporti commerciali con quel paese salto' subito fuori Oviesse. Mah!
post di bella e spassosa narrazione, io riguardo ai cinesi sono come una mosca bianca, mentre tutti hanno da ridire, a me stanno simpatici! mi piace fare affari da loro e che affari!
RispondiEliminai capelli che io sappia qui a firenze ancora non li fanno ma caso mai aprisse un negozio di parrucchiere ci potrei andare -non sono schizzinosa, solo che cara marina non mi farei seviziare ma intimidirei severamente il torturatore! e che diamine! se non mi vuoi sorridere va bene ma non mi torturare plaese!:)cmq come dicono i francesi almeno una volta poi decisamente tiè!!
Ciao mi somo imbattuto nel tuo racconto e devo dire che mi ha piacevolmente fatto passare un pò di inc. che avevo perchè stanco del lavoro.
RispondiEliminaLa parte parsimoniosa mi è molto piaciuta, ma lo sai che devi far girare l'economia?
Ciao ti lascio un saluto a presto
Eccezionale, Marina. Stavo lì con te, anche perché conosco (anzi, conoscevo) molto bene la zona.
RispondiEliminaL'effetto Oviesse io ce l'ho con Tati e C&A in Francia. Quando vengo in Italia riesco sempre a trovare qualcosa con un plus (che poi mi dicono: ma dove l'hai comprato questo/questa bel/la...?) Da Oviesse!
Ma più spesso da Tati (e lì, giuro che non mi crede nessuno).
Baci