martedì 30 marzo 2010
parole da salvare/tre
pensiero delle 01.04
lunedì 29 marzo 2010
il non voto di Ornella
grandi servigi all'umanità
da La promessa dell'alba di Romain Gary
Romain Gary è qui solo apparentemente iperbolico e paradossale.
domenica 28 marzo 2010
e se fosse?
Ieri, sabato, Roma-Inter 2-1. Gran bella soddisfazione.
sabato 27 marzo 2010
supplemento al post "ingannare"
giovedì 25 marzo 2010
L'Ascoltatrice
Dopo qualche tentativo presso diversi editori e avendo raccolto solo lusinghieri ma probabilmente falsi giudizi positivi ma nessuna concreta proposta di pubblicazione (tranne quelle a pagamento!), considero educativa ma conclusa la mia esperienza nel mondo dell'editoria e butto il mio libro nel web, nudo e crudo.
Il libro è frutto di una esperienza che risale al periodo febbraio-giugno 2009.
In quei mesi, quasi ogni mattina, io mi sono seduta su una panchina di Piazza Vittorio a Roma, la piazza multietnica della città, con un grande cartello giallo accanto a me.
Vi avevo scritto in pennarello viola: "Vuoi parlare con me? Scriverò il tuo ritratto o la tua storia. È gratis."
E, mattina dopo mattina, una grande quantità di uomini e donne, italiani e no, vecchi e giovani si sono seduti accanto a me e mi hanno raccontato la loro storia.
I miei strumenti di lavoro sono stati il mio cartello giallo, la penna e un blocco di appunti, oltre ad un numero telefonico attraverso il quale fissavo un appuntamento ai miei interlocutori per riconsegnargli la loro storia una volta scritta al mio computer.
Nel libro ho raccolto molte di quelle storie intervallate da sguardi sulla piazza e sulla sua storia. La piazza infatti è uno dei protagonisti del libro, che porta la sua storia antichissima scritta in faccia.
È stata una esperienza che, indipendentemente dalla sorte del libro, considero bellissima e che resta ferma nel mio cuore.
Ora il libro è ospite del sito dell'Espresso il mio libro.it a questa pagina.
Ne può essere letta una anteprima, può essere comperato, commentato, votato, messo sui propri blog o siti o pagine Facebook. Insomma può essere aiutato a farsi conoscere.
Al momento ho fatto per lui tutto quello che potevo. Vedrò cos'altro inventarmi.
Ed ora qualche ringraziamento, come si usa per i libri veri.
A Mariateresa, paziente, intelligente e amorevole editor. A Simona che mi ha generosamente regalato le sue foto e il cui talento avrebbe meritato ben altro soggetto. Ma soprattutto sono grata a tutte le persone che si sono fermate a parlare con me, ognuna delle quali mi ha insegnato almeno una cosa.
Un ringraziamento particolare a Raffaele che, reincontrato casualmente, mi ha detto la frase definitiva che mi ha convinto a mettere il libro sul web.
Ma questo è un piccolo racconto a parte che rimando ad un'altra occasione.
mercoledì 24 marzo 2010
ingannare
C'è colpa nell'ingannare chi ci chiede di essere ingannato?
Nel dare agli altri il profilo che vogliono vedere di noi?
E' così sottile la parete divisoria tra il pianto e il riso che basta un clic per presentare al mondo la nostra voce più energica e, se richiesto, la più gioconda. Ma non perciò la maschera diventa realtà. Non che Marguerite Yourcenar non dicesse il vero (la maschera diventa il volto, scrisse) ma questo è vero per un costante continuo autorappresentarsi diversi da sé, non per i piccoli flash accesi sul nostro sorriso spavaldo, il tempo di un incontro o di una telefonata.
La maschera, in questo caso, è solo un crinale sottile esposto ad ogni urto fugace; un cartongesso, un compensato, un lembo di mussola, un foglio di carta velina...
Al di qua, dimoriamo: noi.
Ma abbiamo imparato l'arte di modellare il nostro viso, muscolo per muscolo, e lo offriamo al mondo come nostro personale contributo alla sua ipocrisia.
martedì 23 marzo 2010
approssimiamoci
Alda Merini, poetessa e madre
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta.
Così Proserpina lieve
vede piovere sulle erbe
sui grossi frumenti gentili
e piange sempre la sera.
Forse è la sua preghiera.
lunedì 22 marzo 2010
Marcel Mauss, Bernardo Soares ed io
domenica 21 marzo 2010
migranti
Per ricordare insieme la giornata mondiale della poesia e quella della lotta alla discriminazione razziale ho scelto The Migrants di Derek Walcott, premio Nobel per la letteratura nel 1992.
THE MIGRANTS
The ridal motion of refugees, not the flight of wild geese,
the faces in freight-cars , haggard and coal-eyed,
particularly the peaked srare of children,
the huge bundles crossings bridges,axles creaking
as if joints and bones were audible, the dark stain
spreading on maps whose shapes dissolve their frontiers
the way that corpses melt in a lime-pit,or
the bright mulch of autumn is trampled into mud
and the smoke of a cypress signals Sachenhausen,
those without trains, without mules or horses,
those who have the rocking-chair and the sewing machine
heaped on a human cart, a waggon without horses
for horses have long since galopped out of their field
back to the mithology of mercy, back to the cone
of the orange steeple piercing clouds over the lindens
and the stone bells of Sunday over the cobbles,
those who rest their hands on the sides of carts
as if their were the flanks of mules, and the women
with flirt faces, with glazed cheekbones , with eyes
the colour of duck -ponds glazed over with ice,
for whom the year has only one season,one sky:
that of rooks flapping like torn umbrellas,
all have been reduced into a common language,
the homeless,the province-less,to the incredible memory
of apples and clean streams,and the sound of milk
filling the summer churns, where are you from,
what was your districts,I know that lake, I know the beer
and its inns,I believed in its mountains,
now there is a monstrous map that is called Nowhere
and that is where we 're all headed,behind it
there is a view called the Province of Mercy,
where the only government is that of apples
and the only army the wide banners of barley,
and its farms are simple,and that is the vision
that narrows is the irises of dying
and the rired whom we leave in ditches
before they stiffen and their brows go cold
as the stones that have broken our shoes,
as the clouds that grow ashen so quickly after dawn
over palm and poplar,in the deceitful sunrise
of this,your new century.(Santa Lucia dei Caraibi, 16 giugno 2000).
La traduzione che segue è di Luigi Sampietro. Luigi Sampietro è critico letterario e traduttore. Severo ma eccelso in entrambi i ruoli. È animatore della rivista Caribana- A review of the caribbean literatures. Io lo leggo sempre con grande piacere sulle pagine culturali de il Sole 24 Ore. Spero non si infuri per questo furto.
Migranti
L'onda della marea dei rifugiati, non un semplice passo di oche
selvatiche, gli occhi di carbone nei vagoni merci, le facce
smunte, e in particolare lo sguardo fisso dei bambini
emaciati, gli enormi fardelli che traversano i ponti, gli assali
che cricchiano con un suono di giunture e di ossa, la macchia scura
che passa le frontiere sulle carte geografiche e ne dissolve le forme,
come succede ai corpi dei morti dentro le fosse di calce, o come
fa il pacciamo luccicante che si disfa sotto i piedi in autunno
nel fango, mentre il fumo di un cipresso segnala Sachsenhausen,
e quelli che non stanno sopra il treno, che non hanno muli o cavalli,
quelli che hanno messo la sedia a dondolo
e la macchina per cucire
sul carretto a mano
perché da tempo le bestie
hanno lasciato i loro campi al galoppo
per tornare alla mitologia del perdono,
alle campane di pietra sui ciottoli della domenica e al cono
della guglia del campanile aranciato che buca le nubi sopra i tigli,
quelli che appoggiano la mano stanca sulla sponda del carro
come sul fianco del mulo, le donne con la faccia di selce
e gli zigomi di vetro, con gli occhi velati di ghiaccio
che hanno il colore degli stagni dove posano le anitre,
e per le quali c'è un solo cielo e una sola stagione
nel corso di un anno
ed è quando il corvo come un ombrello rotto sbatte le ali,
si sono tutti ridotti alla comune e incredibile lingua
della memoria, e questa gente che non ha una casa e nemmeno
una provincia, parla delle fonti limpide e parla delle mele,
e del suono del latte l'estate dentro le zangole piene,
e tu da dove vieni, da quale regione, io conosco
quel lago e anche le locande, la birra che si beve,
e quelle sono le montagne dove riponevo la mia fede,
ma adesso sulla carta, che è simile a un mostro, altro non si vede
che una rotta che ci porta verso il Nulla, anche se sul retro
c'è la veduta di un posto che si chiama la Valle del Perdono,
dove il solo governo è quello dell'albero di pomi e le forze
schierate dell'esercito sono gli striscioni di orzo
all'interno di umili tenute, e questa è la visione
che a poco a poco si restringe dentro le pupille
di chi muore e di chi si abbandona in un fosso,
rigido e con la fronte che diventa fredda e grigia come le nuvole
che, quando il sole si leva, si trasformano subito in cenere
sotto i pioppi e sopra le palme, nell'ingannevole aurora
di questo nuovo secolo che è il vostro.
sabato 20 marzo 2010
la volpe della Muraro
venerdì 19 marzo 2010
segnalazione/giornata mondiale della poesia
Domenica 21 marzo sarà la Giornata mondiale della poesia, istituita dall'Unesco nel 1999.
giovedì 18 marzo 2010
la voce di Joy
Joy è la ragazza nigeriana che nel luglio del 2009 dichiarò che un ispettore di polizia aveva tentato di stuprarla mentre si trovava rinchiusa nel CIE di via Corelli a Milano. La sua compagna di stanza, Hellen, la aiutò a respingere l'uomo. Ad agosto nel CIE scoppiò una rivolta di tutti i detenuti contro le disumane condizioni di vita. Sono stati arrestati nove uomini e cinque donne tra cui Joy ed Hellen. Dopo sei mesi di carcere Joy è stata trasferita al CIE di Roma, Ponte Galeria. Joy ha presentato regolare denuncia per tentato stupro e interrogata ha riconosciuto il poliziotto. Ma è stata accusata di calunnia e, dopo sei mesi di carcere, vogliono rimpatriarla.
Visible Différence
mercoledì 17 marzo 2010
segnalazione MTVNEWS
MTV NEWS è un telegiornale diverso da tutti gli altri, perché dà la parola ai giovani, senza commenti o giudizi.
Sono loro a raccontarsi direttamente e ne escono realtà mai incontrate sui teleschermi o che, quando vengono raccontate, sono appesantite da discorsi sociologici e/o psicologici. Qui invece la realtà è in presa diretta, parla da sé e di sé.
Io non me lo perdo mai. Buttateci un occhio.
guardare dove si mettono i piedi
La lastra, opera dello scultore israeliano Micha Ullman, sorge lì dove nel maggio del 1933 avvenne il grande rogo in cui i nazisti bruciarono oltre 25.000 libri ritenuti pericolosi.
La lastra è luminosa di notte e di giorno riflette il cielo.
Credo che quel vetro ci dica anche quanto sia fragile il confine tra la barbarie e la civiltà.
Io sapevo della targa sulla piazza con la famosa citazione di Heinrich Heine: « Quando i libri vengono bruciati, alla fine verranno bruciate anche le persone » ma non avevo mai visto la stanza sotterranea. L'ho scoperta da poco e ci tengo a mostrarla.
Noi umani abbiamo continuamente bisogno di richiami per la nostra memoria, per questo innalziamo monumenti. In genere ai monumenti si alza lo sguardo. Qui invece lo sguardo si abbassa. Potremmo dire che si deve guardare dove si mettono i piedi.
Proprio come le pietre di inciampo, le stolpersteine dell'artista tedesco Gunter Demnig.
Da decenni le va installando sui marciapiede di fronte alle casa di uno o più deportati. Sono sanpietrini classici che si distinguono solo perché la loro superficie superiore è di ottone e porta inciso nome e cognome del deportato, anno di nascita, data e luogo di deportazione.
Il 28 gennaio scorso, giorno della memoria, ne ha installate trenta a Roma, in diversi punti della città da cui furono prelevati deportati.
Alcune di queste, solo un mese dopo, erano già state imbrattate di vernice nera da ignoti di cui si sa tutto.
La storia insegna?
martedì 16 marzo 2010
confessione
Intanto Netanyauh conferma la costruzione di 1600 nuovi alloggi in Gerusalemme Est.
Questo mentre il Governo Israeliano continua a dire di aspirare alla pace.
L'orizzonte è sempre più fosco per quella terra.
Da tempo io mi sono fatta la convinzione che la vera linea di demarcazione attraversa i due schieramenti. Da una parte ci sono coloro che hanno compreso che esiste un futuro pacificato anche se difficile solo attraverso un accordo e questi sono sia Palestinesi che Israeliani. E dall'altra coloro che questo futuro non lo vogliono, preferendo una guerra continua. E questi sono sia Palestinesi che Israeliani.
Io provo continuamente la tentazione di voltare la faccia via da quella parte di mondo. E debbo sforzarmi per continuare a seguirne le vicende. Confesso di farlo nella rabbia ma anche nello scoramento.
E lo sforzo che compio per non lasciarmi andare ai miei sentimenti immediati conservando capacità di esame razionale mi affatica sempre più.
Seguo il blog Gaza-Sderot tenuto da due amici, un israeliano di Sderot (Israele al confine con Gaza) che si firma Hopeman e un palestinese di Sajaia, campo di rifugiati di Gaza, che si firma Peaceman.
È dal loro dialogo mai interrotto, nonostante la difficilissima situazione, che trovo la spinta per non girarmi dall'altra parte.
lunedì 15 marzo 2010
astenersi missionari
Vanno dalle loro scoperte alle loro passioni, dalle regole della loro vita ai loro hobby, dalla loro fede in un dio o in una pratica terapeutica alla loro fede nel Cillit Bang come insuperabile sbiancante.
Non parlo di quelli che si limitano a segnalarti il fatto che la ginnastica posturale ha risolto un loro problema di sciatalgia, o che ti informano che camminare per un'ora al giorno rende il loro umore più vivace e i loro glutei più sodi. Non alludo neanche a quelli che ti fanno sapere che la terapia analitica ha cambiato la loro vita e resta la loro guida di riferimento; né ce l'ho con quanti dichiarano che il sugo loro lo fanno solo con i pomodori freschi. Chi di noi non fa affermazioni del genere? Tutti testimoniamo, soddisfatti di aver trovato la nostra personale soluzione a qualche problema o una nostra chiave di lettura del mondo, della vita, dei nostri simili. Ma questo non fa di tutti noi degli evangelisti. Dei missionari.
Gli evangelisti, i missionari sono fatti di altra pasta.
Questi non nascondono che il loro intento è convincerti ad adottare il loro metodo, la loro scoperta, la loro ricetta. A far tua la loro convinzione, a iscriverti alla loro confraternita, a giurare il loro stesso giuramento.
Di una persona/personaggio così Joyce Carol Oates -piccolo inchino reverente - ha scritto che "la sua tendenza ad elevare ogni sua nuova passione al rango di principio morale valido per la specie, di legge universale, risultava a volte leggermente irritante."
Io sono siuramente molto più irritabile dei personaggi oatesiani, perché gli evangelisti di ogni vangelo, i missionari di ogni missione mi stanno scomodamente sullo stomaco. Altro che leggermente irritanti!
Per una persona come me, che crede cioè solo nell'esempio e nella testimonianza, l'impegno convincitorio (sul dizionario questo lemma non lo troverete ma vi garantisco che ho il perfetto diritto di usarlo; l'ho regolarmente formato utilizzando le regole di formazione lessicale della nostra lingua, servendomi cioè del lessema-suffisso torio, sulla scia di accusatorio, assolutorio, consolatorio, ecc. ) l'impegno convincitorio di queste persone, dicevo, risulta molto fastidioso.
Io m' infastidisco persino se il missionario di turno diffonde intorno a sé un verbo nel quale anch'io credo! A me piacerebbe che tutti noi offrissimo la nostra esperienza e le convinzioni che ce ne sono derivate, come una padrona di casa generosa ma discreta offre un vassoio di antipasti. Indicandolo ai suoi ospiti e lasciandolo lì, a disposizione di chi vuole approfittarne. (Come assillano invece quei: "senti quanto sono buoni!" quei "prendine un altro!" quei " devi assolutamente assaggiarli!"). Ma l'esuberanza offertoria (Non vi agitate è tutto in regola, è lo stesso lessema suffisso di prima, ma al femminile) in caso di antipasti è un peccato veniale, lo ammetterete; testimonia voglia di far felici i propri ospiti, di mostrar loro che si sono scelte per accoglierli le pietanze che si considerano migliori, che li si ospita volentieri e con calore. Una padrona di casa di tal fatta è magari solo ansiosa e io non manco mai di accondiscendere alla sua sollecitudine per farla felice. (Caso mai, sputo nascostamente). Preferisco però la padrona di casa che mi mette a disposizione il suo buffet o la sua tavola e mi dice: "Prendi quello che vuoi, liberamente. E se non hai appetito o non ti piace lascia pure lì".
Mi piace molto quando le persone mi raccontano attraverso quali vie hanno raggiunto le loro piccole serenità, tolto la macchia di caffè dalla seta, accettato un proprio limite, restituito elasticità ai propri addominali, o fatto pace con l'ombra della madre, ma li trovo letteralmente insopportabili se fanno della loro chiave interpretativa dell'esistente la chiave interpretativa dell'esistente di ognuno di noi e della loro dieta alimentare la dieta alimentare valida urbi et orbi.
Ma, lasciando la tavola alimentare e venendo al banchetto della vita, ai principî, alle fedi, alle convinzioni, alle regole che i miei simili si sono formati lungo le loro vite, vorrei che le persone mi mostrassero come risolvono i loro problemi, piuttosto che dirmi come dovrei io risolvere i miei. Accetto volentieri testimonianze, anzi ne ho una vera fame, respingo senza appello ricette e ricettari.
domenica 14 marzo 2010
San pi greco
Mi sembrava una specie di grimaldello per le situazioni difficili, quelle da mani nei capelli.
Ed erano rassicuranti le parole che avevano a che fare con lui. Il pi greco è un rapporto (bello!) una costante (bellissimo!). E ci si fanno un sacco di cose. Cosa c'era di più tranquillizzante e risolutivo? Così, quando tra compagne eravamo alle prese con qualche faccenda che ci sembrava insormontabile -non solo matematica, non solo scolastica-di fronte alla domanda: e allora che facciamo? - io proponevo trionfante: Moltiplichiamo per 3 e 14! La faccenda veniva così definitivamente archiviata da una risata e si passava ad altro.
Avevo dimenticato San pi greco e il suo potere. Oggi gli rendo omaggio. E retrospettivamente mi dico che se alcune ciambelle della mia vita non hanno buco, è colpa mia: avrei dovuto moltiplicare per pi greco!
sabato 13 marzo 2010
dare a Doroty quel che è di Doroty
But what is done, is done, and all's to be.
And small the good, to linger dolefully-
Gayly it lived, and gallantly it died.
I will not make you songs of hearts denied,
And you, being man, would have no tears of me,
And should I offer you fidelity,
You'd be, I think, a little terrified.
Yet this the need of woman, this her curse:
To range her little gifts, and give, and give,
Because the throb of giving's sweet to bear.
To you, who never begged me vows or verse,
My gift shall be my absence, while I live;
But after that, my dear, I cannot swear.
So di essere stata felice
So di essere stata felice al tuo fianco;
Ma quel che è stato è stato, e basta.
Non fa bene crogiolarsi nel pianto...
Quel che lietamente visse, coraggiosamente morì.
Non comporrò canzoni per cuori infranti.
E tu, che sei uomo, non vuoi lacrime,
E se dovessi offrirti la mia fedeltà,
Saresti, credo, un po’ terrorizzato.
È questo il bisogno della donna, la sua condanna:
Allineare i suoi piccoli doni, e dare, dare,
Perché il palpito del dare è dolce.
A te, che non hai chiesto né voti né versi,
Il mio dono, finché avrò vita, sarà l’assenza,
Ma per dopo, amore mio, non posso prometterti nulla.