lunedì 5 ottobre 2009

lingua in transito


Più ancora di un aeroporto -almeno per me - il vero luogo del partire è una stazione ferroviaria.
A dispetto dell'etimologia del suo nome, che indica lo stare, e scende giù dritto come una spada dal verbo latino sto, as, steti, statum, stare il vero luogo del movimento, dell'andare, è una stazione ferroviaria.
Naturalmente può essere anche luogo dello stare (come sanno molti senzatetto), ma transitoriamente, provvisoriamente. Nelle stazioni, più che altrove, siamo tutti transitori.
Tutti gli incontri nelle stazioni sono brevi, frettolosi, ci si saluta mentre già ci si allontana.
Talvolta si beve un caffè insieme e poi si corre ognuno al proprio treno.
Scrittori e cineasti indulgono ad ambientare nelle stazioni soprattutto scene di addii.
Braccia che salutano dai finestrini, rincorse affannose di treni e lacrime mentre il treno fugge, in genere verso una galleria che inghiottirà i sogni, le speranze, gli amori.
(E' vero, da Casablanca in poi, anche negli aeroporti ci si saluta molto bene. Ma, per quanto io mi ricordi, negli aeroporti dei libri e dei film essenzialmente ci si ricongiunge. Grandi corse verso il gate e abbracci catartici all'ultima chiamata. Sembra che l'aeroporto si presti di più al il lieto fine).

Ci sono però nella nostra vita anche stazioni in cui si resta. Persino dopo che le si è lasciate.
Allora diventano luogo in cui ci si trattiene.
Magari a colloquio con i ricordi, con il passato, con il nostro io di altri tempi.
E il caffè si raffredda nella tazzina.

7 commenti:

  1. http://silviaiovino.blogspot.com/
    ecco il link di Silvia che ora aggiungo ai miei.

    lo so che dal letame nascono i fiori...ma intendevo un certo modo di continuare a guardare il marcio politico-clericale e non poter contemplare il bene.
    oggi, ho bisogno di bene, per un pò!
    ti bacio

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  2. grazie Angela, Silvia l'ho appena ritrovata sul mio delicious
    Il link mettilo anche nel post

    sul letame era solo per giocare, so che contro il letame tu non hai niente!
    ti abbraccio, marina

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  3. Quando mio figlio era piccolino amava essere accompagnato alla stazioncina del paesino dove abitavamo per vedere passare i treni. C'erano lunghe attese tra un treno e l'altro, a volte due treni passavano contemporaneamente incrociandosi davanti a noi.
    Alla stazione si impara ad aspettare e a scandire il tempo, cadenzarlo. Poi passano treni merci, viaggiatori, lenti, veloci, qualcuno si ferma e riparte. Qualche treno sorpassa quelli fermi. I semafori da rossi diventano verdi, poi gialli, poi di nuovo rossi. E suona la campanella che annuncia il treno in arrivo, con due suoni diversi a seconda della provenienza del treno. A volte arrivano treni speciali che puliscono i binari. Poi arrivano altri bimbi accompagnati dai genitori o più spesso dai nonni: io li chiamavo i "guardatori dei treni". Si fanno conoscenze in stazione.

    E da grandi, quando i figli cominciano ad andare per le loro strade e guardano i treni da soli, un post inaspettato ti fa ricordare teneri momenti passati colorati d'oro.
    Grazie, Giorgio.

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  4. E' bello e vero quanto scrivi: da studentessa ero pendolare e sono sicura che posso incontrare quella ragazza sul treno in partenza dal binario 3 alle ore 7.18 ...

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  5. Oggi le stazioni sono diventati aeroporti...si fa il check in e si aspetta nella sala d'imbarco...c'è tanto vetro, tanto hi tech, tanta luce e sono spariti i tabaccai...almeno qui...

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