Proprio mentre lasciava la stanza di ospedale dove il Comandante era ricoverato, la figlia di mezzo fu raggiunta da questa domanda: -La tua vita, la consideri realizzata?-
Nonostante la violenta sorpresa, la figlia di mezzo sapeva che nessuna domanda di un morente può considerarsi incongrua. Tornò quindi ai piedi del letto e dichiarò al Comandante senza mezzi termini il fallimento della propria vita.
Su richiesta, si spinse a testimoniare anche l'incerta realizzazione delle vite delle sorelle.
Poiché sembrava non esserci altro da dire, la figlia di mezzo tornò a mettersi la giacca, con tutta la lentezza che le fu possibile, nella speranza di sentirsi dire le quattro parole che sole avrebbero giustificato l’improvviso interesse del Comandante per la condizione del suo vivere. -Mi dispiace per te-.
Poiché le quattro parole non furono pronunciate la figlia di mezzo comprese che quella domanda conteneva comunque qualcosa di incongruo: il desiderio del Comandante di rivalutare, sul suo letto di morte, la propria esistenza, nel confronto con l'esistenza delle proprie figlie.
Quando nel corridoio dell’ospedale sentì uno sciatto infermiere cantare- attenti al lupo, attenti al lupo- la figlia di mezzo seppe che il lupo aveva azzannato anche lei.
Ma uscendo nel sole del maggio più atroce della sua vita, poiché l’amore consiste nel perdonare, la figlia di mezzo perdonò senza sforzo al Comandante di essere un lupo.
mercoledì 9 maggio 2007
figlia di mezzo/quattro/attenti al lupo
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