L'avventura che mi portò a fare l' agente di viaggio iniziò quando lasciai la scuola.
Ignoravo cosa fosse un’agenzia di viaggio. Ma in una cena tra amici mi impegnai a rilevarne una assieme a due amiche. Una era B. Dopo tre mesi inauguravamo la nostra agenzia nel cuore di Roma. Noi tre amiche viaggiavamo assieme da molti anni. Neanche loro erano mai entrate in un' agenzia di viaggi.
Io venivo dalla scuola. Di me si sospettava che fossi quanto di meno indicato per gestire qualunque attività commerciale. Di B. si pensava che venendo dall’industria sapesse affrontare tutti gli ostacoli duri. Di P. non si sapeva bene che cosa pensare. P. era di suo un po’ misteriosa. Vaga. La sua formula preferita di fronte a qualunque tipo di difficoltà era (cito testualmente)-questo mi crea un problema-.
Significava che dovevamo sbrigarcela da noi.
Ma fu la più lucida e nel giro di pochi mesi lasciò l’avventura. Disse solo: -mi crea un problema-.E scomparve.
Restammo B. ed io. Io con una esigua maggioranza di quote.
Ognuna fece i suoi sbagli. Con questa mia affermazione non concordo affatto. Ma so che è d’obbligo.
Dal mio punto di vista B. entrò nella nostra attività portando con sé lo stile Esso, compagnia da cui proveniva. Lo stile Esso è fatto di spietatezza e falso democraticismo. Molto americano. Molto competitivo.
Dal suo punto di vista io entrai nella nostra attività portando con me lo stile scuola.
"Cuore di burro", come mi disse una volta, e" troppa cultura". Anticommerciali entrambi.
Trattandosi di viaggiare a me sembrava che la cultura fosse utile. Non volle mai insegnarmi nessuna delle cose che lei sapeva fare ed io no. Io non avevo mai visto un telex e ignoravo persino il funzionamento di una fotocopiatrice.
Effettivamente a quei tempi chi veniva dalla scuola usciva da una specie di sepolcro.
Ma sono discretamente sveglia. Non solo posso imparare, ma imparare mi piace. Dovetti imparare da sola.
La mia spiegazione è che B. avesse un terribile bisogno di rivincita rispetto al trattamento che le avevano inflitto alla Esso. Più volte le dissi che non era su di me che doveva prendersi le sue rivincite e che trattare me come se lei fosse l’odioso dirigente che l’aveva sottostimata per anni e io il suo fattorino non l’avrebbe ripagata in nessun modo. Inoltre faceva incavolare terribilmente me. Devo dire che sul momento concordava con me. Non era né stupida né cattiva. Ha continuato a chiedermi scusa per due anni e ad andare dritta per la sua strada.
L’avevo avvertita che pur non essendo né ambiziosa né competitiva (cosa che del resto lei mi rimproverava costantemente come poco funzionale alla riuscita della nostra attività),ero pronta a scendere sul suo terreno se non la finiva di comportarsi come se lei fosse il titolare dell’agenzia e io la sua impiegata.
Mi presentò ancora una volta le sue scuse. Fu l’ultima volta che le accettai.
Da allora fu guerra aperta. La persi. Rispetto al battersi io ho una concezione vecchia. Superata.Tipo duello ottocentesco.
Ci sono due avversari, ci sono delle regole e sulla base di quelle regole ci si batte. Vinca il migliore.
E’ possibile che io fossi il migliore perché, vedendo di non poter vincere rispettando le regole, le scavalcò arditamente.
Poiché la tensione era troppo alta in agenzia e nessuna di noi era disposta a lasciare il campo vendendo la sua parte all’altra, avevamo deciso di vendere a terzi la nostra attività.
Era la soluzione di Salomone.
La proposi io e lei la accettò.
Sembrammo ridiventare amiche. Complici, alla ricerca del migliore acquirente per la nostra agenzia. Ci stavamo liberando dell’oggetto del nostro contendere. Pensai che saremmo riuscite a salvare l’amicizia, che eravamo appena in tempo.
Trovammo il compratore. Dal notaio eravamo euforiche. Credetti in buona fede che la nostra euforia avesse la stessa origine: vendevamo bene la nostra attività e fra noi tutto si sarebbe riaggiustato.
Dopo aver firmato l’atto, andammo in agenzia a prendere i nostri effetti personali.
Io presi i miei, lei lasciò i suoi. Mi meravigliai. Mi comunicò che il nuovo proprietario l’aveva assunta per gestire l’agenzia. Trovai scorretto che non me ne avesse parlato, ma le credetti. Solo dopo una quindicina di giorni lessi sull’organo dell’Associazione delle Agenzie di viaggio che la nuova proprietaria era lei. L’acquirente era un prestanome.
Neanche Salomone ci avrebbe pensato.
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