giovedì 14 giugno 2007

vizi capitali/uno/invidia

Ma sì, togliamoci subito il pensiero e partiamo dall’invidia perché è il vizio che più difficilmente la gente è disposta a confessare. Infatti significherebbe ammettere di essere una persona meschina e gretta. Eppure tutti conosciamo quella piccola fitta pungente. Sul dizionario dei Proverbi italiani (Le Monnier) i proverbi in tal senso si sprecano.
‘Se l’invidia fosse febbre tutto il mondo ce l’avrebbe’
‘Se l’invidia fosse pane nessuno morrebbe di fame’
‘Se l’invidia fosse rogna tutti si gratterebbero’.

Sì lo so questo non è elegante ma i proverbi sono una forma di saggezza popolare.
Persino gli dei secondo i greci potevano essere invidiosi degli uomini.
Se poi sfioriamo il vizio o ci caschiamo dentro con tutte le scarpe dipende dall’intensità e dalla frequenza del nostro invidiare.
Preliminarmente vorrei spendere due parole in difesa degli invidiosi. Già il fatto che il loro 'santo protettore' nonché prototipo sia il povero Caino, universalmente vituperato e passato alla storia come primo assassino con l’aggravante del fratricidio, li rende degni di compassione. A costo di scandalizzarvi, di Caino io penso che avesse perfettamente ragione nel detestare quel melenso di Abele. E che non era Caino ad essere invidioso ma Dio ad essere ingiusto.
Senza contare che Abele si limitava a pascolare il suo gregge, che non è poi questa grande fatica, mentre il povero Caino, zappava la terra, annaffiava, seminava, raccoglieva, potava, buttava sudore dall’alba al tramonto.
Finché non mi si darà una ragione di questa smaccata preferenza di Dio per Abele, la Genesi resterà per me un libro diseducativo.

Secondariamente gli invidiosi sono le prime e spesso le sole vittime del 'malanimo provocato in loro dalla constatazione dell’altrui prosperità, benessere, soddisfazione.(Oli Devoto)
Già i modi di dire relativi all’invidia fanno capire quanto sia scomoda la posizione dell’invidioso.
Non si dice ‘crepare d’invidia’, ‘il dente dell’invidia’, ‘il morso dell’invidia’, ‘verde di invidia’?
E, per tornare ai proverbi, l’annichilente ‘invidia rode se stessa’.
Voglio quindi testimoniare qui la mia personale compassione per l’invidioso.

Dell’invidia molti hanno scritto. Se ne sono occupati Kant, Nietzsche, Kierkegaard, Schopenhauer, Dante- così invidioso dei peccati altrui- e naturalmente Freud.

Vogliamo aprire un capitoletto dedicato all’invidia del pene secondo Freud o restiamo seri?
D’accordo, restiamo seri.

L’autore del libriccino sull’indivia, Joseph Epstein, sostiene che il movimento femminista ‘sia stato costruito su un’invidia impersonale e generalizzata’.
Non crede che il suo motore sia stato un forte senso di ingiustizia, come le femministe sostengono, perché 'invidia e senso di ingiustizia' non sono sempre facilmente distinguibili'.
Dunque: siamo invidiose o patiamo una ingiustizia?
Un criterio per stabilirlo posso offrirglielo io.
Se è disposto da subito, irreversibilmente e senza rimpianto a cedere la sua condizione di maschio in cambio di quella vissuta dalla donna, allora accetto che mi dia della femminista invidiosa, altrimenti taccia: si tenga la sua condizione e anche il suo pene, e taccia.
Naturalmente non c’è alcuna contraddizione rispetto al fatto che io sia comunque felice di appartenere al genere femminile, che considero un più riuscito prodotto della natura.

Ma passiamo ai miei personali morsi di invidia. Io invidio tutti coloro che sanno fare il fischio alla pecorara. Li invidio di invidia vera. Qualcosa nella mia morfologia non funziona perché tento inutilmente da anni di emularli. E’ vero che si diventa verdi di invidia. E’ quello che capita a me se per la strada sento qualcuno che lancia un fischio alla pecorara.
Vedere per credere.

Poi invidio i circa trecento milioni di donne indiane. Loro portano il sari, io no. Loro si avvolgono in sete colorate che lasciano svolare morbidamente e io giro in jeans. Le detesto. Sono cinica lo so, ma se penso ai loro sari penso anche che sono io ad essere nata dalla parte sbagliata del mondo. Per consolarmi debbo ricordarmi che le vedove nella mia parte di mondo non si immolano sulla pira del marito. Tiè!

Poi invidio i tangueri. Li invidio di una invidia feroce. Aspetto sempre che sbaglino un passo, che si calpestino reciprocamente i piedi, che gli si intreccino inestricabilmente le gambe. Se non è invidia questa.

Invidio anche la condizione di ‘primo figlio’ e quella di ‘figlio piccolo’. Un figlio di mezzo è spesso considerato come un intermezzo tra i due figli veri. Un po’ come un sorbetto al limone tra le portate di pesce e quelle di carne. Il sorbetto è fresco e aiuta a digerire ma i piatti forti sono gli altri due.

Poi invidio i bloggers che pirotecnicano i loro blog con foto, musiche, video. Porrò riparo, mi sto già attrezzando, ma intanto li invidio malevolmente.

Sull’invidia non ho altro da dire. Se volete saperne di più:
Joseph Epstein “Invidia “ Raffaello Cortina Editore

3 commenti:

  1. a proposito di Caino e Abele consiglio di cercarsi la canzone del mitico Davide Van de Sfross chansonier comasco nonostante sembri fiammingo pare che van de sfross dalle sue parti significhi andare di frodo

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  2. L'ho trovato questo van des sfroos
    e anche le parole di caino e abele
    geniale!
    se hai il cd mandamela
    baci marina

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  3. Ehi ce l'hai fatta ! Vedo la foto, alcuni link. Bravaaaaaaaaaa

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