venerdì 8 giugno 2007

professò/bellegra/due

A Bellegra ho costruito la mia etica di insegnante riassumibile in un solo articolo: promozione significa promozione sociale.
So che questa corrente di pensiero è molto contestata, soprattutto oggi, ma io mi sento di sostenerla ancora per moltissime situazioni. In ogni caso per la scuola dell’obbligo.
“Scuola dell’obbligo” è un’espressione orrenda che sovverte completamente il senso di una scuola pubblica. E poiché il linguaggio non solo rispecchia ma plasma anche la realtà ha fatto un sacco di danni.
“Scuola del diritto minimo” era l’espressione che usavo allora riferendomi alla Scuola Media. Io ero a quei tempi molto ideologica, come tanti di noi, e se ho poi dovuto riconoscere che le gabbie di una ideologia costringono all’inoperosità tante nostre energie, e impacciano il nostro spirito critico, ancora mi sento di affermare che, tolte le scorie, senza una ideologia di base si è un po’ come una barchetta di carta lanciata su un mare mosso. A me sembra che il nostro presente mi dia ragione.

E’ stata l’ ideologia che ha fatto sì che al momento di diventare di ruolo, dovendo scegliere fra la cattedra di Italiano e Latino ai Licei e quella di Lettere alle Medie, scelsi senza nessuna esitazione la Scuola Media. Non me ne sono mai pentita.
Il fatto è che mi sentivo utile. Pensavo di fare qualche cosa di importante, anzi essenziale per il mio paese.
Il concetto di “mio paese” io me lo sono costruito nei primi due anni di insegnamento a Bellegra. Potrà apparire romantico, enfatico, retorico, bolso, ma quello che io sentivo era esattamente questo: io non stavo andando a Bellegra su un camioncino assieme a delle pecore per portare a casa a fine mese il mio modesto stipendio. Di cui pure avevo bisogno. Io stavo andando ad insegnare le cognizioni di base ai più svantaggiati tra i ragazzini italiani, perché potessero avanzare nella società e la società grazie a loro. Loro erano la mia sola idea di patria. Per loro avrei fatto carte false. E qualche volta le ho fatte.

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