Ieri sera, o meglio questa notte, sono riuscita a farmi ridere di gusto.
Sto rileggendo, dopo 23 anni, tutta la Recherche e, a dire il vero, me la godo proprio.
Sono al terzo volune, I Guermantes, e precisamente alla serata in cui per la prima volta la inarrivabile Duchessa di Guermantes riceve il narratore nella sua casa, addirittura come invitato a cena. Marcel ci racconta che l'accoglie il Duca in persona e che lo accompagna amabilmente nelle sale dove sono esposti i quadri del pittore Elstir da lui molto ammirato. Dopo di che il Duca, per discrezione, lo lascia solo a godere della visione di quelle opere. Noi partecipiamo a quella visione attraverso le descrizioni meticolose, sfumatura per sfumatura, come solo Proust sa farne, dei quadri, dei soggetti, della tecnica, dei sentimenti che ispirano, dell'importanza del pittore nel panorama artistico del momento e della funzione che l'artista innovatore ha sul cammino dell'arte. Proust osserva, di tanto in tanto, che il giovane era come dimentico di essere atteso per la cena. E poi avanti, pagine e pagine, con altre sottili spiegazioni degli stati d'animo che la visione di siffatte opere d'arte produce nel loro ammiratore.
Ebbene mentre il tempo passava per lui, lo sentivo passare anche per me. (Immagino che i critici lo abbiano già detto ma in caso contrario lo dico qui io: uno dei più straordinari effetti del raccontare di Proust è che il tempo della narrazione viene a coincidere quasi esattamente con quello del fatto narrato e che noi lo viviamo insieme ai personaggi narrati). Insomma ero lì che esaminavo i quadri e riflettevo sulla pittura di Elstir e l'arte pittorica in generale, e intanto cominciavo ad aver fame, avvicinandosi secondo me l'ora in cui si doveva andare a tavola. Non solo, ma cominciavo ad irritarmi con quel giovane distratto che stava facendo attendere i suoi ospiti e i loro commensali. Divenivo sempre più impaziente e nervosa, ansiosa di non fare tardi e di non mancare di rispetto al Duca e alla Duchessa di Guermantes. Insomma era la prima volta che cenavo in casa loro e non volevo fare brutta figura! Ma Marcel andava avanti così, riflessione dietro riflessione, rapito dall'arte e dimentico delle buone maniere. Ad un certo punto dall'ansia passai - per me è automatico- al senso si colpa. Cominciai a sentirmi maledettamente colpevole per il fatto che indugiavamo lì nella quadreria mentre una decina di persone attendevano solo noi per mettersi a tavola. Un paio di volte ho anche gettato un'occhiata all'orologio! Quando infine Marcel si è deciso a portarmi nella sala da pranzo, io quasi mi tenevo nascosta dietro di lui, facendomi piccola piccola per la vergogna, e cercando faticosamente nella mia mente delle scuse plausibili pr una così grande villania. La mia agitazione non si è placata neanche quando il Duca, signorilmente, prima di dare ordine che venisse servita la cena -per non far risaltare il fatto che tutti avevano atteso solo noi due ritardatari- ha scambiato qualche commento sui quadri con Marcel. Finalmente la cena è iniziata ma per tutta la sua durata io ho continuato a sentirmi a disagio come una colpevole.
Ora voi potreste credere che questo racconto sia solo uno scherzo. Ebbene, non lo è.
Durante tutta la lettura di quelle pagine io mi sono veramente sentita in colpa per quella lunga attesa imposta agli invitati, come se ne fossi, anche io che ne leggevo, responsabile!
Quando ci ho riflettuto sopra mi sono trovata così folle, così irrimediabilmente, pazzescamente folle che ho riso e riso e riso di me, ma mi sono anche inchinata a quel narratore inimitabile che è Marcel Proust. (Noi due messi assieme abbiamo comunque un bel tasso di nevrosi, non c'è che dire).
Dopo aver riso tanto di me e della facilità con cui il mio meccanismo del senso di colpa si mette in azione, mi sono rituffata nella lettura.
Ma, ad ogni buon conto, ho giurato che a cena dai Guermantes con Marcel non ci vado più!
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Grandioso! Quando ti accendi a leggere Proust, portati una merenda!
RispondiEliminaho riso e riso e riso di me
RispondiEliminaQuando ci si riesce, cara Marina, si sono sconfitte tutte le ombre...
Se si riescono a guardare le proprie ombre con questo spirito umano, molto umano, il benessere è assicurato.
Sono gli assoluti che ci uccidono.
E' bellissimo immaginarti a ridere di te stessa e delle tue pazze follie. Mi ci specchio come Narciso nell'acqua.
Giorgio.
E mentre leggevo te, avevo l'ansia per coloro che attendevano. Non solo Proust provoca certe reazioni...
RispondiEliminaMarcel e Marina...che coppia di matti!
RispondiEliminaMarina, mi hai fatto venire voglia di rileggere Proust!
beh...Proust di queste ansie ne procura parecchie e a più riprese! Il tuo racconto esilarante, uno spasso :-)
RispondiEliminaAllora mi conviene leggerlo quando saro' in casa di riposo sperando che li servano ancora i pasti quando sara'!
RispondiEliminaComunque succede si non solo leggendo Proust anche se lui evidentemente e' una sorta di maestro.
Dona
Proust è un genio assoluto, e quindi tutte le tue reazioni sono comprensibili e normali.
RispondiEliminaRidere di se stessi, poi, fa bene alla salute del corpo e dell'anima, almeno secondo me.
:)
fantastico ! Magari ti sentivi come dentro una camera rivestita di sughero !
RispondiEliminaSei maestra nel trasmettere le tue sensazioni.
RispondiEliminaPerò cerca di evitarti le ansie degli altri!
cristiana
Sono un po’ invidiosa, ecco! Iniziare a leggere la Recherche era il mio buon proposito dell’estate. Solo che ho iniziato “Dalla parte di Swann” quasi un mese fa e procedo lentissimamente. Stavo riflettendo sulla possibilità di rimandare l’impresa per l’ennesima volta. Solo che questo post…
RispondiElimina@barbara procedere lentissimi nella lettura di Proust è LA REGOLA. Non farti scoraggiare, prenditela calma, tanto più che la recherche si può leggere riprendendo il libro anche a distanza di giorni. Proust era una vera carogna secondo me, voleva che il suo lettore soffrisse anche un po'
RispondiEliminamarina
Come ti invidio perche' riesci ad immergerti cosi' nella lettura!
RispondiElimina