Il chiùchiùchiù delle tortore è vicinissimo; il loro chiacchiericcio musicale mi arriva da un punto posto in alto davanti a me; anche senza aprire gli occhi so dove sono, le vedo, posate su un ramo dell’olivo, la coda rosea arruffata dal vento, il capino tondo che si sporge incuriosito intorno.
Nell’ora meridiana sto distesa sul prato, immersa nel benessere di questo silenzio caldo, affidata all’abbraccio di quest’ora quieta.
Altissimo sopra di me un aereo avanza nel cielo, il ronfare ovattato dalla lontananza mi sorvola e si allontana verso est; lo sento assottigliarsi, smorzarsi lentamente; poi sparisce, lasciandosi dietro ancora una piccola bava di suono.
Ora non c’è più. C’è un momento di silenzio assoluto, pieno di una voce assoluta.
Un soffio di vento improvviso fa cantare tutti i cespugli di oleandro e la chioma dell’acacia si gonfia sonora.
Mi arriva il grido di una cincia e lontano l’abbaiare impaziente di un cane.
Al piano superiore della casa una porta sbatte. La porta! Esclama la Terza Sorella alle mie spalle.
Oltre la siepe al fondo del giardino, nella casa dei vicini si seguono le Olimpiadi; mi arriva la voce dei commentatori sportivi e anche se non ne capisco la parole ne percepisco il tono eccitato.
Dal vicino campo da tennis, invece, giungono i tonfi ritmici della palla sulla terra battuta e a tratti l’esclamazione vibrante di un giocatore. Dietro gli occhi chiusi vedo la palla colpire di piatto il terreno e l’impronta netta che vi lascia disegnata.
E’ come una sinfonia cui la mia mente presta immagini. Tutto accade lentamente; i suoni si accostano senza sovrapporsi, sono come pennellate successive di smalto sulla superficie azzurra del silenzio di quest’ora. Riservata e personale, c'è scritto sopra. Questo primo pomeriggio sonoro, che sa di pino ed eucalipto, compone una melodia delicata, senza picchi o strappi, fluida come le onde di vento che percorrono il prato e danno il la ai cespugli di lantana.
Qualcuno sotto il portico alle mie spalle sposta una sedia per sedersi e prende a sfogliare il giornale. Le pagine frusciano, sembrano ingarbugliate dal vento; avverto il gesto stizzito con cui il lettore le riassesta battendole sul piano del tavolo. Potrebb’essere mio marito. Chiunque sia non disturba il mio riposo, forse mi pensa addormentata.
D’improvviso un calabrone si getta in picchiata verso di me, sento il il suo volo ronzante vicino alla testa, mi sfiora quasi; spalanco gli occhi allarmataa e accenno a sollevarmi, ma il calabrone s’impenna di nuovo e vola lontano.
Mi riparo gli occhi dal sole e guardo il cielo sopra di me. Nel mio campo visivo, come in uno stemma, si scolpisce a destra uno spicchio di cipresso, col suo verde scuro e compatto; a sinistra, invece, il verde argenteo dell’olivo disegna la sua trama cangiante e leggera. Tra i due verdi il celeste del cielo è netto ma delicato.
Una tortora si posa sul prato e lancia il suo richiamo invitante a pochi passi dai miei piedi.
Piego la testa per guardare il cipresso imponente dalla base fino alla cima sottile, che punta dritta verso il sole. Come è alto e largo e folto! Lo piantò mio padre 37 anni fa’. Altri tre cipressi gli sono compagni, ma questo è il più grande e il più bello. Fra le vecchie foto che studiavamo sere fa' tra sorelle ce n’è una in cui mi appoggio al cipresso, giovani entrambi, e con un braccio ne circondo il tronco. Se oggi volessimo circondare il cipresso dovremmo allargare le braccia tutte e tre e forse premere per comprimere il fogliame vigoroso.
Quando piantò il cipresso mio padre non aveva sessanta anni, quando invece piantò l’olivo ne aveva già ottanta. L’olivo è una pianta meticolosa, senza nessuna fretta o avventatezza; tenace ma lenta, assapora bene la terra dove deve crescere e prosperare; ha bisogno di prendere confidenza con il terreno prima di decidere che fa per lui e iniziare il suo percorso.
Per piantare un ulivo a 80 anni ci vuole molta fede nella vita, un grande amore per la terra e molta, molta forza. Piantare un ulivo a 80 anni è un gesto di fiducia ma anche di sfida. E’ il gesto di qualcuno che non teme né la vita né la morte. Era proprio così mio padre.
Poco discosto dall’ulivo il mio giovane avocado allarga i suoi rami ordinati e armoniosi.
Così lento è l’ulivo nella sua crescita (ogni anno la Prima Sorella delusa e scontenta, esclama: ma questo ulivo non cresce mai? Invece l’ulivo cresce, con i suoi tempi, ma cresce; infittisce i rami anche se quasi non ingrossa il tronco) così veloce e impetuoso è l’avocado. L’ho portato qui tre anni fa' ed era poco più di un grosso ramo singolo; ora è un albero, un piccolo giovane albero spavaldo, che oppone la sua straordinaria elasticità ai venti degli inverni tarquiniensi che sanno di burrasca marina.
-Perché non mi hai regalato un seme?- Il pensiero mi attraversa d’improvviso la mente diretto ad una persona lontana lontana nello spazio ma più ancora nel tempo.
Vorrei potergli rivolgere la mia protesta, anzi il mio rimprovero: dovevi regalarmi un seme!
Non i diamanti ma i semi sono "per sempre".
E poi penso al seme di avocado che mi regalò trent'anni fa' un amico scomparso e i cui semi ho distribuito tra altri amici. Uno di quei semi è l'alberello di avocado che ora luce al sole.
Un seme produrrà nuovi semi, frutti che fruttificheranno e si distribuiranno sulla terra, creando nuovi affetti e nuove relazioni.
Lo capisco in questo momento: è un seme quello che dovremmo regalare a tutti i nostri affetti.
Balzo in piedi e comincio a frugare il giardino in cerca di semi. Non è più tempo di contemplazione.
Un seme produrrà nuovi semi, frutti che fruttificheranno e si distribuiranno sulla terra, creando nuovi affetti e nuove relazioni.
Lo capisco in questo momento: è un seme quello che dovremmo regalare a tutti i nostri affetti.
Balzo in piedi e comincio a frugare il giardino in cerca di semi. Non è più tempo di contemplazione.
[...] : è un seme quello che dovremmo regalare a tutti i nostri affetti., un seme, a chi sappia il suo valore.
RispondiEliminaRino.
I giardini sono sempre affascinanti. C'è dentro il tentativo (qualcuno la chiama "pretesa") di governare la natura con tanti piccoli gesti: far crescere quella pianta, tenere a bada quel rampicante, bagnare quei fiori...Ma basta un attimo di distrazione, una stagione di abbandono ed il giardino sembra prendere vie "sue" , misteriose, imprevedibili... Il più curato ed addomesticato giardino diventa intricato bosco di piante, rovi e fiori portati dal vento, dalle instancabili api, da invisibili animali...La natura prende il sopravvento e segue una via che noi non conosciamo...
RispondiEliminaLa tua bella descrizione ad un certo punto mi ha fatto venire in mento una canzone di Roberto Vecchioni che amo tantissimo.
RispondiElimina"... E la vita è così forte che attraversa i muri per farsi vedere.
La vita è così vera che sembra impossibile doverla lasciare.
La vita è così grande che quando sarai sul punto di morire pianterai un ulivo convinto ancora di vederlo fiorire..."
Come sempre hai ragione: non i diamanti ma i semi sono "per sempre"...
P.S.
RispondiEliminaNon ho detto qual'è la canzone:
"Sogna, ragazzo, sogna"
Dal CD Canzoni e cicogne - Disco 1
Io mi metto qui buona ad aspettare il mio seme, quando vorrai e qualunque sceglierai per me.
RispondiEliminaHai ragione, altro che diamanti.
Che bello, che bello, che bello! Tutto quello che c'è qui dentro. Davvero.
RispondiEliminaNon sai quanto piacere m'abbia fatto il rileggerti da me.
RispondiEliminaAdoro gli alberi e ti manderò la foto del mio banyan.
Cristiana
Che quieta e profonda meraviglia mi hai regalato Marina: ti ringrazio dal profondo del cuore. Sei una scrittrice di rara sensibilità e potenza.
RispondiEliminaCara Marina, la talvota è un ingombro, un inutile filtro. Pensa alla fortuna che aveva il popolo del medioevo nel sentire declamare la divina commedia per strada, nelle piazze. Quanta musica e poesia pura in quei versi senza l'assillo della cultura e delle sue sovrastrutture. Il suono della voce umana, il suono delle parole, la poesia dovrebbe essere sempre musica, e la grande poesia lo è sempre.
RispondiEliminaQuel pezzo ti è piaciuto perchè è poesia di note.
ciao e ti prego torna a trovarmi.
Io già altre volte ho sbirciato il tuo/tuoi blog e ritornerò.
ciao ,silvano.
Ciao Marina, contraccambio il saluto e ti mando un bacio. Ti leggo sempre, mi dai tantissime idee che puntualmente "importo" in classe dai miei ragazzi. Grazie!
RispondiEliminaRox/ Gagarin
Davvero bellissimo. Il seme...piantassimo tanti piccoli semi, non avessimo questo timore di aspettare. Abbiamo tutti così fretta... Troppa. Un abbraccio, Giulia
RispondiEliminaUn malinconico ma dolce al contempo quadro di vita e di natura.
RispondiEliminaGuardo nel mio giardino di asfalto che è la mia città e spero che da qualche parte qualcuno un seme come quelli lo trovi. Magari portato dal vento. E dai nostri sogni.
tu mi trascini come un tapis roulant ma hai una morbidezza da lana pregiata...ecco, Marina, sai cosa mi hai fatto venire in mente?
RispondiEliminaMi hai fatto pensare che il tuo raccontare è come un gomitolo di lana caduto a terra e trascinato per gioco, dipanato pian piano...be', mi fai sentire spesso come un gatto che insegue quel gomitolo...
Marina, non ho parole per dirti quanto mi sia piaciuto questo pezzo; il commento di Tereza si avvicina abbastanza e, se lei me lo presta, lo faccio un po' mio. Capite che amica mi ritrovo? ;-)
RispondiEliminaGagarin: l'dea che prendi idee da questo blog da portare in classe mi piace da impazzire... vorrei essere una tua studentessa...
Mariateresa
Grazie per aver commentato da rockpoeta. Ti invito nel mio blog per diffondere la battaglia "Terra dei Fuochi". E' importante ed abbiamo bisogno dell'aiuto di tutti. Se poi vorrai, potremo scambiarci i link. Ti aspetto, ciao e grazie
RispondiEliminaGrazie gente amica! Grazie a Guglielmo che mi ha confermato nell'idea di un post cui penso da un po'; grazie alla mia iperbolica tereza; grazie a Enzo, ti so sincero, ma come vorrei poterti credere! grazie a Franca, bellissimi i versi della canzone di Vecchioni,non la conoscevo;da cristiana esigo la foto del banyan;benvenuti a Matteo e Silvano, ci rincontreremo sui loro blog; e grazie a daniele, parlando di asfalto mi hai ricordato quel movimento di teneri folli che girano le città lasciando cadere semi negli interstizi delle strade!
RispondiEliminaInsomma, grazie a tutti!
A Mariateresa: l'amica che ho io vale molto di più e non accetto di essere contraddetta su questo punto!
abbracci vari, marina
Veramente siamo noi che dobbiamo ringraziare te, Marina, per averci fatto riassaporare l'estate, suoni, immagini e profumi, in questi giorni che sanno di inverno alle porte.
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