martedì 5 febbraio 2008

segnalazioni/ancora 194 e dintorni

Le donne senza voce di Miriam Mafai 
4 febbraio 2008 la Repubblica


Povere donne italiane che, quando intendano servirsi di una legge italiana regolarmente approvata dal nostro Parlamento e confermata da un referendum, vengono indicate come colpevoli. Poveri feti prematuri, che rischiano di trasformarsi in oggetto di un crudele accanimento terapeutico e nuove sperimentazioni.

Povera legge 194 ormai aggredita da ogni parte. Povere donne italiane ormai costrette a emigrare non solo quando, per avere un figlio intendano far ricorso alla fecondazione assistita, ma anche quando rifiutano di partorire, come pure la legge consente, un feto affetto da gravi malformazioni. Povere donne italiane il cui corpo è sempre più oggetto, in un clima da medioevo, di divieti e imposizioni. Non passa giorno ormai senza che qualcuno non detti loro, da qualche cattedra, nuove regole, nuove imposizioni.

La legge 194 è ormai da tempo sotto accusa da parte delle gerarchie cattoliche e dei nostri «atei devoti». E le donne che vi fanno ricorso indicate come colpevoli di omicidio. L´ultimo attacco alla legge è arrivato sabato da un gruppo di autorevoli cattedratici delle facoltà di medicina romane che, di fatto, mettono in dubbio la possibilità per le donne di fare ricorso, nei casi finora previsti dalla legge, al cosiddetto «aborto terapeutico».

La legge 194 prevede che una donna possa fare ricorso all´aborto terapeutico quando siano stati accertati, grazie ai sistemi diagnostici oggi adottati, gravi processi patologici del feto.

Nessuno aveva messo in dubbio finora la possibilità o il diritto della donna di non mettere al mondo un bambino affetto da gravi malattie o malformazioni. Normalmente all´aborto «terapeutico» si fa ricorso solo tra il quinto e il sesto mese di gravidanza quando cioè con la seconda ecografia la mamma viene a conoscenza delle condizioni della creatura che porta in grembo e della infelicità cui sarà destinata. Il termine delle ventiquattro settimane non è previsto dalla legge 194, è puramente indicativa e infatti in alcune strutture mediche (come la Mangiagalli di Milano) il termine è stato anticipato e portato a 22 settimane perché, avvertiva anche Umberto Veronesi, «dopo la ventiduesima settimana il bimbo potrebbe sopravvivere anche se destinato a malformazioni gravi e permanenti». Un altro autorevole genetista, Bruno Dalla Piccola, spiegava: «Oggi le ecografie, i test diagnostici e genetici sono stati anticipati rispetto al passato. Per questo è opportuno abbassare il limite gestazionale per l´aborto terapeutico». Fin qui, mi sembra, il consiglio o il suggerimento dei medici è perfettamente ragionevole.

Ma cosa fare se il feto, sia pure prematuro e destinato a gravi malformazioni, abortito dopo la ventiquattresima settimana, è ancora vitale? La stessa legge 194, al suo articolo 7, afferma che «quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, il medico che esegue l´intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto». Ma il documento sottoscritto sabato dai cattedratici delle quattro facoltà di medicina romane va oltre. Vuole che a quel povero feto siano fornite non solo le cosiddette cure palliative ma che sia invece rianimato, «anche se la madre è contraria», come dice uno dei firmatari. È pur vero che lo stesso documento afferma che si deve evitare che le cure intensive si trasformino poi in «accanimento terapeutico». Ma anche in questo passaggio sembrerebbe necessaria più chiarezza. Di fatto ci muoviamo dentro un paradosso: da una parte c´è una legge che consente, a certe condizioni, alla donna di abortire, dall´altra c´è un autorevole documento che obbliga il neonatologo a intervenire sul feto, mantenendolo a tutti i costi in vita, anche se in gravissime condizioni di minorità. Ma non dovrebbe valere, anche in questo caso, la norma che richiede il cosiddetto «consenso informato»? E nel caso di un minore, e ancor più nel caso di un feto ancora vitale, questo «consenso informato» non dovrebbe essere espresso dai suoi genitori, dal padre e dalla madre?
Siamo, mi sembra, in un intrico di norme, disposizioni, regolamenti nei quali è difficile districarsi e dai quali rischia di venire espunta la volontà della madre. Siamo in un clima di incertezze reali e di polemiche astruse le cui uniche vittime sono le donne. Sarebbe bello se a questo clima di contrapposizioni e polemiche potesse sostituirsi un dibattito aperto, coraggioso e il più possibile sereno nel quale venisse data a tutti la possibilità di confrontarsi. Senza posizioni precostituite, senza battaglie ideologiche, senza bandiere da difendere. Partendo - mi si perdoni l´ingenuità - dall´idea che tutti, forse, hanno un po´ di ragione. E che solo da un confronto meno rabbioso può venire qualcosa di utile, per le donne e, perché no?, per il nostro paese.

4 commenti:

  1. Continuo ad avere un solo dubbio: ma le donne, quelle comuni cosa dicono? Mi sembra di sentire un silenzio inquietante. Sbagliando spero, mi sembrano molto poco interessate o troppo occupate ad inseguire altro. In poche parole ho l'impressione che tutti questi attacchi e movimenti contro la legge 194 stiano facendo strada perchè le donne sono distratte. E' la nostra distrazione ed i suoi motivi che mi allarma più di ogni altra cosa. Mi sembra che anche in televisione o sui giornali parlino soltanto donne grandi, coloro che decenni fa hanno combattuto per questa legge. Parlano donne che sono ormai nonne, e le mamme e le figlie, cosa pensano, quanto si preoccupano? In fondo questa legge oggi riguarda loro. Non vorrei, e qui la chiudo, che sperino ancora che queste nonne battagliere possano continuare a lavorare al posto loro.

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  2. Il dibattito non esiste. Esistono solo attacchi alla legge 194 a chi la difende, a chi vuole difendere la laicità dello Stato ed inoltre attacchi alla donna in quanto non sottomessa al volere della Chiesa di Dio e dell'uomo

    Perchè poi ogni religione è maschilista....

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  3. C'è molta fantasia in questo post .

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  4. Se posso rispondere a M.Cristina, le mamme e le figlie danno per scontato il diritto acquisito con la 194. Non ci sarebbe nulla di male se non ci fossero purtroppo queste pressioni per cancellarla. Aiutiamoci tutte, giovani e meno giovani, ad uscire dal silenzio.

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