Apprezzo, chi sa fare i conti con la realtà. Chi, senza privarsi del desiderio e del sogno, sa tener conto dei limiti che la realtà gli impone. Chi si adopra ad allentare le maglie del reale, a forzarle tenacemente, con la costante pressione della sua volontà, per fare spazio all’esaudimento di uno, due, pochi desideri.
Apprezzo chi soppesa le forze contrarie ai suoi desideri, e, lungi dal lasciarsi andare alla tentazione della spallata, prende ferma posizione sul suolo, in buona aderenza, bilancia il suo peso-di cui ha stima precisa e non illusoria-e sostiene l’impeto delle avversità, continuando a traguardare il suo scopo.
Apprezzo chi non si rappresenta a se stesso come ultras della volontà, come super-eroe armato di una spada di luce, a tutto temprata e capace di recidere ogni ostacolo. Ma riconoscendo la necessità della battaglia e del coraggio e sapendo di avere un braccio legato dietro la schiena-come chiunque altro-ambisce, innanzitutto, a battersi con onore e a riportare, tutte, le vittorie che si potevano riportare.
Queste considerazioni, in fondo, non sono altro che l’enunciato di un classicissimo teorema applicabile al triangolo costituito da noi, dalla realtà, e dai nostri sogni.
Dice Pitagora: La somma delle aree dei quadrati costruiti sui cateti è uguale all’area del quadrato costruito sull’ipotenusa. Operiamo una piccola inversione, non di senso, no, solo per maggiore chiarezza. L’area del quadrato costruito sull’ipotenusa (il sogno) è uguale alla somma delle aree dei quadrati costruiti sui cateti (noi stessi e la realtà).
In un triangolo rettangolo noi siamo il cateto a e la realtà è il cateto b. I due cateti si incontrano. Di più: l’uno e l’altro sono uniti, non c’è triangolo se non sono uniti. Noi prendiamo inizio dalla realtà e lei ci tocca. Sta lì bella piatta, ferma, certa. Noi posiamo su quella realtà e ci solleviamo da quella realtà. Davanti a noi si apre l’ipotenusa. L’ipotenusa è quella che dà slancio al triangolo. Guardatela: l’ipotenusa si spalanca, è come un campo, una prateria di fronte a noi.
Correre su quella prateria, che voglia!
Ma, dice Pitagora, quel campo, per quanto tu possa immaginartelo sterminato, fiorito, profumato, quel campo ha dei confini netti, già decisi. La vastità di quel campo risponde ad una regola precisa e sarà bene che tu la conosca.
La sua area non potrà mai travalicare la somma dei tuoi sforzi, delle tue capacità, dei tuoi talenti da un lato e della realtà, con le sue costrizioni, dall’altro.
Voi due, a e b vi sommerete, resterete uniti, la vastità del sogno sarà pari a voi due uniti, attaccati, serrati. Tu, a, dalla realtà non potrai prescindere. E lei, b, non si lascerà annientare. No, non ti dominerà interamente, ma ti terrà stretto. E, sì, potrai incidervi il tuo segno, ma non sovvertirla.
Parlava di questo Pitagora? No di certo. Eppure questo sapeva. Ed io sono affascinata da quest’uomo così spericolato nelle sue fantasie immaginative, nel suo divincolarsi dalle strettoie della realtà, che però se ne sta lì ad indagarne le regole. E dà l’esempio più concreto di quanto, minimamente, penso.
Noi, i nostri sogni e la realtà siamo uniti da un rapporto interno che possiamo forzare ma mai infrangere.
Saperlo non deve scoraggiarci. Non dobbiamo leggerlo come un verdetto definitivo, ma come la prima delle carte che la vita ci mette in mano: la consapevolezza. E giocarcela.
L'argomento è alquanto affascinante. La filosofia e la matematica rappresentano due principi cardini di ogni qualsiasi voglia evoluzione pluridimensionale. Un filosofo non è nient'altro che un matematico capace di sognare.
RispondiEliminaOk, adesso cerco di ragionare attraverso il tuo post!
Anch'io spesso ho potuto osservare la spendibilità della matematica in un mondo puramente filosofico e viceversa. Mi ricordo addirittura durante un esame ad università feci incavolare il mio prof. perché ho definito una funzione come l'aspetto analitico del fondamentalismo.
La logica del mio triangolo è leggermente differente dalla tua... per me l'ipotenusa, da per sé, rappresenta la nostra capacità di sognare mentre l'area che sostiene ed attraverso la quale si definisce rappresenta la nostra capacità di trasformare il sogno in un progetto. Infatti, la sfera della progettualità è la conseguenza immediata di una combinazione matematica tra le due sfere delle realtà esteriore ed interiore (l'area definita dal lato a = la realtà dell'IO nel proprio contesto individuale, l'area definita dal lato b = la realtà dell'IO nel proprio contesto sociale, ed in fine, l'area definita dal lato c = la progettualità dell'IO).
Con interesse, Vento...
hmmm , non mi sento così tranquillo, l'amico di Samo aveva comunque messo il ditino nelle grandezze incommensurabili conosciute anche come numeri irrazionali, fin troppo vicini al nostro vivere quotidiano... come dire ? Mi sa che sta carta regge poco, almeno per me ...
RispondiEliminaciao
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'sto vivere prossimi ai numeri irrazionali mi mette un po' di ansia. Già mi misuro con tutto il mio irrazionale(per non parlare del coniuge).
RispondiEliminatu vuoi togliermi le mie mini-certezze? Nun ce provà!
ciao marina
heilà, Vento, se in un esame hai definito una funzione come l'aspetto analitico del fondamentalismo, devi essere un ragionatore spericolato. (anche se non sono in grado di capire a fondo)Tieni conto che io non sono né matematica, né filosofa. Il tuo teorema ha un innegabile fascino, e il merito, rispetto alla mia lettura, di non mettere l'IO in contrapposizione con la realtà, ma di collocarlo sia sui due cateti che sull'ipotenusa. Gli dai più spazio, mi sembra.
RispondiEliminaCirca il filosofo e il sogno, data un'occhiata ai nostri timidi filosofi, mi sembra piuttosto che il matematico sia un filosofo capace di sognare!
ciao marina
@ Vento e Filippo: avete deciso di mettermi alle corde con il vostro rigore, l'ho capito.
RispondiEliminatornerò alla poesia ;-))
ciaomarina
no tienes traductor que pena mi pagina es http://arribalasdelos50.blogspot.com
RispondiEliminaA me invece e' piaciuta molto questa interpretazione filosofica della matematica. Mai studiata filosofia e mai piaciuta la matematica. Cosi' pero' mi piace.
RispondiEliminaInoltre personalmente oscillo sempre tra un approccio idealista alla realta' e l'esigenza di un'altra parte di me che vuole essere concreta e realista senza essere pessimista.
Questa tua lettura del teorema di Pitagora mi da' un'ottima risposta ai miei dubbi.
Grazie!
Sei un pozo di San Patrizio... Da te imparo sempre qualcosa. Giulia
RispondiEliminaMarina, dammi il tuo parere.
RispondiEliminaCosì un po' per scherzo ho proposto a mio marito e a mio figlio di 14 anni il tuo post. Il marito, un informatico laureato in fisica scettico nel midollo, come da copione, non ha apprezzato.
Mio figlio prima se lo è fatto spiegare meglio e poi mi ha risposto (il tutto per mail) "Mi sembra carino, ma i sogni non si possono mica realizzare."
La mia risposta:
"Come non si possono realizzare! Ma scherzi!?!
Un momento: per sogni intendi quelli che si fanno la notte oppure i desideri?
Qui si intende i desideri. Un po' come Billy Eliot che "sogna" di diventare ballerino. Si intende questo. Ti ricordi "I have a dream" di Martin Luther King?
Guai a non avere sogni (=desideri) specialmente da giovani!"
La sua:
"Intendevo i grandi desideri come billi elliot"
Tu che ne dici, Marina? E' possibile non avere sogni alla sua età? E' lui che è così di carattere o sono i giovani di oggi?
Scusa se ti ho invaso il tuo blog!
Oh dio, il mio post sottoposto allo sguardo del fisico!
RispondiEliminava beh, faccio finta di niente..
Invadi il mio blog come e quando vuoi. Ma per tuo figlio non ti preoccupare. Non ho la più piccola ombra di dubbio circa il fatto che i suoi sogni ce li abbia.
Secondo me, per quel poco che conosco i quattordicenni, un po' gigioneggia e un po' ha PAURA che i sogni non si possano realizzare.
e poi perché dovrebbe dirli alla sua mamma? se li tiene per sé e con te fa l'adulto scettico.
Penso che te li dirà quando da sogni saranno diventati speranze e avrà bisogno di aiuto per realizzarli.Penso che per un adolescente non avere sogni, anche senza riconoscerli o nominarli, sia fisiologicamente impossibile.
Tu hai due figli di cui si intuisce la personalità anche a distanza, dalle poche cose che racconti. Piccoli episodi che ho letto sul tuo blog. Vanno forti. E tu vai MOLTO forte.
ti abbraccio marina
Grazie, Marina. Mi hai rassicurato. Riguardo ai miei figli... e' meglio che non leggi il post di oggi :-)
RispondiEliminaCiao Artemisia, mi precipito!
RispondiEliminamarina