lunedì 20 agosto 2007

omaggio botanico

È morto Ippolito Pizzetti. Aveva ottantuno anni ed era il nostro più insigne disegnatore di giardini e paesaggi. Ma era soprattutto, per me, un maestro. Senza nessuna spocchia, nessuna pretesa, ha divulgato per decenni tutta la sua conoscenza in forma piana, semplice e riproducibile, su giornali e riviste. Io lo seguivo sull’Espresso e poi su Repubblica e naturalmente ho acquistato e letto, anzi studiato, tutti i suoi libri.
Il mio terrazzo è, in gran parte, suo figlio.
Un figlio un po’ scavezzacollo, con delle deviazioni che lui avrebbe severamente criticato. Ma la maggior parte di quello che ho imparato sulle piante e su come farle vivere, l’ho imparato da Ippolito Pizzetti.
Gli sono molto grata. Viveva a Roma e il suo terrazzo, di cui ci raccontava successi, sconfitte e meraviglie era esposto a sud come il mio. Perciò io approfittavo tre volte dei suoi suggerimenti: stessa città, stesso clima, stessa esposizione. Lui raccontava i suoi esperimenti e io mi cimentavo con lui. Umilmente, ma senza paura.
Tutti i miei successi di giardiniera li devo a lui, tutti gli insuccessi vanno addebitati a me. La cosa che più ci divideva era la coerenza paesaggistica. O meglio la mia incoerenza. Io amo occuparmi di piante perché amo vedere la vita affermarsi. Pertanto chiudo un occhio se la pianta in questione, che spesso ho salvato da situazioni di pericolo, non si armonizza, botanicamente e ambientalmente parlando, con le altre presenti sul mio terrazzo. Questo dispiacerebbe a Ippolito Pizzetti.
Perciò, per restare almeno parzialmente fedele alla sua lezione, ho creato sul mio terrazzo un piccolo angolo che io chiamo “virgiliano”, piante di sicura presenza romana nei tempi dei tempi: l’olivo, il ligustro, il mirto, la vite, l’alloro, il fico, il lentischio.
Nauralmente poi amo i colori, gli odori, i profumi, il rigoglio delle mie piante, ma il piaceree l'orgoglio che mi dà il cappero stentato fatto vivere attraverso tre-anni-tre di tentativi, scavando piccole nicchie nel muro di calcare per ricreargli un ambiente familiare, non me li danno neanche le decine e decine di gardenie che fioriscono da maggio fino ad agosto, né il gelsomino profumatissimo di Capo di Orlando.
Quella voglia tenace di vita del cappero è per me più dolce ricompensa di ogni facile trionfo rosaceo. Le due foto che inserisco non rendono giustizia al mio terrazzo e di conseguenza né a me né ad Ippolito Pizzetti stesso.
Ma la stagione declina, le piante hanno quasi tutte terminata la fioritura, alcune iniziano già la lenta marcia verso l’autunno. Ve le riproporrò al giugno prossimo nel loro massimo fulgore. Magari la tecnologia per quel giorno mi avrà messa in grado di trasmettervi anche i profumi. Inoltre come fotografa faccio pena.

2 commenti:

  1. Che dire ?
    Non lo conoscevo.
    Ora ne approfitterò per farlo.
    Con grande, grandissimo piacere.

    RispondiElimina
  2. Conosco Ippolito Pizzetti, l'ho seguito da sempre. Anche io ho un terrazzo (ne ho pubblicata una foto nel mio blog)ed invidio bonariamente tutti coloro che posseggono terrazzi in posti che non siano freddi, gelidi, ventosi , nevosi come quelli aquilani. Ogni cosa che pianti qui è una sfida contro madre natura, a meno che non si parli di abeti natalizi.Io ci provo ogni anno, con sconfitte e vittorie:l'unica cosa sicura sulla quale le mie piante possono contare è tutto il mio amore....

    RispondiElimina

Non c'è niente di più anonimo di un Anonimo