Ho casualmente incontrato un’amica di vecchia data. Aveva fatto variopinti acquisti nei pressi di Piazza Vittorio e, un po’ affaticata, li portava alla sua macchina. L’ho immediatamente liberata di ogni peso e me ne sono caricata io. Perché?
Perché si tratta di una ineffabile.
Le ineffabili sono quelle donne cui la natura ha dato una bellezza luminosa fino a diventare abbagliante. Una bellezza che si impone ma non aggredisce. Il che fa sì che incanti anche le altre donne. Una bellezza che soggioga. Uomini, donne, bambini, cani, oggetti persino! Le ineffabili sono quelle donne che camminano per il mondo con una sicurezza inalienabile, indossata come una seconda pelle. Forse come la loro vera pelle.
Passano attraverso i piccoli e grandi cataclismi del mondo sapendo che niente offuscherà i loro progetti, perché qualcuno si sarà occupato di metterli al riparo.
Se piove, qualcuno le coprirà con un ombrello e se si soffoca dal caldo, qualcuno offrirà loro un posto all’ombra. Se una valanga vien giù, i Vigili accorreranno a salvarle in priorità. Se un cecchino spara da un tetto, si premurerà di evitarle. Se una ineffabile decide di ridipingere la sua casa, più di uno si offrirà di farlo per lei. Lei non lo avrà chiesto, si sarà limitata a desiderare. E’ solo questo che chiediamo ad una ineffabile: comunicarci i suoi desideri per quando non riusciamo a intuirli. Questo è il suo apporto alla relazione e noi gliene siamo grati. Le ineffabili sono creature la cui calma è olimpica perché sono delle dee e come tali il mondo le riconosce.
Io subisco il fascino delle ineffabili come chiunque altro. Forse dovrei invidiarle, ma non posso. Al contrario, come tutti, mi adopero perchè la loro vita scorra il più fluidamente possibile. So riconoscere una divinità, quando ne incontro una.
Qualcuna potrebbe obiettare che donne così non esistono. Che ogni donna ha la sua piccola insicurezza, la sua ansia, la sua linea di frattura.
In effetti questa è la regola, ma come tutte le regole anche questa ha la sua eccezione e l’eccezione è costituita dalle donne ineffabili. Non sono molte ma esistono.
Io ne ho conosciute almeno due e di una di loro voglio parlarvi. La chiamerò S.
ATTO PRIMO
Roma tra il ‘70 e il ’75.
Manifestazione probabilmente non autorizzata, non ricordo bene. Massimo casino. Carica della polizia, fuggi fuggi.
Ma anche lancio di sanpietrini, anche molotov e lacrimogeni.
Mi sembra di ricordare che era la manifestazione in cui qualcuno assaltò l’armeria presso Ponte Sisto.
Situazione di stallo, un piccolo gruppo resta preso alla fine di via dei Giubbonari, presso il cinemetto di piazza Farnese. Si aspetta che torni la calma, ma non ci si può muovere. Vola un po’ di tutto, cassette della frutta, bastoni, c’è fumo, spari.
Io non sono propriamente una fifona ma le manifestazioni mi piacciono ordinate e pacifiche, muscolari anche, ma penso che gridare le proprie ragioni e anche la propria rabbia sia sufficiente. In più non mi piace che mi si usi come massa da manovra.
Comunque mi trovo lì nel gruppo.
In queste situazioni l’istinto della chioccia avvampa in me, comincio a tenere il conto di tutte le persone che mi sono care e che si trovano nel corteo, le controllo, le tengo d’occhio, le chiamo, mi assicuro che ci siano tutte e tutte in buone condizioni.
Anche in quella circostanza faccio così, con tutto il mio istinto di protezione all’opera. Ad un certo momento mi accorgo che all’appello manca S.
Il cuore mi salta un battito. Signore dov’è S? che cosa è successo a S? Comincio a chiedere in giro. Nessuno mi ascolta, nessuno sa nulla, io sono prossima al panico. La immagino riversa da qualche parte, colpita da un candelotto o da un sanpietrino o arrestata.
Ma non posso muovermi. Continuo a scrutare intorno a me sempre più agitata e poi improvvisamente la vedo uscire da una piccola macelleria sulla piazza.
S. è una ragazza bellissima, sfiora il metro e ottanta, è magra, slanciata, ha lunghi capelli neri e una pelle bianca perfetta, lunghe gambe, un viso aristocratico, grandi occhi neri. S. è semplicemente perfetta.
Una ineffabile. Ed ecco, S. viene verso di me, tranquillamente, il sorriso fresco, le belle spalle dritte, i jeans arrotolati alle caviglie sottili, la maglietta bianca a v, avanza con la grazia e l’eleganza di sempre. Resto come incantata: è S., è come è sempre stata, è sana. S. passa tra il fumo, evitando con grazia i rottami a terra.
Tra le mani tiene un pacchetto.-Ma dove eri? che ti è successo?-
-Ero andata a comprare un po’ di carne tritata per la gatta.-
Ecco: ineffabile.
ATTO SECONDO
Prima notte a Città del Messico. Mia sorella, S. ed io.
Non abbiamo prenotazione e capitiamo in un albergo un bel po’ dimesso.
Saliamo nella nostra camera: è meno che dimessa. Le lenzuola sono grige, il terzo letto affonda a sedercisi sopra, uno scarafaggio fugge precipitosamente di fronte a noi.
Si dà il caso che mia sorella non abbia paura o orrore degli scarafaggi, molto semplicemente non può coesistere con uno scarafaggio (giorni dopo, ormai nello Yucatan, dormirà ad occhi aperti, letteralmente, nell’ansia di dover controllare la presenza di scarafaggi nella stanza, facendomi prendere una paura spaventosa).
Intanto S. ha fatto la doccia, ma decidiamo di cambiare albergo, questo è anche un po’ sordido, non ci piace.
Fatti i bagagli scendiamo e al banco comunichiamo la nostra decisione.
Ne nasce una discussione. Loro vogliono farci pagare una notte perchè è stato usato il bagno, noi ci rifiutiamo, loro si rifiutano di consegnarci i nostri documenti.
L’aria si fa rapidamente pesante, discutiamo animatamente.
Ad un certo punto riesco a mettere le mani sui documenti e ci avviamo in fretta all’uscita. Loro minacciano di chiamare la polizia, io dico che sarò io a chiamarla.
Un po’ strattonata, un po’ sospinta riesco ad uscire. Mia sorella parte in cerca di un taxi. Ma S.? Oh Signore, hanno trattenuto S.!
No, mentre mi batto contro i messicani S. è lì dritta e svettante, sulla soglia dell’albergo, ai piedi ha la sua valigia di cuoio e in mano tiene il suo beauty case. Guarda serena davanti a sé nella notte, ignorando la contesa.
Mia sorella arriva con il taxi, io mi ci butto dentro col mio bagaglio mentre i messicani tentano di trattenermi.
Ma S. no, lei consegna elegantemente all’autista valigia e beauty case perché li metta nel portabagagli e sale tranquilla sul taxi, mentre attraverso il finestrino i messicani continuano ad insultarmi. Quanto a lei nessuno si è nemmeno sognato di disturbarne l’uscita di scena.
Ineffabile.
ATTO TERZO
A New York, S. ed io.
Siamo arrivate in giornata da Roma, lei, hostess dell’Alitalia, ripartirà l’indomani mattina. Ora dobbiamo ritirare dei volantini alla sede del movimento per i diritti delle donne. Nell’indicarci l’orario, un classico 9-18, ci hanno però raccomandato di andare in mattinata. Sono le 5 del pomeriggio, ma S. domani vuole riportare con sé i volantini in Italia.
Così andiamo subito. Dalla Quinta Avenue, basta fare due passi all’interno e ci troviamo in un mondo completamente diverso: una strada tranquilla, palazzi di ragionevole altezza, niente macchine.
C’è però una decina di donne, forse anche qualcuna di più, in gonne strette all’inverosimile e brandelli di magliette sui seni strizzati. Hanno enormi fiori di carta colorati tra le mani e subito li agitano nelle nostra direzione. Con ogni evidenza sono prostitute e con ogni evidenza scontente di vederci.
E’ per questo che ci è stato consigliato di andare al mattino.
-Lasciamo stare- faccio a S.- dai, diamo fastidio- S. tira diritto.
Le donne sembrano sempre più irritate, lanciano frasi in uno slang incomprensibile ma con un tono comprensibilissimo.
-Lasciamo stare- ripeto - vengo io domani mattina a prendere i volantini-
Ma S. li vuole ora.
Devo confessare che io subisco il fascino di S. come ogni altro vivente, dirle di no mi è praticamente impossibile. Ma l’aria è brutta, mi irrito per la sua testardaggine.
Le sibilo:- Guarda che possiamo sostenere il WWL anche senza farci menare dalle puttane di New York-
Loro, le puttane, vengono nella nostra direzione sempre più minacciose.
Io tento di fermare S., ma lei tranquillamente si dirige su una delle più arrabbiate. E’ una piccoletta nera, tutta muscoli e uno sguardo furioso.
Attendo l’ineluttabile, ma S., sorridente, serena, con la sua grazia solita, si china verso di lei dalla sua sovrana altezza e con entrambe le mani le prende le sue, che tengono un grande fiore arancio e gliele stringe e intanto nel suo inglese disincarnato le dice con calore:- You are so wonderful, so, so wonderful!-Sembra la regina d’Inghilterra.
La piccoletta è immobile, la guarda come incantata e intanto S. sale rapidamente i tre scalini ed entra nell’ufficietto. Io la seguo senza parole.
Quando usciamo le donne non fanno quasi più caso a noi e S. stringe tra le mani il pacco di volantini.
Ineffabile.
Per anni tra amiche abbiamo continuato a chiamare le prostitute “le so wonderful”.
S. aveva un compagno, G. poi divenuto suo marito, poi il suo ex marito e dopo un successivo matrimonio di S., il suo amante.
Era bello come e più di lei, e apparteneva al tipo del ragazzaccio. Anche il ragazzaccio è un tipo interessante, un giorno ve ne parlerò. Per ora vi anticipo solo che una coppia formata da una ineffabile e da un ragazzaccio è mi-ci-dia-le.
mercoledì 22 agosto 2007
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A me 'ste ineffabili non stanno tanto simpatiche!Credi che, oltre ad essere ineffabili, siano anche affidabili?
RispondiEliminaLa tua fedele lettrice Anna :)
Io delle ineffabili invio solo quello che tu hai chiamato "la calma olimipica"! Che bello! Per il resto ha ragione Anna, non e' che siano tanto simpatiche!
RispondiEliminaRagazze, anch'io non ci capisco nulla di computer e mi appoggio sempre al marito informatico. Per entrare sul BlogBabel bisogna segnalare il blog su:
http://it.blogbabel.com/metrics/add/
Anzi, sai che faccio, una botta di iniziativa e vi segnalo tutte e due (tu ed Anna)! Va bene?
Ciao, simpaticissima Marina!
@ Artemisia e Anna
RispondiEliminaCome direbbe mia figlia "ho smaltito"! C'è stato un black out di un paio di ore tra me e il mio blog.
Panico vertiginoso.
Circa le mie amiche ineffabili, vi giuro, se non temessi di infastidirle metterei la mia vita nelle loro mani. ;-))
Grazie per la segnalazione su BlogBabel,sono proprio contenta. che cosa accadrà poi? Mi si vedrà al TG3?
@ Artemisia: volevo chiederti già da tempo il motivo della scelta del nome Artemisia: è proprio il tuo? Io ho letto il bellissimo "Artemisia" di Anna Banti. Che donne splendide, entrambe!
imparziali abbracci ad entrambe
ciaomarina
Arte,
RispondiEliminasei una stella! Fallo tu,grazie, io neanche ci provo. Poi ci guardiamo tutte sul TG3!!!
Marina, la tipa che durante la carica della polizia va a comperare il mangiare per i gatti io l'avrei come minimo gambizzata...hahahahahahahah
@ Anna: ma come, ti dico che ha delle splendide gambe e tu me la vuoi gambizzare?
RispondiEliminala verità è che io adoro l'assurdo.