lunedì 4 febbraio 2008

primo inverno a Teheràn

E' stata Nazanin a richiamarmi indietro, con il suo post scritto a Teheràn mentre fuori c'erano trenta centimetri di neve...

Gli inverni freddi, nevosi, ma illuminati da una luce incredibile.
L’olio portato dall’Italia cristallizzava nei suoi boccioni. Capitava che l’acqua gelasse nei tubi. E la neve veniva giù con leggerezza e determinazione. Io odio il freddo, mi paralizza, mi toglie ogni energia, ogni voglia di fare. Ma quell’aria fredda aveva un tale vigore, una pulizia così frizzantina che un’eccitazione si impadroniva di me. E la montagna dietro la casa era così bella, così imponente e così misteriosa nel suo altissimo bianco. Buck poi impazziva! Trottava frenetico nel giardino, ispezionando ogni centimetro quadrato con il naso sepolto nella neve.
Ricordo il silenzio che raccoglieva la città, il suono dei clacson che diventava lontano, e il grido sulla strada fuori del cancello: barfì, barfì.
La prima volta lo sentii da Zahra. Afferrò il chador e con i piedi nudi nelle sue ciabattine rosse si precipitò al cancello correndo agile sulla neve. La seguii con molta più cautela. Uscite sulla strada, mentre rabbrividivo di freddo, lei lanciò il suo grido, alla sua destra e alla sua sinistra: barfì, barfì! Attirò così l’attenzione dell’uomo baffuto e ridanciano che, impugnando una grossa pala, percorreva le vie del quartiere per alleggerire i tetti delle ville- piatti e perciò vulnerabili- dal peso della neve. In un attimo lo reclutò e salito sul tetto l’uomo cominciò a gettare dall’alto nel giardino palate e palate di neve, mentre da sotto Buck abbaiava a quella pioggia bianca.
Intanto Zahra gli preparava il tè. Lo bevemmo in giardino, in piedi nella neve, perché già da altre case arrivava il grido di richiamo: barfì, barfì! Prese i suoi soldi e se ne ripartì, stivaloni, pala e vigore, verso altri tetti.

Ma ho anche un ricordo diverso, il ricordo di una serie di terribili arrabbiature che mi procurava il proprietario della villa. Uomo ricchissimo, vecchio, arrogante, che considerava i suoi inquilini come una specie di sudditi. La consegna che voleva far passare era: pagate e tacete, siete ospiti appena appena tollerati. La cifra che la Exxon pagava per la nostra casa era enorme ma quell’uomo era di una avidità e di una avarizia sconcertanti. La grande caldaia che doveva riscaldare la casa era vecchia, difettosa, mal funzionante. Spessissimo si rompeva. Avrebbe dovuto essere sostituita o almeno revisionata da un tecnico. Lui invece rifiutava la prima ipotesi e quanto alla seconda gli appariva ancora troppo dispendiosa e preferiva che fosse il vecchio giardiniere a tentare di far ripartire la caldaia. Si ruppe più volte, in pieno inverno e alla fine esasperata gli dissi al telefono che avrei provveduto personalmente a far riparare la caldaia addebitandogli la spesa. Venne in ispezione. E nel locale della caldaia iniziammo, in inglese, una conversazione sempre meno amichevole e sempre più concitata. Cercavo di fargli capire che la caldaia, che avrà avuto i suoi trent’anni e cui i pezzi si staccavano, era ormai inservibile, che andava sostituita. Insistevo che io avevo una bambina piccola e non potevo andare avanti con continue interruzioni del riscaldamento. Era la quarta, quinta volta che restavamo per un paio di giorni senza riscaldameto nell’inverno freddissimo. Lui insisteva che la caldaia era inglese e questo gli sembrava un argomento definitivo. Ad un certo punto esasperata, indicando il groviglio di tubi più e più volte riattaccati, tenuti insieme da spaghi, cerotti, fili di ferro, esclamai che quella caldaia, inglese o non inglese, era più vecchia della sua dinastia! Older than your Dynasty! Non avevo intenzione di offendere né lui né la dinastia Palhavi. Volevo dire che l’origine di quella caldaia affondava nella notte dei tempi e, a rigor di logica, il mio non era un insulto, ma se mai un complimento. Soprattutto tenendo conto del fatto che invece la dinastia Palhavi, malgrado volesse presentarsi come prosecuzione di quella, gloriosa, di Ciro e Dario, era davvero recente.
Ma lui apparve come fulminato. Spalancò la bocca e sbarrò gli occhi. Non mi resi conto di che cosa lo avesse ridotto così e pensai subito che il mio inglese approssimativo mi avesse tradita. Forse non si diceva Dainasty, certo avevo sbagliato la pronuncia. Così, benché perplessa, ripetei la frase, tale e quale, ma pronunciando dinasty, così come lo scrivo. Ma i suoi occhi si facevano sempre più minacciosi, era rosso in viso, pensai anche che gli sarebbe venuto un infarto. Così tornai al dainasty e subito dopo, non ottendendo un miglior risultato, di nuovo dinasty. Sembrava un ritornello. Finché lui si sbloccò e proruppe in una violenta protesta gridandomi in faccia che guai a me se avessi di nuovo insultato la dinastia del suo Imperatore e lanciando una minaccia per niente velata- “Questa mia frase poteva essere da lui riferita in alto, molto in alto”-abbandonò il campo. Da molto, molto in alto nessuno si occupò di me ma neanche della caldaia che non fu cambiata e continuò a farmi penare negli inverni che passai a Teheràn. Comprammo diverse stufette elettriche e scovammo un tecnico, se non molto esperto, almeno fantasioso, che riusciva ogni volta a farla ripartire. Da allora il vecchio Bachtiari, che per principio non aveva simpatia per i suoi inquilini, mi divenne nemico. Io lo ricordo con altrettanta e per niente cordiale antipatia.

4 commenti:

  1. Brrr...sei riuscita farrmi sentire freddo, con i piedi nella neve, la casa gelata e quell'odiosissimo personaggio.

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  2. Ciao Marina! Leggendo il tuo post, mi viene in mente che davvero, come suol dirsi, ogni mondo è paese. Se vuoi riprovare l'ebrezza di quell'aria frizzante e quella pulizia cristallina, basta fare cento chilometri e venire a L'Aquila: qui alzi gli occhi e le montaghe innevate levedi tutt'intorno e ,per la neve, bastano 10 minuti di auto. Il padrone di casa mi ricorda il mio di tanti anni fa: zitta e paga, la casa è mia, se vuoi migliorie te le fai a spese tue e baciami i piedi, visto che ti consento di stare, a caro prezzo, a casa mia. Con lui parlavo in italiano, ma l'incomunicabilità era la medesima. Per fortuna sono andata via da casa sua prima di attuare i piani omicidi che architettavo di notte.
    Non ho mai pensato di parlargli di dinastie, avrei potuto farlo,chisà, magari gli sarebbe venuto un coccolone :-)
    Un bacio....
    Anna

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  3. Ce lo farò un salto dalle tue parti. Quanto ai padroni di casa penso che io sarei pessima ;-)
    ciao marina

    cristina perdono, lo so che il freddo non ti piace!
    ciao marina

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  4. Che racconto affascinante. Avrei voluto proseguisse

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