giovedì 21 febbraio 2008

Platone e il taglia e incolla

L'idea di questo post mi è venuta ieri pomeriggio a seguito di una minuscola querelle, tra Julo e me, sull'attribuzione di paternità di un citatissimo aforisma: Siamo come nani sulle spalle di giganti.
Questa notte credo di aver trovato la risposta, che dà ragione a Julo. L'aforisma è attribuito da John of Salisbury a Bernard de Chartres. Ho dovuto ripercorrere, passando attraverso centinaia e centinaia di citazioni, le 280 pagine di un libro tutto dedicato a questo aforisma. Che, a questo punto, ho deciso di cancellare dalla mia memoria e dalla mia vita stessa!
Ma il lungo cammino dell'aforisma, di cui, nel corso dei secoli, si è attribuita la paternità ad una infinità di personaggi, preesistiti a, contemporanei o successori di Bernard de Chartres, in testi tutti ampiamente "rilavorati" da commentatori e copisti, mi ha ricordato un libro di Raffaele Simone, Professore di LInguistica Generale alla Università Roma Tre. Una parte del libro è dedicata al modo in cui si tratta un testo.

Questo post tratterà il testo del Professor Simone, alla maniera che il Professor Simone considera lesiva della sua integrità.
Infatti ne ho scelte delle parti, mentre altre ne lasciavo cadere, le ho collegate a mio piacimento, vi ho inserito mie considerazioni, le ho modificate leggermente. Insomma ho trattato il suo libro come se fosse mio.







Si va a cominciare.


La lettura di libri è pratica decrescente. Questo è purtroppo confermato da decine di ricerche.
Da tempo-di fronte allo sviluppo della informatica come supporto per testi scritti- ci si domanda se l'oggetto libro abbia ancora un futuro.La domanda è ormai stucchevole.
C'è infatti una domanda più inquietante da porci ed è: quale sarà il futuro del testo ospitato dall'oggetto libro?

Il testo è considerato dall’Ottocento come una entità chiusa e protetta rispetto ad interventi esterni. Ma per crearsi questa idea di testo la cultura europea ha impiegato più di un millennio, passando attraverso momenti di interpolazione e momenti di filologia.
Intendendo i momenti interpolativi come periodi in cui il testo viene trattato come un corpo che può essere tranquillamente penetrato, e i momenti filologici come quelli in cui il testo è preservato nella sua intangibilità e trattato con rispetto e perfino con venerazione.
Oggi siamo forse in un momento di passaggio dal filologico all' interpolativo.


Un lettore colto della mia generazione, nel prendere in mano un libro, fa una serie di presupposizioni, senza neanche esplicitarle a se stesso.
1- il testo ha un autore che è un soggetto giuridico, è cioè responsabile del testo. Lui solo può dire quali sono le parti dovute a lui e quali quelle di altri, e quando il testo è finito. Egli solo può modificarlo, manipolarlo, trasformarlo, copiarne parti per altre sue opere, distruggerlo o rifiutarlo, ritirandogli la sua pater-mater-nità..
2-l’autore ha però il dovere di completare il testo. Di darlo al lettore compiuto “ne varietur” dicono i filologi. Naturalmente la morte può impedire all’autore di terminarlo ma questo deve essere denunciato nel libro.
3-il testo deve essere originale. L’autore può aver tratto ispirazione da altre opere, ma deve averle rielaborate e se ne riporta parti nel suo lavoro deve citarne la paternità.
Il plagio è un reato quasi ovunque e anche dove non lo è, è comunque considerato dai lettori una inadempienza grave che riversa sul testo ogni tipo di sospetti.
In pratica noi siamo cresciuti con la convinzione che ogni lettore è libero, di fronte al testo, di interpretarlo , ma solo attraverso un atto immateriale, perché il corpo fisico del testo non si tocca.

All’inizio solo i testi sacri erano dotati di inviolabilità, poi questa, attraverso i secoli, si è trasferita ad ogni testo.
E il libro, l’oggetto materiale che accoglie il testo, si è conformato a questi presupposti.
Vi si riporta infatti il titolo, il nome dell’autore e, proprio per indicarci un eventuale rimaneggiamento dell’autore, l’anno in cui è stato chiuso.

L’invenzione della scrittura ha reso il testo più stabile, meno manipolabile.
Ottima cosa, diremmo noi.
Ma Platone, che visse nel momento storico di passaggio dalla oralità alla scrittura, diffidava di questa nuova condizione del testo.
Nel Fedro egli manifesta una serie di preoccupazioni. Quella più nota è relativa alla perdita della memoria umana. Ma ce n'è un’altra relativa proprio alla natura del testo.

Quando il filosofo svolge il suo pensiero oralmente, dice Platone, lo può sempre difendere dalle interpretazioni errate o mistificanti di chi lo ascolta. Egli può spiegarlo ulteriormente, chiarendolo e respingendo così ogni tentativo di modifica.
Ma il testo scritto, dice Platone, non può più essere difeso. Esso si avventura, tutto solo, nelle mani di ogni persona, che può interpretarlo come vuole ed arrivare a stravolgere il significato che il filosofo voleva dare al suo pensiero.
La stabilità del testo per Platone è un pericolo. Sembra paradossale ma Platone lo spiega così: se il lettore ha un dubbio, il filosofo non è là a dissiparlo, il testo è muto nelle sue mani di lettore ed egli può dare ai suoi dubbi le risposte che vuole. Il testo così può anche morire perché non è più vivificato da successive parole del filosofo. Per Platone il testo scritto ha una inferiore ricchezza espressiva rispetto a quello orale. Infatti il filosofo ha in sé, nella propria mente, “molte altre cose di maggior valore rispetto a quelle che ha composto o scritto”.
Conseguenze meno gravi ha la scrittura di testi diversi da quelli filosofici.
Infatti lo scrittore di leggi, o il compositore di discorsi, compie un lavoro diverso dal filosofo “egli rivolta le sue cose in su e in giù per molto tempo, incollando o togliendo una parte rispetto all’altra.”
Platone dice esattamente incollando κολλαω e togliendo αϕαιρεω.
È evidente che si tratta proprio del nostro taglia e incolla.
Secondo Platone trattare così un testo è una pratica “terribile”.

Questa pratica terribile si riscontra nei laureandi alle prese con la compilazione della tesi. Essi sembrano considerare i testi che consultano come testi disarticolati, da cui si copia e in cui si può interpolare.Vecchia pratica, direte voi. Non proprio.
La differenza rispetto agli studenti di una volta è che oggi la pratica non viene nascosta ma considerata del tutto legittima e naturale.

Il pendolo si sta spostando di nuovo da un atteggiamento filologicoad un atteggiamento interpolativo .

Alcuni segnali lo confermano.
-I non-libri, cioè l’imponente diffusione di raccolte di frasi, brevi storie, citazioni, battute, barzellette, motti celebri. La caratteristica comune è che non hanno UN autore, ma molti e diversi, spesso anonimi.

-le opere cosiddette di consultazione; esempio perfetto i manuali per l’uso di programmi per computer: fatti non per essere letti di seguito, ma consultati e poi ‘aggiornati’ di continuo, spesso anonimamente mentre evolve il programma stesso.

-il libro-game, il libro elettronico e i libri interattivi, nei quali il lettore può entrare e scegliere la soluzione che preferisce tra quelle messe a disposizione dall’ autore. (Autore?)
-le enciclopedie collettive (Wikipedia per tutte)
Il solo tipo di testo che resiste è il testo giuridico e normativo (leggi, regolamenti etc)

Piccolo esempio di testo interattivo.
Ho acquistato un libro di Nanni Balestrini: Tristano UY4892 Copia Unica.
Che cosa ha fatto Balestrini? Ha montato in ordine, ogni volta diverso, capitoli e paragrafi del suo libro traendone qualche migliaio di copie diverse (la mia è la n. 4892). Umberto Eco ha plaudito a questo esperimento, consigliando al lettore di comprarne più copie e scegliere la preferita.
A me è bastata la mia. Non solo è assolutamente incomprensibile, ma è oltremodo irritante. L’idea che lo sperimentalismo si spinga così in là, mi sembra inutilmente provocatoria. Secondo me c’è un punto di equilibrio per le provocazioni letterarie e passa attraverso l'impegno e la fatica dell’autore. Cioè attraverso la sua creatività. Non credo proprio che Balestrini abbia speso del tempo o della fatica creativa nel suo copia e incolla. Ma forse sono solo una vecchia lettrice. Comunque aver speso 15 euro per un testo che, se ci voglio capire qualche cosa, debbo ricostruire da me, mi dà parecchio fastidio.
Meno male che esiste il bookcrossing!

Ma torniamo alle nostre riflessioni.
Il mezzo materiale su cui si fissa il testo determina in grande misura la nostra concezione intuitiva del testo stesso. Più la sua natura è compatta, stabile, più esso ci appare chiuso.
Il computer è l’emblema stesso del testo aperto; esso diviene immateriale, in un certo senso addirittura virtuale, indefinitamente aperto.
Chiunque vi può intervenire, tagliando, inserendo, spostando blocchi.
Il testo perde così la sua paternità, aggredito da questi predatori del corpo del testo. La classe colta europea sta perdendo poco a poco la “coscienza del testo” e sta tornando alla vecchia idea che il testo possa essere toccato e modificato da altri. San Bonaventura citava figure diverse nei confronti del testo: il copista (che è fedele), il compilatore (che modifica l’ordine), il commentatore (che aggiunge ciò che gli sembra necessario) e l’autore (che scrive “quanto conosce...per proprio conto”). Quest’ultimo non è per lui più degno degli altri.
Del resto, "il modo di lavorare dell’intellettuale scolastico si fonda su una gigantesca industria di manipolazioni testuali."

Stiamo tornando a San Bonaventura? Così sembra.

A questo punto la domanda è: di chi è questo post?

24 commenti:

  1. Interessante questo post. E devo dire che ad una prima lettura mi trova concorde. Mi prendo nota del libro e lo metto nella lista della spesa.
    Però mi ha fatto sorridere quando definisci (tu o Simone? o è s.Bonaventura?) il copista come 'fedele'. Questo nella teoria, ma nella pratica....
    ;-)
    Pace e benedizione
    Julo d.
    PS: non ho capito se cancelli dalla tua memoria l'aforisma o il libro sull'aforisma (o entrambi) ;-)

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  2. Marina, ho divorato questo post! Interessantissimo...
    Mi ha incuriosito molto l'esperimento 'letterario' di Balestrini. Faccio qualche riflessione, se me lo permetti.
    Parto dalla 'teoria del simulacro' di Benjamin: la tecnica permette di creare infinite copie di un'opera d'arte. Ciò comporta un allontanamento dall'originale, e allo stesso tempo un avvicinamento dell'arte al pubblico. L'arte perde così quell'aura di difficoltà d'accesso che originariamente la caratterizzava. L'arte si democratizza, insomma.
    Cosa fa, invece, il Balestrini? Il movimento contrario: allontana l'opera dal pubblico. Perché ha ragione Eco, una copia non basta, non ha senso, è un frammento una scheggia. Il senso questo libro ce l'ha se ricollegato all'idea che l'ha generato. In teoria, bisognerebbe possedere tutti i libri del Balestrini... ed ecco che siamo nell'impossibile, nell'inaccessibile.
    ...
    Che poi, secondo me, 'sto Balestrini è un furbo che ha fatto del suo libro un oggetto di consumo in 'edizione limitata'. In fondo di quello che c'è scritto non frega niente nemmeno a lui, in quanto ciò che vende non sono storie e parole ma solo una 'cosa'.
    ...
    Scusa il pippone, Marina!
    :-)
    V

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  3. Hai ragione Julo, avrei dovuto scrivere"il copista, teoricamente fedele". Cancello il libro,leggerlo è un azzardo, ma rileggerlo è stata pura perversione:-)
    ciao marina

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  4. Ma quale pippone Valentina! Hai detto delle cose interessantissime.
    In effetti Eco propone in alternativa di considerare che la propria unica copia ha scelto noi, come Dio ha scelto per noi il migliore dei mondi possibili.
    La teoria del simulacro non la conoscevo, forse la uso arbitrariamente, ma mi viene da dire che con questa operazione Balestrini(meritevole per tante altre spericolate operazioni letterarie)ha moltiplicato la difficoltà di accesso alla sua opera. Ma è come dici tu: operazione di marketing. Ci sono caduta come un pollo!
    ciao marina

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  5. Guarda che quella di rileggere alcuni libri è una perversione in cui cado anch'io. E certe volte ci godo anche ;-(
    E non sto parlando di libri che mi sono piaciuti (quelli li rileggo n-volte) o che 'devo' rileggere, ma proprio di quei libri che non mi sono piaciuti e/o che non ho capito e/o che mi hanno fatto inca**are!
    Che ci sia in me una vena di masochismo?
    ;-)

    Pace e benedizione
    Julo d.

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  6. Scusa se ritorno. Sono al lavoro e quindi non ho la mia biblioteca sottomano, ma "La terza fase" non era anche il titolo di un libro sul femminismo della Betty Friedan?

    Pace e benedizione
    Julo d.

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  7. Penso che sia The second Stage, alla terza ancora non ci siamo arrivate ;-)
    Ma che esiste in italiano?

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  8. Quando torno a casa controllo, poi ti faccio sapere.

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  9. L'ho già scritto da qualche parte, ma il problema è la velocità. Nell'assurda esigenza di velocità di questa società mercatocentrica la profondità (o la creatività) spariscono a favore di un più pratico e veloce collage. Si pubblica il più possibile, più spesso possibile e lo stupore che crea lo sperimentalismo sterile di Balestrini è l'unica cosa che può far sì che l'attenzione venga attirata su un libro piuttosto che su un altro. E' pure provocazione funzionale alla vendita.
    E la teoria di Benjamin era buona come riflessione qualche decennio fa, quando era in atto un importante cambiamento che è ormai stato assimilato ma che ancora ci propinano in tutti i corsi universitari.

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  10. Marina, non ce la faccio a leggerlo tutto e poi sono argomenti per voi intellettuali.
    Io sono più prosaica, ma ti voglio bene lo stesso :-)
    Sono un po' gelosa di julo che sta catturando troppo la tua attenzione :-))
    Ma un bel post pecoreccio per noi comuni mortali?
    Vuoi aggregarti a me e Banana?
    Baciiiiiiii...........
    Anna

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  11. E' vero. Ho cominciato ad avere a che fare con questa riflessione leggendo il "Manuale di Editoria Multimediale" di Valerio Eletti.

    Il fenomeno, un po' come tutte le cose, può assumere degli aspetti positivi e degli aspetti negativi.

    Così come si perde il pensiero di base, il contenuto originale del testo, o come si perdono una certa chiarezza, fluidità e persino stile d'altra parte possono nascere nuove interpretazioni, argomenti, riflessioni, idee alcune delle quali anche buone o migliori di quella originale magari.

    Probabilmente ha ragione Guccia, è la velocità il problema.

    Credo che sia quell'uso del copia ed incolla in maniera superficiale e sconclusionata che non lascia spazio alla costruzione di nuove forme ma ad un semplice compitino improvvisato conforme alle esigenze consumistiche usa e getta che impediscono l'espressione anche di quei lati positivi.

    Ad ogni modo mi piace che il testo sia originale ed esprima ciò che l'autore pensa e che vuole comunicare.

    Probabilmente Platone non aveva tutti i torti e farsi una chiacchierata faccia a faccia continua ad essere uno dei migliori modi di farlo.

    Ciao Marina

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  12. Non preoccuparti Anna, ti esento!
    Ormai ho preparato quello di domani, un po' lunghetto e pesantuccio anche lui ;-((
    però prometto che poi passo al cazzeggio, va bene?
    ciao marina

    Ciao D, questo Manuale che citi mi intriga, ma mi suona molto costoso, non so perché. Vedrò...
    Potremmo rilanciare i cenacoli per le chiacchierate...
    ciao marina

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  13. Non può essere che tuo.
    Ora so perchè ho aperto un blog.Per incontrare persone come te.

    Cristiana

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  14. vorrei fare un precisazione : di solito i testi sacri csono..inviolabili solo formaslmente, in realtà a parte quelle religioni che ne impongono la lettura personale come il protestantesimo, i testi sacri, a partire dalla bibbia e dal corano , sono da sempre soggetti al tagli-incolla dei predicatori che ne estrapolano dei brani e poi li commentano per supportare le proprie tesi. sappiamo benissimo che, in questo modo, puoi far dire a qualsiasi testo ciò che vuoi e se fai una piccolainchiesta ad esempio tra i cattolici scoprirai che il 99% non ha mai letto la bibbia e la conosce solo per sentito dire, dai commenti ascoltati in chiesa!

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  15. comunicazione privata, tanto che sono qui:poi sabato dammi notizie di rosolina, ma vedrai che è solo la conseguenza delle sue strane...escursioni

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  16. Eccomi, dopo aver cenato, lavato i piatti (accordi prematrimoniale: siccome a nessuno dei due piaceva farlo e la lavastoviglie ci è sempre sembrata un simboo del consumismo, a mezzogiorno li lava lei e alla sera io), adesso posso rospondere.
    Penso che i figli abbiano sempre più ragione a chiamarmi Alzy (per via dell'età che avanza). Ho controllato ed ecco i dati:
    Betty Friedan
    La seconda fase
    Edizioni di Comunità, Milano 1982
    (come vedi è anche stato tradotto)
    Da dove mi veniva questa "terza" fase? Che sia un desiderio-auspicio?
    ;-)
    Pace e bendizione
    Julo d.
    PS per Anna: rientro nei ranghi e cercherò di essere meno invadente. Mi cospargo il capo di cenere.

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  17. Credo di avere la febbre o magari un vuoto neuronico che mi fa rimanere attonita davanti alla tua affermazione: "il pendolo si sta spostando di nuovo da un atteggiamento filologico ad un atteggiamento interpolativo".
    Bip bip il mio cervello ha perso il segnale, non sa più cosa sta leggendo, non capisce poverino.
    Più che altro mi sa che si sta vergognando del differente tenore culturale tra il tuo ultimo post e il mio...ai posteri l'ardua sentenza!
    Baci perplessi
    Banana

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  18. Io che filologo proprio non lo sono né di fatto né di mestiere di questo tuo post ho capito tutto: complimenti a chi l'ha scritto (ritengo con certezza Marina) e anche complimenti a me che sono riuscito a leggerlo e a capirlo.
    Dissento con Platone: e ci mancherebbe che Teppista non dissenta con qualcuno! Dissento sul concetto di "taglia e incolla" che, per garantire la "consecutio temporum", deve, in alcuni casi, essere applicato per rendere leggibili dei testi buttati giù così d'acchito. Certo che se un filosofo non è in grado di esprimere sequenzialmente il proprio pensiero che filosofo è ? Sarei più propenso a ritenere scellerato il "copia e incolla" che in alcuni casi trasforma lo scrittore in un autopoliplagiatore. Ne ho letti di libri dove credi di aver sbagliato "tomo" dello stesso autore: se ne ho letti !
    Forse Platone fu anche il precursore del "blog": dove lo scritto, inizialmente granitico e indiscutibile, diventa parola migliorando se stesso per mezzo dei commenti: ma, chissà, forse stiamo andando un pò troppo in la.

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  19. @ Banana, non è un vuoto neuronico! E' che per la paura del laico con motosega hai saltato qualche riga, perché l'avevo spiegato il significato dei due termini! STUDIA DI PIU' :D

    @JULO, grazie per l'informazione, senza voi diaconi noi femministe saremmo perdute ;-)

    @Paola dei gatti, diciamo che teoricamente in quanto sacri Bibbia ecc. dovrebbero essere intangibili. Poi si sa come va il mondo(e le chiese!)

    @teppista di che cosa ti occupi? Oltre ad essere in disaccordo, intendo ;-)

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  20. Ciao Marina,

    no, il manuale non costa molto, ma con il progredire rapido della tecnologia certi aspetti cominciano ad essere superati, anche se le analisi storiche, tecniche e sociologiche sono ottime riservando anche delle curiosità.

    Mica male l'idea dei cenacoli per le chiacchierate...

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  21. Ciao Marina,
    Oltre, ovviamente, a essere costantemente in disaccordo anche con me se stesso, le necessità vitali mi obbligano a fare il "tennico". Di quelli che si occupano di macchine che dovrebbero sostituire l'uomo nel lavoro quotidiano e che dovrebbero decidere se la corrente viene di qua oppure di là o da su oppure da giù. In due parole: il black-out del 2003 è stato anche un pò per colpa mia: poco però. Mica per scelta, ovviamente :-)

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  22. Ciao teppista, volevo solo informarti che la "corrente" viene da dentro ;-) Tu sembri averla bella alta...
    ciao marina

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  23. è forse questo il libro che hai compulsato?
    robert k merton, sulle spalle dei giganti, il mulino

    la sua è una ricerca alle origini della conoscenza. un percorso difficile e fatto in modo molto personale. quasi un quaderno di appunti

    io tengo sottomano l'aforisma (uso quello di newton): "se ho visto più lontano, è perchè stavo sulle spalle dei giganti" come promemoria del fatto che gli schemi interpretativi del presente devono molto a quelli del passato
    e del fatto che effettivamente oggi siamo un po' più nani rispetto ai giganti delle generazioni precedenti
    penso alla frammentazione dei nostri blog se confrontati cone le opus dei tolstoi, mann, jung ...

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Non c'è niente di più anonimo di un Anonimo