giovedì 14 febbraio 2008

la solitudine dei numeri primi



Ho terminato ieri sera “La solitudine dei numeri primi” di Paolo Giordano edito da Mondadori. Capita raramente di poter dire di un autore giovane, alla sua prima prova, che è stilisticamente maturo, ma Giordano lo è e il suo libro è come un regalo, inaspettato, alla nostra voglia di letteratura.
Questa è dunque un’ opera prima che non sembra un’opera prima.
Per diverse ragioni. Innanzitutto per la scrittura che è matura, ricca, elegante, personale. Ed insieme esatta,misurata, pulita. E poi per la scelta del tema. Niente ego-centrismo, niente autoreferenzialità, nessun piccolo mondo esperenziale.

I protagonisti di questo romanzo sono Mattia ed Alice, due bambini coetanei la cui vita viene segnata dal disagio e dal dolore. Alice a sette anni si spezza una gamba frequentando la scuola di sci che il padre le impone. Mattia ad otto anni, per sottrarsi all’imbarazzo che gli procura la sua presenza, lascia la gemella Michela, una bambina handicappata, ad attenderlo in un parco mentre si reca ad una festa. Ma Michela scompare nel nulla. Divenuti adolescenti i due si incontrano. E ognuno riconosce nell’altro, silenziosamente, il segno lasciato da quel dramma lontano. Segno nel corpo, oltre che nell’anima. Infatti Alice, che da quell’incidente zoppica, quasi non si alimenta, nasconde e butta il cibo che le viene messo davanti; e Mattia si devasta le braccia e le mani di ferite con le quali si autopunisce. Sono loro i numeri primi, quei numeri che sono divisibili solo per uno e per se stessi, che in alcuni casi sono separati da un solo altro numero e allora si chiamano primi gemelli. Come l’11 e il 13, o il 17 e il 19. Numeri solitari, destinati ad essere simili, a sfiorarsi ma a non con-fondersi mai.
Paolo Giordano segue Alice e Mattia attraverso la loro vita, nei loro tentativi di uscire dal silenzio che li custodisce e nella loro ritrosia, e traccia la storia della loro amicizia e del loro affetto senza indulgere mai al patetico, senza concedere niente al sentimentalismo, ma senza rarefarli come insetti sotto la lente dell’entomologo.
Mattia e Alice sono osservati con uno sguardo perspicace ma affettuoso e raccontati con un'attenzione rispettosa.
Molti altri temi entrano nel libro, tic e smorfie della nostra società, e Paolo Giordano li tratta con attenzione e maturità, senza ridurli a cliché, ma senza eluderli.
Come la storia si snodi e in che modo termini non ve lo dirò. Spero davvero che vogliate leggerla di persona.

9 commenti:

  1. Deve essere bello, lo leggerò, ciao, Giulia

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  2. Lo farò. Non so quando sarò libera di farlo, ma lo farò.

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  3. Per essere un romanzo di un fisico teorico, sembra molto bello. Ne conosco diversi di fisici teorici (con uno ci ho vissuto quattro anni) e di solito come sensibilita' non vanno al di la' dei numeri. ;-)

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  4. Sono più cha mai decisa a leggerlo.
    Mi piace la tua recensione.

    Alessandra

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  5. senza farlo apposta, leggendo una recensione su questo libro, l'ho comperato...solo dopo ho saputo che era il vincitore del premio strega!

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  6. Le recensioni come il vento influenzano gli animi e le folle.
    Il potere dei media, della pubblicità, di una casa Editrice leader nel settore accresce un lavoro semplice e tiepido tanto da renderlo gioiello.
    Confesso la delusione, la bocca vuota ed il cuore appesantito dalla mancanza di pathos che ho cercato in ogni riga invano.
    Forse la sventura è stato leggere un attimo prima l'"Eleganza del Riccio"... lì c'è la catarsi pura, lì la scia del sentire e il pianto, il riso, il soffio di vita assoluto.

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  7. diciamo che la scrittura non è delle migliori...non sai mai che stai per leggere un dialogo ma lo capisci solo tornando indietro perchè l'autore ha deciso che forse le virgolette sono obsolete...
    a parte questo, io avrei per lo meno eliminato il personaggio di Denis, l'amico gay, che non ha fatto altro che aggiungere un luogo comune alla serie di luoghi comuni che già riempivano le pagine.
    all'inizio mi ha molto entusiasmata e non riuscivo a staccarmene ma poi perde consistenza.
    possibile che nessuno dei due riesce mai a stabilire un vero contatto?possibile che non si sentono per tantissimi anni? non cambiano mai , neanche un pò e questo è quasi impossibile nella natura umana!
    non si sa cosa hanno fatto nei continui buchi neri di tempo che l'autore ci regala...i genitori sono sempre fantasmi silenziosi.
    la sorella intravista da alice ...era lei o no?perchè non lo ha almeno accennato a Mattia?o non ha provato a contattarla?
    l'autore ha corso un pò troppo...c'erano cose che andavano tagliate e altre che andavano approfondite. non può farci affezionare a dei personaggi e poi correre per arrivare a finire il libro il prima possibile...
    il finale è stato una delusione assurda.
    mi sono resa conto che stava finendo il libro perchè mancavano due pagine ma io ero immersa come se fossi a metà libro.
    una chiusura troppo brusca...come dire:"ecco..bravi, avete comprato il libro, la storia è così e i personaggi sono questi e adesso ciao che ho fretta!"
    io le virgolette le ho messe!!!

    p.s.la copertina è la stessa della locandina del film La meglio gioventù...e dajeee..almeno quella!

    Clau

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  8. www.thespacebetween.it
    Voto 2/10 Questo libro è veramente brutto, è bene metterlo subito in chiaro. Esaminiamo, punto per punto, gli aspetti poco convincenti di questo romanzo.

    La trama è veramente pessima e lacunosa; non ricordo nulla di tanto patetico e vuoto dai tempi delle telenovelas di Grecia Colmenares. Giordano approccia al libro come un neofita della cucina ai fornelli: non sceglie con cura gli ingredienti, non dosa le misure, non usa i tempi giusti. Il risultato è un pastone dei tempi moderni; ci vengono proposti in modo orticantemente patetico e disordinato tutti i luoghi comuni della nostra società: l’emarginazione, l’incapacità decisionale, il bullismo giovanile, l’anoressia,l’omosessualità, la personalità border line, il rapporto di coppia non appagante, la difficoltà del ruolo genitoriale e chi più ne ha più ne metta. Una puntata di Lucignolo non sarebbe riuscita a condensare tanta banalità tutta assieme. Notevole sforzo di sintesi.

    La caratterizzazione dei personaggi è perfino peggio della storia. Non c’è introspezione, Giordano sembra conoscere la realtà in modo indiretto. Il libro non sembra scaturire da esperienze personali, per definire i personaggi fa un uso selvaggio di copia/incolla apponendo sciattamente stereotipi presi un pò qui e un pò lì; il risultato è un buffo vestito di arlecchino per nulla convincente. Le parole non sembrano nemmeno figlie di un mondo interiore. La storia della letteratura è ricca di capolavori scritti da prigioni di emarginazione: Bronte, Dickinson, Leopardi, solo per citarne alcuni, ci hanno regalato pagine intense arandosi dentro. Giordano invece ci regala pagine vuote come un foglio intonso, non usa il Teorema 0 della buona letteratura: mai parlare di ciò che non si conosce (o che non si vive). Poco autentico.

    La scrittura, per quanto ripetitiva, è scorrevole. Il libro si lascia leggere e questa è il suo peccato più grave; se ci fosse stato qualche disincentivo alla lettura avrei evitato di perdere tempo in una lettura sterile ed inutile. Sebbene alcune metafore e similitudini siano molto belle, evocative e di grande impatto perdono subito la propria vis per via del contesto arido in cui sono inserite. Alla lunga, poi, il ricorso alle similitudini fisico-matematiche risulta fastidiosissimo.

    Possibile che per parlare di disagio ed emarginazione si ricorra sempre al caso umano? Questa volta, poi, i casi umani sono addirittura due e le loro vite subiscono una strana attrazione magnetica ed empatica(ma che combinazione!!!). Terribile. Il disagio si insidia nella normalità del quotidiano, se ne può parlare senza ricorrere alla storia di candy candy e Jack lo squartatore. Immaturo, da un quasi trentenne mi aspetterei maggiore spessore. Mi viene il solito dubbio che qualcuno ci stia prendendo per fessi. Basta una storiella insulsa ed un pò di pubblicità per far diventare un libro vuoto un successo editoriale? Evidentemente si. Usando un linguaggio matematico potremmo dire La solitudine dei numeri primi sta alla letteratura come Lucignolo sta al mondo dell’informazione

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  9. Mi scuso con Clau e con Ciro per non aver ancora risposto alle loro osservazioni sul libro La solitudine dei numeri primi. Vorrei dare una risposta meditata marina

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