Per un po' riesco a tenere riservato per un' amica ritardataria il posto accanto al mio, ma debbo poi cederlo ad un’anziana signora che, mentre sposto le mie cose dalla sedia, non riconosco. Mi ringrazia sorridendo e allora ho un soprassalto di lucidità: è Carla Capponi, partigiana. Se qualcuno non sapesse di chi si tratta, ecco in poche parole chi era Carla Capponi.
Quando entrò nella Resistenza romana, subito dopo l’8 settembre del ’43, aveva 22 anni e da subito fece capire chiaramente che le funzioni di sostegno e appoggio generalmente affidate dai suoi compagni alle donne, le andavano strette. Infatti, poiché questi non volevano dotarla di un’arma, se la procurò da sola rubandola di dosso ad un milite della Guardia Nazionale Repubblicana (la superpolizia del partito fascista) su un autobus affollato. Originale borseggiatrice! Combattè tra le vie Casilina e Prenestina contro le colonne tedesche che si dirigevano su Cassino. Combattente con il grado di Capitano, fu tra gli organizzatori e gli esecutori dell’attentato di Via Rasella contro un contingente dell’esercito tedesco. L’attentato fu poi preso a pretesto dai tedeschi per attuare la feroce strage delle Fosse Ardeatine. Tutta la sempre risorgente, pretestuosa polemica sul rapporto causa effetto e quindi responsabilità (!) tra attentato di via Rasella e strage delle Fosse Ardeatine, esula dal mio racconto, come spero esuli da voi. In seguito fu parlamentare del PCI e attivissima nelle battaglie delle donne. Scrisse un' autobiografia che chiamò, molto intenzionalmente, “Con cuore di donna”. Fu decorata di Medaglia d’oro al Valor Militare. Questa Claudia Capponi mi si siede dunque accanto. Ha i capelli candidi, raccolti intorno al viso delicato, è vestita di nero ed è molto elegante, di un’eleganza vecchia maniera e molto personale. Minuta, forse anche per l’età (aveva all’epoca 76 anni). Un pezzetto di storia è seduto accanto a me. Si tratta di un pezzetto di storia che mi riguarda molto da vicino. Anche mio padre ha combattuto nella resistenza ed è decorato di Medaglia d’argento. Quando incontro Carla Capponi è morto da tre anni ed io sto malaccio. La politica è uno dei ganci cui tento di attaccare la mia vita. Subito inizia una vera e propria processione di gente che si sporge per salutarla, che le fa cenno, che le indirizza brevi frasi. Lei sorride ora a questo, ora a quello, tranquilla, cordiale, vivace. I fotografi che girano nella sala le scattano delle foto. In qualche archivio di giornale sono sicuramente finita anche io, vicina a lei. Settantaseienne ma bella, senza ombra di smentita. Forse anche un po’ vanitosa.
È lei a rivolgermi la parola, come se ci si conoscesse già, da compagna a compagna. -Quanta gente! mi fa. -Devi essere arrivata prestissimo! -faccio segno di sì. -Posso guardarli?- e indica i giornali che ho posato sulle ginocchia. Muta le porgo i miei tre giornali. Li sfoglia rapidamente in cerca di percentuali e risultati regionali. -Mai vista una sconfitta così!- mi fa. So di dover dire qualcosa, ma non so che cosa. A dire il vero non mi sento neanche bene. La sala è troppo piena e fa caldo. La mia possibile via di fuga è ostruita da decine e decine di persone in piedi. Cerco di non pensarci e finalmente apro bocca. -Lei è Carla Capponi-. Affermativa, senza punto di domanda. Conferma sorridendo.- Medaglia d’oro al Valore militare.-le comunico nel mio tono piatto, un po’ burocratico. Le scappa proprio da ridere e mi allunga un colpetto sul braccio. -Dammi del tu e lascia stare la medaglia.- Mi butto come una cieca contro un muro. -Anche mio padre era nella Resistenza.- In quella stagione mio padre non lo nominavo mai, se non con mio marito e il mio psichiatra.- Si volta a guardarmi vivacemente. -A Roma? -Sì,credo.( Mio padre era di pochissime parole). -Forse l’ho conosciuto!- esclama. -Come si chiama? -Le dico il nome di mio padre. -No, fa sicura- Non l’ho conosciuto.- Poi torna al tono allegro. -Del passato ricordo tutto! Tutto! Ma del presente! -e ridacchia. -Quanti anni hai? mi fa. -Cinquanta. -Beh, vedrai. -Mio padre ha ricevuto la medaglia d’argento-dico io. Frase del tutto fuori tempo nella scarna conversazione. –Anche lui?- No- la correggo- non d’oro, d’argento.-Oh, fa lei, queste medaglie! Figurati che a me l’hanno data per il mio coraggio virile!- e ride. Il chiacchiericccio si spegne e la seduta penitenziale ha inizio. Fu interessante. Istruttivo. Divertente, persino. Qualcuno, non ricordo più chi, disse anche la parola “sfiga”, nella ilarità generale. Carla Capponi ascoltava con il mio stesso interesse. Faceva cenno di sì o scuoteva la testa. Dalla mimica direi che concordavamo su diversi punti. Ma forse è solo la mia immaginazione. Quando la riunione terminò una signora venne vicino a noi per accompagnarla fuori. Io ero già in piedi per evitare la calca all’uscita. Lei si alzò con scioltezza. Non so che espressione avessi in viso, ma mi sorrise con calore e mi disse: -Non prendertela così, nessuna sconfitta è per sempre.- Disse proprio così: Nessuna sconfitta è per sempre.
Banale, direte voi. Scontato. Retorico. Consolatorio. Assolutorio. Non per me. Primo: perché l’ha detto Carla Capponi. E secondo: perché l’ha detto a me.
Carla Capponi è morta nel 2000.
Vero che nessuna sconfitta è per sempre.
RispondiEliminaCome anche nessuna vittoria.
Nulla, nessuno è per sempre.
Cerco sempre di ricordarmelo.
Come pure il riuscire a valutare i gesti in base al momento storico.
Che bel racconto, e che bella persona dev'essere stata la signora Capponi. E la sua chiusa è proprio da romanzo.
RispondiEliminaquella chiusa ogni tanto me la ripeto.
RispondiEliminaE oggi la frase della signora Capponi ritorna di nuovo attuale e ci serve piu' che mai.
RispondiEliminaGrazie per avermi fatto conoscere la sua storia.
Artemisia,
(lettrice lenta ma che prima o poi arriva!)