martedì 12 maggio 2009

risposta ai commenti

Rieccomi qui, con la mia piccola monomania, a rispondere ai vostri commenti sul mio post "convinzione esperenziale".

Prima di tutto voglio rispondere a Chiara per sgombrare il campo da un possibile equivoco. La mia visione della depressione non ha nulla di romantico né di consolatorio. Non penso alla persona affetta da depressione come ad un genio in fieri, un artista un po' maledetto e un po' maledicente la sua sorte. Considero la depressione un disturbo essenzialmente di natura organica con forti componenti che hanno origine nella psicologia personale e negli eventi di vita. Nello stesso tempo penso che ignorare la semplice realtà della infinita schiera di artisti o pensatori insigni sofferenti di depressione sia poco corretto. Questo è UN DATO. Non gli darei più peso che ad altri ma non lo ignorerei. Naturalmente dire che gran parte degli artisti ha sfiorato o ha navigato nella depressione non significa in alcun modo sostenere che è vero il reciproco. Non solo Aristotele non ci consentirebbe questo disinvolto uso della sua affermazione, ma s'incazzerebbe molto per questa ferita alla sua logica.
Questo tipo di ragionamento esposto con termini diversi equivarrebbe a dire:
In Africa gran parte della popolazione si ammala di AIDS.
Foucault è morto di AIDS.
Foucault era africano.

O, per essere ancora più didascalica:
Molte persone depresse sono state artisti.
Marina soffre di depressione.
Marina è un'artista.

Niente di tutto ciò. Anche il solo sospetto che possa essermi attribuita una simile convinzione mi offende per la sua forma (il)logica.  Non certo per la sua sostanza.
Non ho infatti dubbi che esistano molti perfetti cretini afflitti da questa malattia e la mia solidarietà è, in questo caso, ancora più partecipe perchè affrontano "il male oscuro" con pochi mezzi di difesa. Così sicuramente esistono e sono esistiti genî felici, il cui spirito non è stato mai oscurato da questo malanno e che al massimo hanno visto la loro pensosità tingersi di crucci esistenziali senza sprofondare nella patologia.
Ora che ho chiarito questo punto mi sento molto meglio.

E adesso a noi, bip!
La tua protesta in difesa della tua amica mi ha commosso. Ma debbo rettificare: io non penso a me stessa come ad "una depressa", termine che mi fa ribollire il sangue a chiunque venga indirizzato. So di essere affetta da una patologia e ne parlo perché occupa una grande parte della mia vita e della mia esperienza e perché voglio contribuire a portare fuori il discorso su questa patologia dai libri, dai convegni, dagli studi psichiatrici, dalle stanzette dei terapeuti, dalle aule magne dei filosofi e soprattutto, SOPRATTUTTO, dalla sfera di ciò che si occulta (e di cui ci si vergogna) in cui ancora è tenuta nella società. Io vorrei che la parola "depressione" smettesse di far drizzare le orecchie alla gente, per metà compassionevole, per metà imbarazzata e per metà dispregiativa. Sì lo so, tre metà non fanno un intero, ma l'ultimo terzo non posso tenerlo per me!|Infatti la realtà è che, ancora oggi, nel 2009, nel parlare delle persone affette da depressione interviene da parte della società il giudizio e questo è giudizio morale, verte sul carattere, sulla capacità di affrontare la vita, di reagire ai suoi colpi, di far fronte alle avversità. Questo mi rivolta dal profondo. Continuerò a rompere i coglioni da questo minuscolo balconcino martellando i passanti con le parole "depressione" e "persona depressa", finché non ci avranno fatto l'orecchio e reagiranno blandamente come se io avessi detto diabetico o stitico. Nessuno chiede ad un diabetico di "reagire" ma solo di curarsi e allo stitico si consiglia un lassativo ma non fermezza morale.

Ma per entrare meglio nel tuo discorso ti dirò che io, come te, non credo che gli esseri umani abbiano una sola e netta identità. Questa è la seconda ragione per cui non credo nel "depresso", proprio perché, come te, penso di essere molte e differenti cose (tra cui naturalmente una rompicoglioni) e rifiuto questa come ogni altra etichetta. Non per un moto di orgoglio ma perchè davvero penso che nessuno possa essere univocamente etichettato. Quindi io parlo sempre di persona (con tutte le sue ricchezze o le sue pochezze) "affetta da depressione" nello stesso modo in cui parlerei di persona "sofferente di ipercheratosi" (cioè con i calli). Diversamente detto io non separo la mia mente da me; ma non nego di essere ANCHE un cervello con la sua bio-chimica e trovo molte delle letture di questa patologia fatue e alcune semplicemente fantasiose.
Se ora che mi sono spiegata sei ancora irritato e senti di doverti ancora mordere la lingua (e se GIURI che farai parlare anche me) possiamo riprendere il discorso a voce. Così finirò con lo sconvolgerti del tutto dicendoti che tu sei per me una delle prove viventi della mia teoria. E mo incazzati!


Passo quindi a scusarmi con Baluginando per averla fotografata in casa sua e senza autorizzazione. :-)) Cara Baluginando, prendo la tua parola SENNO' e la incornicio! Quando parlano di te, guardali, gli scriteriati, e pensalo: SENNO'! Non ho dubbi sulla tua abilità di attrice e di equilibrista. E dal mio piccolo osservatorio mi sento di confermare: i giochi sono sempre aperti. Sono sicura che ci capiamo.

Ad Artemisia dico che guinzaglio e museruola convengono spesso all'entourage di una persona depressa. Io preferirei mordere altrui e stare bene!

E a Tereza che riferisce il PREZIOSO concetto che già espose alla sua psicoterapeuta, e che mi chiede "come vogliamo metterla con le nostre affinità elettive? rispondo così: un giorno potremmo scriverci un libro a quattro mani, tanto conto di vivere ancora per molti anni, in ogni caso non uno meno della madre di, con licenza parlando, berlusconi.
Non perché lusinghiero ma proprio perché mi ci riconosco ti ringrazio per il tuo commento. Sì, fare teatro di me (teatro di denuncia, of course) e spruzzare ironia: ci sto...

Ad Arnicamontana grazie per quel "guerriera". Al momento traballo un po' sotto l'armatura ma non mollo il brando...

E infine mi scuso con Blonde. Ma mi sorprendo anche. Io non te l'ho taciuta la mia teoria! E' inutile che quasi t'incazzi, piuttosto fatti sturare le orecchie! Baci battaglieri.

Grazie anche a Cristiana, che tocca un tema vero, (di cui magari parlerò un'altra volta): quello della lezione che si può ricavare dall'esperienza di questa (come di ogni altra) patologia. E grazie a Guglielmo per la sua bella citazione e per la ridotta misura del "fine" e a Franca perché sono sicura che si è fermata un momento a riflettere prima di rituffarsi nella sua campagna elettorale.
E a Vale dico solo: hai ragione e ti abbraccio e non so dirti altre parole.

E adesso, dopo avervi abbracciati tutti, me ne torno a leggere.


18 commenti:

  1. Bhè, è esattamente quel che pensavo Marina...La teoria della depressione conditio sine qua non del temperamento artistico, col suo improbabile corollario "tutti i depressi sono artisti" secondo me ha fatto disastri...
    Quando mi sento "giù", ma non oso definire il mio stato "depressione" che è una cosa seria, io cammino sempre dritta per giorni o settimane. Poi mi passa...

    RispondiElimina
  2. Meno male che non ho letto il tuo post, Marina!
    Avrei avuto la tentazione di scrivere qualcosa.
    Avrei corso dei rischi.
    Infatti, per esempio, ed è l'inizio, il titolo, non capisco cosa si intenda con "convinzione esperenziale" - va a sapere se è la convinzione che fa l'esperienza o è l'esperienza che fa la convinzione...
    E la depressione?
    E' la parola che fa la depressione, o è la depressione che fa la parola? - no: questo non funziona, però so cosa volevo dire, ma prima che te lo dica devi vedere se riesci a credere che quello che dico non ha niente a che vedere con la psicoqualcosa, è un libero dire come non potrebbe del resto essere altrimenti - allora, ci riesci a leggere quello che mi viene da dirti così?
    Sì.
    Bene: volevo dire che a me depressa proprio non sembri.
    Avrei osato senza sapere su quale convinzione esperenziale basi l'uso della tua definizione di depressa - se te l'ha appioppata qualcuno che era depresso o qualcuno che era euforico o qualcuno che non era né depresso né euforico ma non sano (sano spesso e qui certamente è chi sa dire no, questo è il vero significato della parola, sa-no, invece quello o quella ha detto "depressione", non ha detto "no").
    Capito, in che senso mi sarei messo nei guai con te?
    Magari tu sei una delle pochissime persone per le quali vale valorosamente l'andare in giro per il rione con questa parola stampata sulla pelle - dove? quale parte del corpo va bene per "depressione"? la fronte? la nuca? il petto? la schiena? la pancia? i genitali? il culo? le gambe? i piedi? le mani? la punta del naso? - magari i piedi, per cui basterebbe andare da un bravo ortopedico e addio convinta esperienza di depressione: era solo tutto un fatto di appoggio a terra!...
    Avrei corso dei pericoli, lo so, chissà cosa sarebbe venuto fuori dalla stanchezza depressa per il bagno depressivo nel grande pentolone della parola depressione che rotola nel rione in cui pantofolone va cercandosi nome.
    Invece ho letto solo oggi, e dopo le tue risposte, mi guardo bene dallo scrivere qualcosa!
    (Avrei anche potuto scrivere del il vero significato della parola nome, e questo non so che reazioni avrebbe avuto da parte tua. Invece posso mantenere un buon rapporto con te: meno male che ieri non ho letto il tuo post!...)

    RispondiElimina
  3. Ricambio l'abbraccio e me ne ritorno alla mia campagna elettorale...

    RispondiElimina
  4. ma vattela a pijà nel secchio, te e tutta la famiglia tua!

    RispondiElimina
  5. Ciao rom! mi è venuta la tentazione di scrivere un controcommento tipo "meno male che non ho letto il tuo commento così posso mantenere un buon rapporto con te". Così per scherzare. Infatti il tuo commento l'ho letto e mi è piaciuto moltissimo anche se non sono affatto certa di averlo capito proprio tutto e fino in fondo. Mi sembri alquanto cauto. Però è un bellissimo esercizio di stile e già questo mi conquista. Solo la parola "pantofolone" proprio non mi va giù, abbassa il livello; scarpone mi sarebbe piaciuto di più. ma queste sono minuzie. In ogni caso sappi che finché scriverai così argutamente potrai fare tutti i commenti che vuoi, e persino, persino, sputacchiare un po' sul monitor. (del resto è il tuo, non il mio monitor.) Ti prego, dimmi che manterremo un buon rapporto: perderti mi precipiterebbe nella più cupa depressione!
    marina, sorridendo

    RispondiElimina
  6. Vado di corsa. Dove sei? Ti ho portato il tè. Veramente è ora di cena, sono in ritardo, lo so. E' che stavo in pantofole, e...
    :-)

    RispondiElimina
  7. Deprimendo e deprimendosi si trasmette la depressione anche ai non depressi. I non toccati dalla depressione si deprimono di fronte ad un depresso e, ovviamente, per non lasciarsi toccare dai modi depressivi e deprimenti del depresso, scivolano in comportamenti ancor più deprimenti, facendo pat pat sulla spalla depressa dei depressi.
    Questi ultimi, deprimibili ancor più per via della loro depressione, e temendo i non depressi come un male peggiore del loro stato depressivo, si oppongono ad ogni deprimente tentativo atto a far sì che si allevi la loro condizione depressiva, considerata deprimente da chi depresso pensa di non essere.
    Assistiamo quindi, abbastanza depressi, a un corpo a corpo tra le due categorie: i depressi e i non depressi, con un risultato deprimente e depressivo che sfiora la più deprimente parità. I depressi riescono a volte a render quanto meno deprimibili i non depressi, questi invece, nel loro devastante e stucchevole non conoscere la depressione, s’illudono d’aver alleggerito lo stato depressivo dei depressi, senza immaginare che forse depresso, depressione, deprimente, depressivo, sono tutte parole utilizzate dai non depressi, che, ahi loro, non capiscono che le parole specchio sono fantasia, illusione, fervore, passione, estro, intelletto, e perché no, allegria!
    Ciao Marina, mica solo Rom! (hi hi…)

    RispondiElimina
  8. qui gli antidepressivi abbondano. questa mattina la ruota degli esposti ha funzionato nuovamente per wotan

    RispondiElimina
  9. Un bacio Marina!!
    Ti abbraccio
    Ornella

    RispondiElimina
  10. Da "Crescita e colpa" di Luigi Zoja, pp.251-252, Anabasi ed.:
    Una "cultura della depressione" non riesce a vedere la luce perchè viene sentita come malattia anzichè come restaurazione di un equilibrio.
    La complementarità circolare tra attività e pensosità, tra maniacalità (cioè euforia) e depressione, tra estroversione e introversione, necessaria alla singola vita psichica oltrechè a tutta la cultura, è inibita da quell'atteggiamento acquisitivo che considera normali solo ritmi sempre più veloci, superficiali, estroversi.
    E' per questo che la normalità, un tempo condizione intermedia tra maniacalità e depressione, si sposta gradualmente verso la prima, emarginando nel settore depressivo chi aveva semplicemente conservato una posizione di equilibrio.
    La corsa frenetica senza traguardo traveste da norma la propria morbosità, utilizzando la sua prevalenza statistica.


    Non mi sento di aggiungere nulla.
    Giorgio.

    RispondiElimina
  11. @bip e Giorgio: penso che chiunque abbia diritto di pensare a sé e ai propri psico-problemi come preferisce. Ad esempio rifiutarsi di considerarsi malato e pensarsi occupato a restaurare un equilibrio infranto dalla società di appartenenza. Io ho la mia idea in merito ma non mi piace giudicare le opinioni altrui, preferisco dire, come ho fatto, le mie.
    buona giornata, marina

    RispondiElimina
  12. @ marina, guarda che imnsho non é un aut aut chimica ed il resto co-esistono ...

    RispondiElimina
  13. Chi è capace di far teatro su sé stesso è dotato di tali energie e di tale senso del limite e della relatività dei propri umori e dis-umori da non essere mai depresso veramente, talvolta stanco, affaticato dalla vita forse, ma depresso mai...besos, muchacha...
    T
    p.s.:volemo organizzà na staggione teatrale, Marì?

    RispondiElimina
  14. Non ho le competenze per schierarmi in questa contesa di idee che si è scatenata su questo blog.
    Dirò solo qualcos ahc e probabilmente conoscete già tutti: ci sono depressi che arrivano anche a tentare il suicidio. Questi casi, da profano, mi sembrano patologici. Forse il modo di concliare visioni così differenti potrebbe consistere nell'usare vocaboli differenti per distinguere uno stato patologico da uno con cui è possibile convivere, e a volte anche bene?

    RispondiElimina
  15. guarda bip che il discorso delle terapie io non l'ho neanche sfiorato in questi due post! mi pareva che la discussione vertesse sull'origine della malattia e sul considerarla o meno una malattia..
    dio che casino! telefonamose, no?!

    @Vincenzo Cucinotta: io amo le distinzioni ma molti altri no. Ma il discorso di come autodefinirsi è molto, molto delicato

    grazie a tutti, marina

    RispondiElimina
  16. Io mi permetto solo di abbracciarti forte!!!!
    Daniele

    RispondiElimina

Non c'è niente di più anonimo di un Anonimo