Alain Ehrenberg
La fatica di essere se stessi
Questa domanda l'ho particolarmente apprezzata. Mi consente di riflettere sugli affari miei. La mia risposta è che la guarigione è possibile anche all'esterno della coscienza. Che la coscienza nel nostro secolo è molto sopravvalutata. SIC! E che, se apprendere che siamo infinitamente meno coscienti dei nostri atti di quanto generalmente crediamo -fatto ormai di assoluta evidenza scientifica- dà qualche brivido, aggiunge però anche una nota di leggerezza e di scapestrata superficialità alle nostre vite, così pesanti di consapevolezza.
In ogni caso ad Ehrenberg rilancio con un'altra domanda: Coscienza o meno, è possibile la guarigione? Peccato che non legga il mio blog. Anche questa risposta dovrò cercarmela da sola.
Tutte le vere risposte ce le troviamo da soli: di cercarle, possiamo farlo, spesso lo facciamo, con altri, anche se non ne sono consapevoli...
RispondiEliminaHo riso quando ho letto la frase: "... fatto ormai di assoluta evidenza scientifica." Non perché non sono d'accordo, ma perché non tutti lo sono, e questo già basta per rendere meno assoluta l'evidenza.
C'è un aspetto del buddhismo - di alcune scuole buddhiste - che mi ha sempre lasciato perplesso, e che è connesso con la presunzione di quelli che, nella storia dell'uomo, ritengono di aver scoperto "la" via che risolve il disagio umano - la via della guarigione da ogni disagio, sia normale che patologico, se accetti questi termini molto problematici.
E' questo, all'incirca: l'uomo è l'essere superiore, perché ha la parola, la quale gli permette di conoscere la dottrina salvifica - quindi la salvezza, la guarigione, avverrebbe solo attraverso la consapevolezza, della dottrina e quindi di se stessi secondo quella dottrina, anche se poi la dottrina parla di dimensioni che vanno oltra la consapevolezza-pensiero verbale.
Nel campo della psicologia, questa necessità di una teoria salvifica basata sulla consapevolezza è strettamente connessa con ipotesi, implicite o esplicite, sulla nascita. Non che siamo in grado di saperne qualcosa, di quello che accade nel bambino nascente, ma queste ipotesi, che tutti possiamo fare, sono altamente indicative proprio del valore che diamo alla consapevolezza: se nasciamo con un corredo di tendenze poco raccomandabili per la convivenza umana, ad esempio, non resta che la consapevole educazione progressiva mediante la consapevolezza. Repressione è civiltà, insomma, e non solo civiltà: anche guarigione.
L'inconsapevole, l'inconscio, è cosa temibile, per queste teorie. Bisogna tenerlo a bada, consapevolizzarlo: là dove c'era l'id, ci sarà, ci deve essere, l'io.
C'è chi la pensa diversamente. Tra i buddhisti, ad esempio, quelli che pensano, credono a, uno stato di "buddhità" naturale - per cui in giro per il mondo ci sarebbero persone che sono dei buddha senza tanto chiasso, lo sono e basta, semplicemente lo sono, naturali e inapparenti, e starebbe in noi la difficoltà a riconoscerli. Non hanno avuto, e non hanno, nessun bisogno di dottrine, consapevoli, né di repressione pedagogica, consapevole.
"Che la coscienza nel nostro secolo è molto sopravvalutata"
RispondiEliminaEhi, siamo appena all'anno 9 di questo secolo, non ti pare che sia un giudizio un po' affrettato?
;-) ;-)
Pace e benedizione
Julo d.
@Julo: hai ragione, avrei dovuto scrivere in questo e nel secolo scorso :-)
RispondiElimina@rom: è vero, l'evidenza scientifica è solo di chi crede alla scienza e in questo paese non siamo in molti. Ma a parte questo io amo le contraddizioni e l'idea di una buddità naturale, senza dottrine consapevoli, mi piace accompagnarla con quella di ricerca, e non solo di guarigione. Comunque quando leggo che l'uomo è un essere superiore, se pure lo dice Budda in persona, semplicemente m'incazzo. :-) e mi spiace solo che quando verrà spazzato via non potrò godermi lo spettacolo, gicché non prevedo un balcone sull'universo per i morti. buona giornata e alla prossima interessante chiacchierata, marina
@rom in quale scrittura buddista e' contenuta l'affermazione sulla superiorita' dell'uomo ?
RispondiEliminaPer quello che so io, l'insegnamento buddista é basato su le cosiddette 4 nobili verità:
1 esiste la sofferenza
2 la sofferenza ha un causa
3 tale causa può essere eliminata
4 esiste un sentiero che porta alla eliminazione di tale causa
E' buddista, chi ha preso e rifugio e riconosce queste 4 affermazioni, non vedo accenni alla superiorità umana, certo se mi sforzo ammetto che il buddismo al contrario del taoismo e accomunato al cristianesimo da un certo antropocentrismo, però nella sua lunga storia il buddismo incontrando il taoismo si e' anche espresso in una forma meno antropocentrica ...
@bip: ah vedi. Sono buddista per 3/4. Si può essere buddisti per tre quarti? Credo di no.
RispondiEliminaMi sfugge qualcosa al riguardo della guarigione esterna (se ho capito).
Penso: se non ho coscienza di un dolore, non sento la malattia, non cerco soluzione, la remissione è insita e inavvertita.
Se ho coscienza del dolore, come posso guarire senza coscienza?
Però è vero che mi è capitato. Era una sofferenza d'amore, un'ossessione. Credevo ne sarei morta.
Dopo 4 anni, sono guarita.
Allora è sempre il tempo il grande guaritore esterno?
@ Artemide Diana il buddismo vuole liberarci dalle illusioni, tutte le illusioni, compresa quella di essere buddista sia per intero che al 75% ;-)
RispondiEliminae in ogni caso:
RispondiEliminaPiccolo Veicolo
Grande Veicolo
Tutti i veicoli verranno rimossi a spese del proprietario.
;-)
Si può guarire? Non credo, ma non ho certezze. Penso che si possa imparare a convivere con se stessi, rispettandosi e amandosi. La vita è una ricerca continua, in se stessi e al di fuori di sé.
RispondiEliminaPermettimi ora una botta di cinismo: la vita è una malattia trasmessa sessualmente e ad esito infausto. :P
forse la malattia é porsi la domanda ;-)
RispondiEliminaforse coloro che bevono per dimenticare cercano la via della guarigione senza coscienza. Se il vino è buono anche la via forse lo è. :-)
RispondiEliminaChe ne penserebbe Buddha?
io amo i miei amici lettori!
marina
@marina il buddismo in genere sconsiglia di intossicarsi, ma so di diversi maestri buddisti che qualche bicchierino di saké o un buon whiskey non lo disdegnavano, il buddismo come lo conosco io é più preoccupato di quello che avviene dentro le menti piuttosto che di ciò che si vede fuori ...
RispondiEliminaCredo come Romina che abbia poco senso il concetto di guarigione in psicologia. Non ho mai creduto che la psicoterapia possa costituire una professionalità, mentre credo al valore terapeutico della comunicazione, del dialogo, dell'ascolto.
RispondiEliminaNon capisco cosa sia questa consapevolezza che dovrebbe portare alla guarigione: la consapevolezza può solo portare all'accettazione di sè stessi.
Per quanto riguarda il buddismo, credo che esista una confusione tra religioone buddista e filosofia buddista, che proprio non si possono fare coincidere.
E comunque, non riesco ad accettare che il perdersi nel tutto dell'individuo debba comportare una consapevolezza della vita come malattia, il che comporta tra l'altro che lo stadio uomo sia superiore a quello di animale.
A me me pare un modo pe dì: si nun guarisci nun sò io na scarpa de medico, sei tu che nun voi guarì. Stì cazzi, te pago e me guarisci tu, mica no!
RispondiEliminaDivergiamo...
RispondiEliminaMi piace lo sviluppo che ha preso la faccenda. Ognuno di noi legge, non la risposta, il che è normale, ma la domanda stessa molto diversamente. E' questo che mi piace delle domande, la possibilità di sentirsi interrogati su temi diversi o su punti diversi della sensibilità, non solo fra persone diverse ma anche noi stessi in momenti diversi della nostra vita. A me la domanda pone il problema dell'uso di psicofarmaci in caso di depressione. E' così che l'ho letta. E mi fa venire in mente un episodio preciso, la storia di due cugine ventenni che più o meno nello stesso periodo ebbero improvvisamente sintomi analoghi (disturbi da panico, tristezza profonda, ansie, disturbi del sonno); il problema fu affrontato con approcci molto diversi e con risultati, almeno sul breve periodo, molto diversi. Io penso che vada bene quello che davvero aiuta, senza molte sofisticherie. E che quello che magari aiuta me non aiuta un'altra persona. Non mi sento di considerare la malattia psichica in modo MOLTO diverso da ogni altra malattia. Non la considero un soffio divino, un invito a conoscere se stessi o addirittura una grazia che ci consente di comunicare con il mondo. Forse ci insegna ANCHE a conoscere noi stessi ma per il momento è solo una grandissima sfiga rispetto alla quale il si salvi chi può e come può mi sembra l'unica ricetta.
RispondiEliminama la domanda può interrogarci su molti temi diversi, come dimostrano le vostre risposte. grazie a tutti siete davvero forti!
marina
Chi soffre desidera smettere di soffrire, fin qui siamo tutti d'accordo. Ma ...
RispondiEliminaPoi vengono altre domande:
Cosa é l'Io ? Chi é che soffre ?
e poi ...
Cosa é la sofferenza ? E se questa sofferenza cessa non ne verrà un altra ?
Se vogliamo possiamo trattare le malattie dell'anima come quelle del corpo, e naturalmente volendo possiamo trattare male sia le une che le altre ...
E poi se vedo la persona amata il mio cuore batte più velocemente, l'amore é qualcosa che appartiene alla mia anima o al mio corpo ?
E poi cosa sarebbero 'sta filosofia e religione buddista così differenti tra di loro ?
bip, vai a leggere the book show di oggi. E adesso metto un altro brano sempre da Lezione di anatomia di quel genio ASSOLUTO che è Philip Roth. Lui parla del dolore cronico e fisico ma anche di ogni altro dolore. Comunque io lo amo, voglio trasferirmi in america e vivere con lui marina
RispondiEliminaDi fronte al dolore possiamo stringere i denti oppure stordirci, ma come una corda di uno strumento musicale troppo tirata o troppo lenta non ne uscirà alcuna musica. La via proposta dal Budda é anche conosciuta come la via di mezzo, una corda ne troppo tesa ne troppo lenta che possa produrre della musica ...
RispondiEliminaCome direbbe Quelo: la risposta è dentro di te, ma è quasi sempre sbagliata. Cattiva coscienza? Forse non sarà la cultura cattolica che ci ha instillato questo tarlo? La nostra coscienza dipende sempre da "altro" , da chi può "giudicare" e condannare o assolvere. Ma ho le idee assai confuse.
RispondiEliminaAnche io sono senza ripsoste... Ti mando un abbraccio, Giulia
RispondiElimina