Avviso: questo non è il post numero uno, ma è come se lo fosse.
giovedì 06/09/07
Quando ho iniziato questo blog, nel marzo scorso (preceduto da così tante prove ed errori che avrebbero fatto la felicità di Galileo Galilei e del suo metodo), non sapevo bene quale fosse il mio scopo, e di conseguenza, quale sarebbe stata la natura del blog stesso.
Avevo poche idee, tutte confuse e, naturalmente, contraddittorie.
Cosicché sono partita, come mi succede spesso anche in altri ambiti della mia vita, seguendo l’emozione, il pensiero e la sensazione di un momento. Ho scritto così un post che, riletto oggi, mi sembra da folli. Non in sè, ma in quanto primo post di un blog. È una specie di partenza in quarta, saltando ogni antecedente, ogni preliminare, ogni antefatto. Dritti dentro un pensiero, senza sapere né come né perché.
È stato solo nel procedere, mentre andavo dietro, senza nessun piano e nessun ordine, alle mie fantasie, ai miei ricordi e ai miei pensieri, che ho cominciato a chiarire a me stessa, il senso di questo blog.
Il senso che ha per me naturalmente.
E che vorrei spiegare qui.
Questo comporta un piccolo affaccio sulla mia vita. Piccolo, prometto. Bambina non prodigio, ho imparato a scrivere a sei anni, come tutti ai miei tempi. Da subito questa operazione mi è parsa fantastica. La cosa più bella che mi fosse capitata dalla nascita in poi. Alle elementari la mia bulimìa di scrivere trovava sfogo nello svolgere due volte, in forma diversa, ogni tema che la maestra ci assegnava. O nel tenere un quaderno casalingo su cui segnavo piccoli, ingenui pensieri. Il quaderno è andato perduto. Molti temi, bi-svolti, li ho ancora, conservati da una madre così conservatrice che mi ha passato la follia selvaggia di conservare anche la piccola parte del cordone ombelicale di mia figlia. (Questo non ditelo a nessuno).
Comunque, una volta cominciato, non ho più smesso. Sono passata, classicamente, al diario personale. Accompagnato, dagli otto anni in poi, da piccoli racconti. E poi poesie e poi e poi...
Tutta la mia intera vita. Naturalmente, anche al più ottuso degli osservatori, appare evidente che tutto questo bisogno di scrivere è legato, a doppio filo, con un analogo bisogno di comunicare.
Per ragioni che qui non interessano, la scrittura però è sempre restata segreta. La storia delle pochissime persone (e pochissime circostanze), cui ho lasciato leggere le mie parole a qualcuno, non riempirebbe una pagina. Questo ha comportato per me un bel po’ di sofferenza.
Un giorno poi, ho avuto sessantatré anni. E ho preso atto che un cambiamento era necessario. Ho deciso che, poiché ero così fortunata da vivere in un’epoca che mi metteva a disposizione questo mezzo straordinario per far leggere le mie parole senza dovermi esporre personalmente, ne avrei approfittato.
Ecco, il mio blog è nato così. Risponde al mio bisogno di capovolgere un’abitudine di vita che disapprovo profondamente. Che non mi vede concorde, che mi fa dannare, che mi manda ai matti, che odio, detesto, disprezzo e spregio, che....
Basta, dovrebbe essere sufficiente a far capire quanto abbia pesato sulla mia vita questa segretezza su una pratica che è sempre stata al centro della mia esistenza.
È stato un primo passo. Il secondo passo è stato uscire dall’ombra relativa, mettendo una mia foto. Diciamo che la decisione di non metterla, all’inizio, era un’altra forma di segretezza. Abbandonata anche questa. Mi sento più leggera. Davvero.
In parallelo, altri passi ho compiuto. Piccoli, forse ridicoli. Non per me.
Io mi so. E sono molto, molto contenta di me.
Tanto che ho potuto scrivere questo post. Tanto che, benché arrivi dopo sei mesi dall’inizio della mia attività di blogger, lo metterò come primo post. Quello che era il primo, cui sono comunque grata, diventerà secondo. E così via...
C’est tout.
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