Questo è
un dramma nel dramma. E aggiunge dolore a dolore e spesso mina i rapporti tra
persone vicinissime, che hanno avuto lo stesso morto, che condividono il morto
eppure hanno perso una persona diversa; cosicché altro e differente è il loro dolore e il loro
lutto, vivono in modi diversi l’assenza-presenza, la mancanza, l’abbandono.
Talvolta la perdita fa deflagrare antichi conflitti, mai emersi, mai percepiti, o ne crea di nuovi. Nascono sospetti reciproci, lacerazioni, insofferenze, rabbie e solitudini. Nascono dubbi, le vie del dolore divergono e la relazione tra sopravvissuti ne viene intaccata, spesso nel profondo. E nessuna relazione che subisca questa prova tornerà mai com’era, com’è stata. Talvolta migliora, si arricchisce, scopre nuovi terreni di incontro; tal’altra si incrina, s’impoverisce, diventa arida per quanto ci si sforzi e si finga. E nessuno sa se mai potrà ritrovare vita, vivere una qualità migliore, se ne nascerà una più ricca vicinanza. È una scommessa. I dolenti non sanno se la vinceranno. Qualcuno non la vede o finge di non vederla. Qualcuno rimuove. Qualcuno si ribella e si batte. Qualcuno si arrende. Accetta le separazioni ulteriori che si creano nella cerchia dei suoi affetti e questa ulteriore forma della perdita e della solitudine. Che la ritenga meritata o immeritata, l'accetta e si arrende.
Marina, anche quest'altro aspetto mi tocca molto da vicino. Ho sperimentato quanto persino lo stesso dolore, come dici tu, allontani o avvicini ancor di più le persone. Però la resa no. Arrendersi mai, non è giusto per il sopravvissuto (perché infliggersi un'ulteriore pena?), non lo è nei confronti dell'amore che lo scomparso ha lasciato nelle rispettive vite. L'amore ricevuto, e soprattutto quello che non potrà mai più rinnovarsi per come lo abbiamo conosciuto, meriterebbe ben altro che una resa.
RispondiEliminaIrrompo in questi tuoi post con spirito sanguigno perché sono temi su cui anche io mi dibatto. Ecco, vorrei che si aspirasse a quella dimensione in cui "Talvolta migliora, si arricchisce, scopre nuovi terreni di incontro". E' possibile, Marina, nonostante la stanchezza infinità, la fragilità, nonostante la sfiducia nell'ordine delle cose... Un bacio, Angela
Tu dici: si perde e ci si perde. Le vie, a posteriori, sono infide e spesso oscure, nascondono trappole emotive e esistenziali non previste. Se ho ben capito da certe perdite ne risulta una morte più lenta e incontrollabile di quella originaria: mutarla in affetto, vita o sopportabile malinconia e' quasi impossibile.
RispondiEliminaTi dirò la mia sensazione precisa: scriverne come stai facendo ( e non da ora ma dalle settimane seguenti la morte di tuo marito Ugo ) è esattamente la tua lotta, il tuo non essere vinta per ora, la tua ricerca per una semantica emozionale-esistenziale nuova per te. Sei a buon punto perché ne scrivi troppo bene a sei anche in pericolo perché diventa più facile ricevere il colpo di coda di un lutto vero metabolizzato in opera letteraria. Abbi cura di te
Enzo
vi ringrazio, e nel mio arrovellarmi rifletto anche sulle vostre parole
RispondiEliminacon affetto, marina
Sì, anch'io mi sono soffermata sulla tua frase riportata anche da Angela perchè è questa la speranza che ci deve e ripeto ci deve sostenere nel quotidiano.
RispondiEliminaHo letto tutti i tuoi scritti di questo periodo e pur ritrovandomi in ogni cosa non mi sono sentita di scrivere nulla, ma mi sono sempre fermata con te, lì vicino a condividere in silenzio le stesse forti emozioni
Un abbraccio
La perdita ci cambia. Non è scontato. C'è chi non vorrebbe cambiare. Resiste. Con tutte le sue forze. Ma le carte sono cambiate, Il gioco è un altro. Inevitabilmente. Ciao
RispondiEliminaquell'inevitabilmente può essere molto amaro..
RispondiEliminagrazie, Guglielmo
Conoscendoti per quello che traspari dai tuoi scritti, mi pare di cogliere nell'immediato, anche qualche brandello di non detto ... Condivido. Buon lunedì, Marina...
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