Capitolo tre
A quel tempo Qualcuno frequentava molti luminari e sbigottiva
Mettiamo un po' d'ordine. Muore il padre e Q.
precipita nel dolore. Ma il dolore straziante non è niente: quando il padre se ne va sottraendosi a tutte le offese della malattia Q.
cade ammalata al suo posto.
Qualcosa esplode dentro la testa di Q. Lei si sente scoppiare e pensa
che se non lascerà uscire il qualcosa che le monta dentro, tutti i suoi pezzi
si spargeranno in terra. Cerca aiuto e viaggia da un medico all’altro.
A Q. manca l’aria, il cuore viaggia come un treno, le batte fortissimo
negli orecchi, un dolore violento le morde il torace; poi il treno rallenta
come se entrasse in stazione. “Non è niente, dice il cardiologo, prenda un po’
di valeriana.”
NON È NIENTE?
Q. sbanda, ha le vertigini, l’ambiente ruota intorno a lei o è lei che
si sente ruotare nell’ambiente, cammina a zig zag coperta di sudore e in preda
alla nausea. “Il suo labirinto non ha calcoli ossei, la sua colonna cervicale è a
posto; ha un po’ di tensione muscolare, probabilmente di origine psicologica;
niente di grave” dice l'otorinolaringoiatra.
NIENTE DI GRAVE?
Q. vede offuscato, caliginoso, talvolta non vede affatto. “Il vitreo è a
posto, dice l’oculista. Niente cataratte, il visus non è diminuito. Eviti lo
stress.
EVITI LO STRESS?
Q. ha mal di testa: un cerchio gliela stringe insopportabilmente, il
dolore le viaggia dalla nuca alle tempie, alle pareti laterali, le provoca la nausea; lei sta a denti
stretti per resistere; la luce, il rumore, gli odori, le procurano
fitte dolorose agli occhi, come chiodi che li perforino. “È un mal di testa
tensivo signora, quando passerà la tensione anche il mal di testa passerà” le
dice il neurologo del centro per le cefalee.
QUANDO PASSERÀ LA TENSIONE?
Q. suda e trema, perde o acquista peso. -La sua tiroide ha una
funzionalità appena appena anomala, la vogliamo chiamare capricciosa? dice
l’endocrinologo, ma non è grave, non le prescrivo niente, si stabilizzerà
spontaneamente.
CAPRICCIOSA? NON E GRAVE?
Finalmente Q. incontra Il Professore.
“Lei è qui e questa è una buona cosa; si è sentita naufragare e ha lanciato un
sos. La sua è una depressione reattiva non endogena, è una cosa incoraggiante, ne sono sollevato per
lei.”
SOLLEVATO PER ME?
Q. comincia la terapia con il Professore:
tre volte a settimana si trascina nel suo studio, si siede davanti a lui, prende il pacchetto di fazzoletti che le porge e piange. Piange per un’ora davanti
al Professore, poi esce e piange lungo la strada e torna a casa e piange nella sua
casa –ma piange in bagno perché sua figlia non la veda.
-Deve aiutarsi con dei farmaci, dice il Professore. Ma a Q. i farmaci fanno paura. -Lei ha un
atteggiamento ambivalente, vuole guarire ma non vuole curarsi” e Q. prende i
farmaci, ne prova uno poi un altro, poi un altro ancora; prova tutti quelli di
prima generazione e poi quelli più recenti ma nessuno va bene, le reazioni più pazzesche assalgono il suo corpo.
Non c’è effetto indesiderato citato nei bugiardini che i farmaci non le
procurino.
Consentite a chi scrive un
piccolo appunto affidato all’Accademia della Crusca, sul termine bugiardino:
Il termine bugiardino, utilizzato per indicare il
foglietto illustrativo che accompagna i farmaci, è una formazione
semanticamente e morfologicamente trasparente, sulla base dell'aggettivo bugiardo
con il suffisso del diminutivo -ino, adatto sia in riferimento alle
dimensioni dell'oggetto sia per attenuare con una vena di ironia l'appellativo
di bugiardo….non c'è dubbio che questo nome voglia puntare l'attenzione
sulle prerogative di queste particolari "istruzioni per l'uso" che,
soprattutto negli anni di boom della farmacologia, tendevano a sorvolare su
difetti ed effetti indesiderati del farmaco per esaltarne i pregi e
l'efficacia. Non erano quindi vere e proprie "bugie" quelle che vi si
potevano leggere, ma nell'insieme il foglietto risultava un "bugiardino"
che diceva piccole bugie o, meglio, ometteva informazioni importanti ma che
potevano essere compromettenti per il prodotto.
Benché omissivi i bugiardini elencano una serie di effetti indesiderati
che Q. impara a conoscere per esperienza diretta
Eccoveli in ordine alfabetico:
Acufeni-Affaticamento-Agitazione-Allucinazioni-Amnesia-Anoressia
Apnea- Cambiamento della libido – Capogiri- Confusione- Costipazione – Crisi
ipertensive –
Difficoltà
nell’articolazione del linguaggio-Difficoltà nel sonno
Difficoltà respiratoria-Ideazioni
suicidarie – Ipotensione –
Mal di testa – Mancanza di
coordinamento-Nausea – Palpitazioni –Pensieri di farsi del male- Secchezza
della bocca –
Stanchezza -Sentirsi
traballanti o instabile nei movimenti –
Scosse o tremori-Sonnolenza
– Tachicardia –
Visione doppia o annebbiata
– Vertigini –
Q. è lieta che molti altri effetti indesiderati le vengano risparmiati
ma leggerli sui bugiardini non l’incoraggia a mandar giù i suoi farmaci.
E meno male che a quel tempo sui bugiardini erano taciuti effetti, che definire
indesiderati è decisamente eufemistico, quali, in ordine alfabetico:
Alopecia -Coma -Comportamento suicidario-Convulsioni-Diarrea-
Disinibizione -Dolore alla gola -Dolore alla schiena o alle articolazioni-Euforia-
Emorragia intracranica con emiparesi -Eruzioni cutanee- Extrasistolia-
Fotofobia -Gonfiore del viso, delle ghiandole del collo, delle
ascelle, dell’inguine-
Ittero- Meningite-
Ittero- Meningite-
Modifiche della funzionalità
del fegato- Movimento vermicolare della lingua- Movimenti dell’ occhio rapidi e
incontrollabili- Occhi rossi e gonfi-Prurito agli occhi, con secrezioni e
croste alle palpebre- Sanguinamento o lividi inaspettati- Sintomatologia di
tipo parkinsoniano- Sintomi influenzali -Spasmi muscolari incontrollabili che
interessano occhi, testa e torso-Temperatura elevata- Ulcere nella bocca nella
gola nel naso o ai genitali- Vomito.
Quale il peggiore per voi?
A me fa ribrezzo il movimento vermicolare della lingua.
I bugiardini dei farmaci oggi sono ancora misteriosi, poiché alla
reticenza è stato sostituito un linguaggio così tecnico da risultare quasi
incomprensibile.
Per imparzialità di discorso segnalo qui qualche effetto non desiderato
della psicoterapia: dissanguamento dell'economia del paziente, confusione del
paziente di fronte alla inflazione di scuole e tecniche, proliferazione di terapeuti
di dubbia professionalità-fino all’improvvisazione selvaggia- rischio di
dipendenza, rischio di transfert devastanti. Segnalo anche che per analisi e psicoterapia non esistono bugiardini,
neanche omissivi.
Sicché Q. accetta i farmaci, teme che il suo cervello ne venga irreversibilmente
alterato e che gli effetti indesiderati divengano permanenti ma accetta i
farmaci. E ne prova uno dopo l’altro. Si cerca il farmaco adatto a lei, il
farmaco che l’aiuti senza procurarle manifestazioni terrorizzanti.
La procedura è questa: Q. compra il nuovo farmaco, inizia con mezza
pillola e trema: che cosa le accadrà? Invece non succede niente. Q. prende
fiducia, passa ad un’ intera pillola e poi a una e mezza e ancora
niente; forse lo abbiamo trovato il farmaco per me. Poi di botto non comanda
più gli arti, non riesce a stringere le mani, le gambe pesano, non riesce a
spostarle. Q. chiama il servizio di Guardia medica. Aiuto, mi sto
paralizzando. -Ma no signora, è il sistema neurovegetativo, sono sintomi che a
noi medici fanno sorridere.
FANNO SORRIDERE?
La bocca di Q. è sempre asciutta, lei beve e beve, lo stomaco si gonfia,
lei ha la nausea; Q. non ha fame, per due tre giorni non mangia niente, beve solo
caffè; poi mangia di tutto prende dieci kili in tre mesi poi li perde in due, poi
il peso riprende a salire. Passa da mangiatrice compulsiva a inappetente
totale. Q. del suo corpo non risonosce né l’aspetto né il funzionamento.
Q. non sa più chi è, l’dea di avere un io, debole o forte che sia, la
lascia perlomeno perplessa. Di sé non sa più nulla, la sua identità se l’è
filata all’inglese e l’ha lasciata con una tizia molesta e imbranata con la
quale è difficile accompagnarsi.
Se questa noiosa non abitasse nel suo corpo Q. non la vorrebbe mai, non dico come amica, ma neanche come semplice conoscente. Non vuole fare niente di quello che Q. ha sempre amato fare: né
leggere, né scrivere, né viaggiare, né andare per musei, mostre, cinema,
teatri; niente le interessa, non la politica, né la musica, né l’esplorazione di borghi e paesi, né
il mare né i monti né la collina, né i ristoranti, né le boutiques, né, né, né...
È pesante anche nella semplice quotidianeità: non vuole mai alzarsi dal
letto, è restia a lavarsi, non si decide mai a vestirsi. Uscirci insieme è una
lagna: cammina a testa bassa, bisogna continuamente controllarla quando
attraversa la strada, è persino maleducata e mette Q. continuamentein
imbarazzo: non risponde al saluto dei conoscenti o risponde mettendosi a
piangere.
Non è possibile indurla ad accostarsi alle finestre, a salire sul
terrazzo: attrazioni fatali, dice, misure precauzionali, dice. Che impiastro!
E che pusillanime! Ha paura di prendere l’autobus, di entrare nei
negozi, di rispondere al telefono, di aprire la cassetta della posta; ha paura
di strozzarsi, di perdere il meccanismo automatico della respirazione. C’è da
impazzire a frequentarla.
Infatti Q. ha paura d’impazzire. Forse è già pazza.
La sua paura di impazzire è
la prova che non è pazza -le dice sorridendo il Professore- i pazzi
credono alla loro realtà, non pensano di essere pazzi. Ci vuole pazienza.
CI VUOLE PAZIENZA? Passa un
anno, ne passano due, ne passano tre...
Intanto Q. approda in prima serata. In televisione si parla di lei; la depressione diventa una malattia di
moda, finalmente Q. fa audience. Specialisti o soi-disant specialisti, sulla
depressione dicono di tutto e il suo contrario. Si accapigliano sul suo dolore
fondamentalmente tre categorie di specialisti: lo psichiatra, lo psicologo, il
neurologo. Q. non ti scandalizza: trova normale che ognuno difenda la propria
fetta di mercato.
Le vengono proposte terapie diverse: terapie farmacologiche, terapie
psicodinamiche -psicoanalisi freudiana o junghiana; brevi psicoterapie
interpersonali, con o senza counseling, terapie cognitivo-comportamentali. Cocktail
terapeutici anche fantasiosi trovano i loro cinque minuti di visibilità in tv,
i testimonial più diversi le parlano dallo schermo, ex depressi esibiscono la
loro guarigione. Invidiarli richiederebbe troppa energie. Q. ti limiti ad
ascoltarli.
Parenti e amici fanno appello al suo carattere, alla sua riconosciuta
forza e Q. si sente sempre più colpevole: cerca il suo carattere e non lo
trova, della parola forza ignora ormai anche il significato. Ma intorno a Q. si
sussurra e la parola più frequentemente pronunciata è “reagire”. L’altra è
volontà.
Il Professore fa spallucce: le butti a mare entrambe.
Il Professore sa che Q. non
può andare al mare, ma il linguaggio figurato li accomuna con reciproca soddisfazione. Sul buttarsi a mare, ove riuscisse ad arrivarci, Q. ci fa un pensierino, soprattutto quando dalla tv la informano che le statistiche dicono che al quarto anno potrebbe uccidersi. Morire ci sta, ma uccidersi?
Professore ho una figlia, non posso uccidermi, mi ricoveri.
Professore ho una figlia, non posso uccidermi, mi ricoveri.
Questo desiderio di essere ricoverata torna spesso perché Q. non vuole
più occuparsi di Q. È stanca di Q., vuole abbandonarla al suo destino e delegarne la cura: che qualcun altro si occupi di Q.
-Lei non si ucciderà signora,
SCOMMETTIAMO? Il Professore ha un forte senso dell’umorismo che potenzia quello di Q. Sicché quando non piange fa battute. Il Professore la trova simpatica.
Intanto la natura diventa nemica di Q. Non può stare all’aria aperta, il cielo le fa paura, è troppo
vasto, la mente si perde; il mare l’angoscia: le sembra che monti e si arruffi
anche quando è una tavola o che si faccia palude anche quando placide onde lo
solcano; i monti la soffocano,
incombono, la guardano malignamente;
Se Q. si trova negli spazi aperti non ha niente cui ancorare il suo
pensiero, la mente se ne va via, i pensieri l’aggrediscono; ha bisogno di cose
piccole, concrete su cui posare lo sguardo e l’attenzione. Ma il troppo piccolo
la soffoca, il chiuso l’opprime, ascensori, tunnel, porte chiuse, musei,
cinema, teatri, sale di aspetto, le sono precluse: il suo corpo le scatena
contro la machina scaenica.
Q. prova i sentimenti che provano tutti i depressi: paura e vergogna;
paura, vergogna e senso di colpa; paura, vergogna, senso di colpa e senso di
inadeguatezza. Non capisce perché vive, dal momento che non sa
vivere e si sente indegna della vita e della società di "normali" che la guarda e la giudica.
Suo marito è il suo solo alleato. È un illuminista, uno scienziato, le
psicoterapie lo lasciano molto freddo; ciò nonostante scommette sullo psichiatra e terapeuta di Q. e i
luminari cui l’ha portata la sua ipocondria vengono definitivamente abbandonati.
Come sappiamo a quel tempo Qualcuno frequentava molti luminari e sbigottiva.
(9/ continua)
Un gran lavoro, più ampio di quanto pensassi mentre proseguivo nella lettura. Un gran lavoro, forse il più ampio e complesso tra quelli che ti sei proposta letterariamente finora.
RispondiEliminaHo deciso di pubblicare domani quel vecchio post che ti riguarda: un testo di molti anni fa. Lo faccio per affetto e stima ma anche come regalo al regalo che tu fai a chiunque passi di qua. Sono certo che il tempo ci dirà come e chi siamo e sarà il giudizio definitivo che noi si stia ad ascoltare o meno. Cia Marina e buon lavoro
Ehm... io non so se questo commento potrà essere pubblicato, lascio alla padrona di casa la più ampia facoltà. Porto la mia testimonianza, perdonate l'emozione, scriverò senza rileggere. Quanto sofferto da Q. è stato sofferto da me, più o meno, quasi, di più, accentuazione di qualche fenomono, aggravarsi di altri, ma siamo là... La Vita, però, o il Fato, o la Natura, o non so chi, mi ha dato un'opportunità e la salvezza: un amore. Ecco, l'ho detto. Un amore. Mentre ero nel pozzo, con l'altra me che mi commiserava e mi rimproverava continuamente, è arrivato Amore. L'ho riconosciuto subito, senza neanche un'esitazione, E senza esitazione ho tradito mio marito, ben sapendo quello che facevo. Ma era l'indennizzo, il risarcimento danni, il mio ritorno alla vita, alla consapevolezza di me, al mio andare avanti e diventare migliore. Così è stato. C'è stata sofferenza, ovviamente, e rimorsi, e sensi di colpa giganteschi, per chi come è sempre stata una "brava ragazza" corredata di senso del dovere, del dover essere, e di tutti gli orpelli di tutta un'educazione tradizionale e incombente! Ma ho ripreso la mia vita, era mia, è mia.. e mi sono salvata.
RispondiEliminaSpero di non essere fraintesa. Aggiungo che è stata la prima e unica trasgressione della mia vita, ma era scritto, e io ho voluto scrivere le mie pagine...
Ciao Anonima, certo che il tuo commento può essere pubblicato! Anzi ti ringrazio per avermi letta e soprattutto per la tua testimonianza. E sorrido contenta per il tuo incontro con l'amore. Scrivi sempre le tue pagine, le leggerò con piacere e interesse, marina
RispondiEliminaCiao Enzo, ti ringrazio per la tua stima. Naturalmente tu sai quanto io la senta immotivata, ma sono come sempre contenta di riceverla! :-
RispondiEliminaIl lavoro è impegnativo per me e per le mie forze, ma due terzi sono stati già scritti. Spero di avere il fiato "scrittorio" per arrivare in porto.
Grazie per la tua segnalazione sul tuo blog, spero di non farti fare una brutta figura con i tuoi lettori
ciao, marina
quante info!
RispondiEliminaSi questo l'avevo saltato... i post che scivolano via sono davvero tremendi !!! L'indice c'è , il libro va avanti e quindi non mi rimane che aspettare che sia finito...
RispondiEliminaPS una persistente insonnia mi ha portato ad assumere (anche questo termine andrebbe scandagliato) psicofarmaci. E dire che il bugiardino mi aveva messo in guardia. Ma si può credere ad un "bugiardino" ? Gli effetti negativi sono stati superiori a quelli positivi (un sonno di piombo senza sogni, tremendo!) . Ergo, ho potuto far ricorso alle risorse personali e dirmi "Dormi per conto tuo che qui queste pasticche fanno male". La soluzione dimostra che ero un malato immaginario...
Il bugiardino si riferisce ad un farmaco. Non si riferisce alla pediatria, alla chirurgia, alla psichiatria o altre forme di specializzazione di cura del corpo. Non c'è "imparzialità" nella pur veritiera aggiunta che fai di un bugiardino sulla psicoterapia.
RispondiEliminaAvrai notato che ho messo la psichiatria tra le cure del corpo, nonostante ciò che lo stesso nome indica - cura della psiche. Ma così non è. l'assetto mentale dello psichiatra è quello che va bene per la cura del corpo, e se non è così è merito personale dello psichiatra. Resta il fatto che uno psichiatra che si mette a fare psicoterapia improvvisa, se non compie prima una formazione in tal senso, nonostante che la legge gli riconosca la possibilità di definirsi psicoterapeuta anche con la sola specializzazione in psichiatria. Uno psichiatra che ha fatto il corso di laurea in medicina e poi la specializzazione in psichiatria e si mette a fare psicoterapia ha semplicemente sbagliato formazione. Il mio primo insegnante era psichiatra e aveva fatto tutto il cammino di formazione come psicoanalista presso la SPI - poi, si era messo a fare psicoterapia analitica, e quando lo faceva non ricorreva mai alla prescrizione di farmaci: proprio non ci pensava, stava in altro assetto. Purtroppo, la formazione psicoterapeutica è a mio parere scaduta dopo l'istituzione della figura professionale dello psicologo psicoterapeuta - ma questo è un altro discorso, anche se è per questo che definivo veritiero il bugiardino sulla psicoterapia - veritiero ma non sullo stesso piano, non "imparziale"-
Ciao Romeo, consentimi qualche risposta. Sul bugiardino: se ho dato l'impressione di dire che si riferisse ad una specializzazione e non ad un singolo farmaco non mi sono espressa bene. Confermo che il bugiardino si riferisce proprio ad un farmaco. O forse non ho capito la tua osservazione.
RispondiEliminaSul termine Psichiatra: risale all'inizio dell'800!
Sulla formazione del Professore di cui solo per rispetto nei suoi confronti non farò il nome, il suo profilo è universalmente riconosciuto come molto alto e in questo caso eccezionale e peculiare tra i professionisti del nostro paese: naturalmente laureato in medicina,(ma laureato anche in filosofia) naturalmente specializzato in psichiatria e neurologia,con esperienza sul campo nella ricerca etnologica, e con grande esperienza ospedaliera, passato attraverso tutto il percorso di formazione presso la SPI, è stato docente sia di Psichiatria (alla cui storia ha dato un'opera testo base per la formazione di intere generazioni di psichiatri; testo poi da lui stesso sottoposto a verifica critica) che di Psicologia dinamica,uno dei protagonisti in prima linea a Gorizia, attivo nell'organizzazione di un primo tentativo di assistenza psichiatrica sul territorio.(Non ho seguito un ordine cronologico). È probabilmente uno dei nostri più grandi intellettuali del 900 per la vastità della sua cultura e della sua esperienza e non sono io sola a dirlo. Una figura di intellettuale disturbante in una cultura pietrificata in cui il sapere viene ingabbiato in schemi, o "assetti". Impegnato nello studio della malattia mentale fino all'ultimo giorno della sua vita, di rara onestà intellettuale, capace di critica e autocritica. Personalmente, avendo conosciuto ogni tipo di figura professionale che si occupa di malattia mentale, ritengo che la lotta feroce che in questo campo si svolge tra le diverse impostazioni, con reciproca delegittimazione, dato che si svolge sulla testa di persone sofferenti,è molto triste.Poiché il tema mi interessa molto seguo, come posso,e registro resistenze di casta, scarsa curiosità intellettuale, chiusure preconcette, attaccamento acritico alla propria appartenenza formativo/culturale e alla propria scelta di linea terapeutica. Spesso mitizzazioni acritiche. (Più triste ancora i casi di difesa del proprio mercato).
Circa la non imparzialità nel dichiarare che manca un bugiardino per i trattamenti psicoterapeutici mi sembra una semplice constatazione: intendo semplicemente dire, e forse in questo siamo d'accordo, che il proliferare delle figure professionali che se ne occupano, lascia il paziente in un mare magnum che spessissimo non ha strumenti per affrontare. La legislazione del nostro paese non aiuta, ma credo che in parte questo dipenda dalle scarse conoscenze che ancora abbiamo circa i disturbi mentali. Io mi auguro che la ricerca non si fermi e anche che la formazione di chi opera nella cura di questi disturbi venga arricchita man mano che la conoscenza procede.
Un'ultima osservazione, più personale:mi sento di chiederti un po' più di cautela e delicatezza quando giudichi un terapeuta (termine che uso qui in senso lato), rivolgendoti ad un suo paziente.
grazie per la tua attenzione, marina
So chi è stato il tuo "Professore", seguo il tuo blog da abbastanza tempo. Figurati se mi riferivo a lui, nello scrivere quello che ho scritto! Ma, a parte una persona di quella levatura, non mi permetterei comunque mai di esprimere giudizi personali su uno psicoterapeuta qualsiasi, consapevole, tra l'altro, di quanto prescritto da un codice deontologico che ho contribuito a scrivere.
EliminaPer quanto riguarda quanto ho cercato di dirti sul bugiardino, della non coerenza tra un farmaco e un tipo di cura - e quindi della parzialità piuttosto che della imparzialità - evidentemente non mi sono espresso in modo comprensibile.
Le anomalie della formazione in psicoterapia, a cui ti riferisci nel tuo scritto e nei tuoi commenti, non penso dipendano tanto dalla conoscenza quanto da giochi di potere e danaro, purtroppo.
Comunque, il punto di partenza era il bugiardino, che nel tuo scritto passa da farmaci a una specializzazione di cura, cioè da una classe di realtà ad un altra.
Ciao Romeo, concordo sui "giochi di potere e danaro", purtroppo è proprio come dici;
RispondiEliminaho capito la tua osservazione sul bugiardino, che non avevo colto, è un'osservazione pertinente;
mi fa piacere sapere del codice deontologico e che hai partecipato alla sua stesura.
Quanto al Professore,sorriderebbe della mia indignazione e voglio sorriderne anche io :-)
ciao, marina