Capitolo sei
A quel tempo Qualcuno fece ricorso a Gorgia
A quel tempo Qualcuno fece ricorso a Gorgia
Quando Q. ebbe preso atto di non poter fare
assegnamento su alcuna inoppugnabile dimostrazione scientifica dell’esistenza
della sua malattia e che d’altra parte la sua lingua era insufficiente a
descriverne la natura - e che gli altri l’avrebbero lasciata nel suo locale
insonorizzato e nel suo silenzio coatto senza riconoscerle la dignità di
persona sofferente —non le restò che parlare con sé, dentro di sé e, nel vuoto
oscuro in cui dimorava, cercò a tentoni il modo per rendersi esprimibile almeno
a se stessa.
Arricchì così il suo personalissimo, libero lessico, improbabile e bizzarro ma fantasioso come sapeva essere fantasioso il suo male, e con esso decifrò per se stessa l’originalità e la ricchezza dei fenomeni che sperimentava quotidianamente.
Di fronte alla necessità di orientarsi nell’intrico psico-fisico di una
"Depressa con Disturbi da Attacchi di Panico" —la Dep & Dap— Q.
istintivamente si volse alla retorica. Pensò cioè che la gorgiana "arte
della parola" avesse al suo arco tutte le frecce occorrenti per centrare
il bersaglio costituito da quel nodo di non-essere ed essere-troppo di cui a
quel tempo era costituita.
Ignorò del tutto la cattiva fama che la parola retorica si porta dietro,
essenzialmente quella di essere menzognera, preferendo fidarsi di Baudelaire,
per il quale le regole della retorica sono "réclamées par l'organisation même de l'être
spirituel". Proprio quello che tentò di fare: usare delle regole
della retorica per ri-conoscere e organizzare il suo essere spirituale.
Trovò subito una perfetta definizione per il suo presente: la sua vita
era un anacoluto. L’anacoluto è quel
costrutto retorico per cui il periodo è privo di coerenza e coesione tra le sue
varie parti. È vero che molti scrittori lo hanno usato e lo usano ottenendone
efficaci effetti artistici –come con tutte le figure retoriche in cui Q. si
riconobbe- ma non siamo tutti artisti. E la sua vita era ben lungi dall'essere un'opera d'arte.
Quanto a lei
e al suo essere spirituale la regolarità sintattica ne era stata rotta. Il dopo
veniva prima del prima e il conseguente anticipava il susseguente. La notte né
precedeva né seguiva il giorno ma lo macchiava a mo' di pelle di leopardo. I
morti erano presenti e i vivi sbiadivano. Il vuoto non conteneva ma era
contenuto. Il mondo non esisteva eppure faceva male. Le cause non producevano
effetti se non estranei alla loro natura e le domande trovavano eco solo
in altre domande ma contraddittorie. La struttura profonda
dell'esistenza — desideri, pulsioni, affetti, istinti— si era rovesciata: la
morte era presente nella vita ma non la raggiungeva mai; era presente in un io
che non era più presente. Lei veniva appellata ma non aveva più nome. Nutriva
un corpo che non riconosceva come suo. Il linguaggio altrui era un enigma accecante
e il suo un pane sfarinato.
Da questo anacoluto discendeva
tutto il resto: le iperboli delle sue
sensazioni; le aporie cui approdavano i suoi
interrogativi: duplici risposte inconfutabili ma opposte tra di loro; gli ossimori quotidiani generati dai suoi
sensi; il fuori contesto in cui
quotidianamente viveva, persino la fatìca della funzione fàtica. Il paradosso di
una viva che si sentiva morta, compagno dell’ antitesi mattutina, quando si avegliava e doveva constatare che non
era morta ma non viveva; le antifrasi
cui ricorreva nei piccoli scambi quotidiani quando alla classica odiosa
domanda: come va? Rispondeva il suo –bene, grazie; la sinestesia linguistica con cui esprimeva quella
sensoriale-percettiva che l’affliggeva. E soprattutto lei, la metafora, con cui non solo si raccontava il mondo ma
direttamente lo vedeva.
Q. era insomma diventata un dizionario di retorica e stilistica con cui,
nel tentativo di dare ordine al discorso inintellegibile in cui era immersa,
passò a nominare tutto ciò che era troppo inesplicabile per essere nominato con
il linguaggio comune.
Fu così che a quel tempo
Qualcuno fece ricorso a Gorgia.
(continua/10)
Nota: Casi tipici in cui emerge in primo piano la funzione fàtica sono frasi come: stammi a sentire,attenzione, prego, capito? ecc.
La sinestesia è una figura retorica che prevede l'accostamento di due termini appartenenti a due piani sensoriali diversi.[1]
Una follia ragionata, o una ragioinata follia?
RispondiEliminaCristiana
Approfitterò di questo periodo per ri- leggere tutto. Auguri Marina
RispondiEliminaciao Enzo, dedica il tuo tempo libero a migliori letture :-)
RispondiEliminaauguri anche a te e grazie, marina