In quel momento della sua vita un unico bisogno dominava su tutti gli altri e regolava la sua esistenza: starsene assorbita in se stessa, occupata dalla sua sola interiorità, qualunque cosa questo significasse. E anche se alla fine si fosse scoperto che non significava proprio niente.
2008
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I
D'improvviso sulla lavagna del cielo
le appare una scritta
- tondi caratteri incisi per presa d'atto-
Il passo affaticato si porta avanti
-ma è questo ora il mio passo?
Come può essere questo il mio passo?-
La scritta
- caratteri piani scolpiti per constatazione-
dice
Sono sempre stata distolta dalla mia interiorità da qualche cosa d'altro
Non colpe o responsabilità da dividere
La responsabilità è cosa sua
Non chiuse la porta
Non varcò la soglia
Nessuna scritta compare a dire
è troppo tardi
ma lei lo sa
forse è sempre stato troppo tardi
II
Il suo corpo è pieno di oggetti
Sassi pesanti nel centro:
La mancanza di lui
Forchette rugginose aguzze ovunque:
La solitudine da lui
Vetri nella bocca:
Il silenzio con lui
E stracci intrisi di benzina e zolfanelli
e il corpo non esplode mai
la combustione è lenta
non si decide a consumarlo
Questo, rende il passo lento e pesante
-il mio passo, l’unica cosa che amassi di me!-
e la scritta non è mai raggiunta, mai superata:
Sono sempre stata distolta dalla mia interiorità da qualche cosa d'altro
risibile affrancarla ora
la giovane, doveva far saltare il tavolo
Forse era un' interiorità che non valeva la pena
non meritava scudo
-il mio passo, ora è questo il mio passo-
Letto in silenzio da un altro passo.
RispondiEliminaSiamo già chiusi in noi stessi, sempre. Che bisogno c'è di chiudere a chiave ? Ciao Marina, un caro saluto.
RispondiElimina"Forse è sempre stato troppo tardi" o forse non è mai troppo tardi in una vita...
RispondiEliminaCiao
Ci riprovo.
RispondiEliminaParticelle che si attraggono e respingono, continuamente.
Cristiana
la solitudine da lui è quello che oggi mi colpisce di più
RispondiEliminasmile