domenica 30 settembre 2012

Da David Hume a James Brown

Nel giugno del 2007 avevo iniziato e poi lasciato in sospeso una piccola indagine sui sette vizi capitali sulle tracce dei libretti ad essi dedicati dall'editore Raffaello Cortina.

http://ineziessenziali.blogspot.it/2007/06/viziosi.html

Me ne sono ricordata una prima volta a seguito di un commento in cui Enzo Rasi mi definiva altera.
Nonostante o forse a causa della sorpresa non l'ho considerata una offesa (né credo che volesse esserlo) e neanche una critica. Addirittura, forse, un complimento che mi consentiva di immaginarmi come una di quelle donne che entrano in una stanza con una inscalfibile sicurezza di sé e ottengono d'emblée un tributo di rispetto e ammirazione. (E qui ero palese esempio di vanità, corollario, essa stessa, della superbia).
E nella mia mente rivedevo l'indimenticabile prima apparizione di Grace Kelly in Caccia al ladro, altera sì e bellissima e nel suo abito lucente e gonfio immaginavo me stessa, come se l'unica differenza fra me e lei fosse il fatto che lei era bionda e io no! (Forse che il sogno non é legittimo?).
Recentemente poi qualcuno ha detto di me che "sembra che mi pongo in una posizione di superiorità".
Non mi ha offesa, no. Ma mi ha dato occasione di riflettere e mi ha appunto richiamato alla mente quel vecchio progetto poi abbandonato.
Mi sono infatti resa conto che una donna altera, come ero stata definita tanto tempo fa' con mia piena soddisfazione, non solo appare ma forse si sente superiore e che, benché superbia e alterigia non siano sinonimi, con appena appena una punta in più di malizia o malevolenza, può essere definita superba.
Ma l'orgoglioso di sé (e ricordo che nel catechismo l'orgoglio era considerato il più grave di tutti i peccati!) e il superbo, loro sì possono ben essere accomunati (e non importa se, altrove, l'orgoglio venga anche definito "la versione positiva della superbia").
Comunque io ho sentito di dovermi confrontare con la versione oscura dell'orgoglio, quella che confina, o sconfina, nella superbia.
Giacché la superbia, lei, non mi piace negli altri e figuriamoci in me.

La superbia, versione latina della hybris greca, é "un tipo di arroganza in cui l'uomo manifesta, nei suoi pensieri, una chiara preferenza per se stesso". Tutto torna: anche di questo infatti sono stata contemporaneamente accusata.
Innanzitutto da Gregorio Magno, che gerarchizzò i vizi capitali, e poi da Omero, Tucidide, Platone, Erodoto, Eschilo, e infine da quella stessa persona dei nostri giorni.

Potrei difendermi appoggiandomi ad Aristotele che, pur condannando la superbia, ipotizzò generosamente nel superbo anche una Grande Anima che vuole essere riconosciuta. Ma, sapendo per certo di non possedere una Grande Anima, preferisco farmi difendere da David Hume- che del resto massimamente ammiro- per il quale la superbia altrui ci dispiace solo perché urta il nostro proprio orgoglio oscuro, la nostra propria superbia. Dunque chi ci accusa di superbia sta difendendo la propria dall'attacco della nostra. E la nostra superbia (ma dunque anche la sua) può essere un tentativo estremo di risorgere da uno stato di auto-disistima e di riguadagnare considerazione per sé.
E il grande empirico, che indagò le basi psicologiche della natura umana, propose appunto della superbia questa spiegazione che non pensò mai come giustificazione (un empirista descrive non giudica!) E se la superbia, noi e l'altro, ci attinge, egli dice, è perché è il desiderio piuttosto che la ragione a governare il comportamento umano.
"Reason is, and ought only to be, the slave of the passions." (La ragione è, e non può che essere, lo schiavo delle passioni.)

Dunque il superbo non si ritiene "razionalmente" superiore e migliore degli altri, ma é spinto dal desiderio di sé, del riconoscimento di sé, verso l'affermazione esplicita e categorica di questo sé di cui non vuole più dubitare.
Ammetto di essere superba in questo senso?
Bada bene marina che la parola "ammettere" significa giá considerare negativo ciò che si ammette, comporta già un giudizio e una condanna. Hume non sarebbe d'accordo.
Beh, a Hume posso dire che, poiché la ragione indagante considera poco "sociale" questa mia superbia, io penso che dovrei "ammetterla"anzi, addirittura "confessarla". Ma, poiché riconosco che la mia natura umana non é governata dalla ragione (e sapendo quale costante e inutile battaglia da sempre io conduca perché la mia ragione si svincoli dai lacci profondi della passione), ecco che, empirica anche io, mi limito a "riconoscere" la superbia che é in me. E anzi, ne "riconosco" una forma particolarmente oscura, una specie di superbia al quadrato; quella che canta James Brown: "I don't want anybody to give me nothing/just open up the door/I'll get myself."
(Non voglio che tu mi dia qualcosa, basta che apri la porta e me la prendo da solo).
In quel myself c'é tutta la sua e la mia superbia.



venerdì 28 settembre 2012

sempre Marguerite...


Maria poteva mentire con tutta la sincerità del mondo. Immagino che vivesse, come la maggior parte delle donne, di un’esistenza immaginaria, in cui ella era migliore e più felice che nell’altra. ...aveva anche ricordi di cui non parlava. La memoria delle donne assomiglia a quelle vecchie tavole di cui esse si servono quando cuciono. Ci sono cassetti segreti; ce ne sono di quelli chiusi da lungo tempo e che non possono aprirsi; ci sono fiori secchi che non sono ormai più se non polvere di rose; e matassine mischiate insieme e talora qualche spillo. La memoria di Maria era molto compiacente: doveva servirle a ricamare il suo passato.


venerdì 21 settembre 2012

ci ha accompagnati...













Un vagabondo canta e ruvidi
marinai ascoltano a un fanale.
Sulla strada appassiscono i gerani
bucati dai fari delle macchine,
autotreni scuotono l’asfalto,
i pioppi coprono fra lo stridio dei freni
l’agonia di un gatto sfracellato.
“A Senarica, amica di Venezia…”
fuochi verdi aprono la gola
ai cani sulle aie del monte
screziato da barbagli sereni all’orizzonte.
Il vecchio intona con pena un canto triste
e i fiori tremano, cadono,
muoiono nella polvere.



Roberto Roversi 1924-2012

lunedì 17 settembre 2012

Aforisma?

Bisogna avere il coraggio delle proprie INdecisioni.

E anche delle proprie INazioni.