Un giorno vi parlerò del gruppo di "auto-mutuo aiuto per il lutto" che frequento da quasi un anno.
È stato appena sospeso per il sopraggiungere dell'estate e i miei fratelli e le mie sorelle nel lutto già mi mancano.
Ma di noi, uniti nel dolore, non vi parlerò oggi. Oggi vi parlerò solo del nostro silenzio. Paradosso, si potrebbe dire, voler parlare del silenzio, ma le mie parole non risuonano, sono solo scorse dagli occhi di chi vuole farlo.
Il silenzio si posa talvolta sul nostro gruppo. Dura e poi dura e poi dura ancora. Nessuno sembra volerlo interrompere, forse saperlo interrompere. All'inizio io percepisco dentro di me un'ansia violenta. È quasi un riflesso immediato, come se io, io in prima persona, fossi chiamata da subito a riempire quel vuoto, come se io, io sola, fossi investita dalla responsabilità di interrompere quel silenzio. Non per me ma per tutti noi. Che cosa facciamo durante quel silenzio? Teniamo gli occhi bassi, ci guardiamo di sfuggita; siamo forse vergognosi? Ci sentiamo forse indiscreti, come se ci spiassimo? Eppure sappiamo così tanto ognuno della vita degli altri! Quale segreto proteggiamo con quel silenzio? Nessuno, io credo. Quel silenzio non contiene nessun mistero, è solo riposo. E piano piano l'ansia si assottiglia e poi si dissolve e smette di farmi pensare a me come "io" e torno a pensare come "noi". E il silenzio non è più un risucchio da arrestare ma una grande tenda sotto la quale stiamo raccolti e vicini.
Conosco tanti silenzi. Alcuni intollerabili. Ma oggi volevo parlarvi solo di questo: del silenzio in cui i nostri cuori tormentati trovano la carezza lieve della vicinanza senza parole.