giovedì 1 settembre 2016

Quasi un racconto/La villetta

Il Perotti li aveva contati, novecento dieci passi. Quattrocento cinquanta cinque all'andata e altrettanti al ritorno. Buoni passi di uomo di campagna, che quando dice in un'ora vado e torno, allo scoccare dell'ora te lo ritrovi davanti. Saliva alla villetta, le girava intorno, controllava gli scuri, il portoncino, la serranda della rimessa e ripartiva. A primavera tagliava qualche ramo dei lillà che crescevano torno torno, ormai disordinatamente, e se li riportava. Una volta alla settimana per cinquantadue settimane l'anno il Perotti compiva il suo ufficio. Sua moglie scuoteva il capo–Perché non la vende vorrei sapere, che senso ha lasciarla così, abbandonata, la farà mangiare dai topi!– Ma quando arrivavano i trecento euro pattuiti aveva già in testa la loro destinazione. Dopo undici anni esatti di quell'abbandono, un giorno di aprile, al parroco arrivò una telefonata: la signora era morta, sarebbe stata seppellita al paese dopo una breve benedizione. Il corteo funebre arrivò al mattino presto, due auto in tutto, in una il marito con una figura femminile accanto, nell'altra i due figli con le mogli. Quando scesero davanti alla chiesa si capì che la figura femminile era quella di una badante, forse un'infermiera: il vecchio era ridotto male, camminava incerto, ma avanzò senza guardare nessuno, curvo ma caparbio. Il feretro fu benedetto sul sagrato, nella chiesa neanche entrarono, risalirono in macchina e dritti al cimitero. 
Neanche un paesano si avventurò ad accodarsi, anche se il sorriso della signora nessuno se l'era dimenticato.
Il corteo non ripassò per il paese, prese una strada secondaria e sparì. 
Poi, nel tardo pomeriggio, si vide arrivare un'altra macchina, di un rosso amaranto che tutti ricordavano. Ne scese un uomo, più saldo, più eretto, ma vecchio anch'esso. –È lui!–, la voce passò come una rondine tra la gente. 
Al bar chiese un bicchiere di bianco, poi un altro. Gli tremavano le mani, ma poco. Si guardava intorno come se assaporasse qualcosa, intento in un ascolto remoto.
Risalì in macchina e prese la strada per la villetta. Fu mandato a chiamare il Perotti che arrivò in piazza serio e deciso e si avviò per i suoi quattrocento cinquanta cinque passi.
Quando ridiscese–L'ha lasciata a lui! – riferì. 
Il vecchio sovrintese ai lavori: volle che venissero iniziati dalla camera, dove da subito si stabilì.
Una volta a settimana tagliava un ramo di lillà e andava al cimitero. La sera scendeva in paese, beveva due bicchieri di vino bianco-mai uno di più– e ascoltava, ascoltava chissà cosa. Qualche volta sembrava che stesse per piangere. –I vecchi hanno la lacrima facile– dicevano gli uomini al biliardo, ammiccando. Le donne del paese invece, che dell'amore sapevano tutto, ogni tanto si mettevano in ascolto anche loro di qualcosa di remoto, come il vecchio amante, mai dimentico, mai dimenticato. 





3 commenti:

  1. I racconti sono tuoi, penso sia così: la villetta mi piace di più e tu come al solito scrivi pochissimo ma benissimo.
    Enzo

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  2. Davvero bello rileggerti, ritrovare la tua sapienza narrativa... mi sono piaciuti entrambi questi "quasi racconti", il rodomonte, così come ce lo racconti, è una figura che porta con sè una saggezza antica, un essere cui ci si affeziona.
    E col Perotti un po' mi ci identifico!

    Grazie Marina, per esserti fatta ri-leggere

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  3. Inutile dire che la scrittura "piana" che usi è quella che mi piace di più...

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