giovedì 21 agosto 2014

che cosa ho imparato, che cosa sto imparando/oscillazioni

Il dolente "inconsolabile” è insopportabile anche alle persone più vicine. Egli prende allora a mentire. E scopre che intorno a lui tutti non chiedono altro che di credere alle sue menzogne, tutti chiedono solo di essere ingannati.

I suoi piccoli miglioramenti, reali, progressivi e faticosi, i suoi piccoli passi in avanti che sono sempre oscillatori e incostanti, discontinui, e che comportano un avanzare e un regredire, vengono afferrati al volo e quasi congelati; il dolente viene subito immobilizzato nel suo primo tentativo di “normalità” e da quel punto non potrà più tornare indietro. Implicitamente subito gli viene detto: “Ecco, stai meglio e d’ora in poi starai –dovrai stare- sempre meglio". E tutti prenderanno a trattarlo con il più disinvolto tono consueto, spingendolo sempre più verso un occultamento del proprio dolore. Così gli altri verranno molto infastiditi se un giorno, timidamente, il dolente dirà una frase, anche solo una parola che ancora parli della persona perduta non come persona già appartenente ad un passato mitico, ma appena scomparsa, vicina, al centro del suo mondo, al centro del suo dolore. Il motto degli altri è: non si accettano ricadute.

7 commenti:

  1. Evitare di parlare dei propri guai in generale, dei propri malanni, dei propri lutti se non per richiesta diretta, dovrebbe entrare nei manuali della buona educazione.
    Se una persona chiede, come si fa di solito, "Come stai?" non significa che si aspetti l'esposizione della cartella clinica a dimostrazione che un piede è già nella fossa, per raccogliere una manciata di commiserazione. Stessa cosa per un lutto: nell'immediato è giusto aspettarsi le cosiddette condoglianze, ma passato un periodo decente non ha più senso cercarle raccontando il come e il perché una persona, anche cara, ha deciso di passare a miglior vita. E vale per tutti guai della vita che ci capitano tra capo e collo: se l'interlocutore ha la possibilità personale di intervenire per sanarli bene, altrimenti è inutile caricarli su altri al solo scopo di ricevere una manata sulla spalla, che lascia il tempo che trova.
    Questo è, ovviamente, il pensiero di un gatto; che gli esseri umani la pensino diversamente mi fa una vibrissa.
    Ciao, buona giornata, e se non lo è non venire a raccontarmelo, che anch'io sono mal messo.

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  2. Ciao gatto, sei molto saggio, ma ovviamente non mi riferivo a conoscenti vari, bensì alle persone più vicine: familiari

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  3. il gattonero sarà saggio però... ti sembra così fuori luogo aspettarsi accettazione e comprensione da chi hai vicino? Si può riuscire a capire che un dolore non ha una data di scadenza come la maionese? Non credo si richiedano i salti mortali dagli altri, ma neanche questi comportamenti "scontati" che il "dolente" sente offensivi.
    Marina, scusa, un abbraccio

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  4. Cara Angela, il gatto nero nella sua asprezza ha sicuramente ragione, ma come si sa i gatti hanno un autocontrollo che non è di noi umani
    E non ti scusare!

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  5. quanta cruda verità nelle tue parole.
    ci sono persone che dopo un mese dal tuo lutto hanno l'indelicatezza di dirti: eh ma la tua vita deve andare avanti! mica ti puoi fossilizzare nel ricordo di tuo padre!
    e se tu gli rispondi in malo modo quasi s'offendono.
    Come se avessero dei diritti sulla tua vita!
    "lasciatemi soffrire in pace" diceva il grande Massimo Troisi.

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  6. Io comunque di papà continuo a parlarne, non passa giorno che non ne parli.
    e se a qualcuno dà fastidio, son fatti suoi.

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  7. cara Silvia, gli altri spesso non sanno proprio come rapportarsi a noi. Ì l'unica giustificazione che hanno ai miei occhi. Capisco così bene il tuo sentimento! un abbraccio, marina

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