giovedì 21 agosto 2014

che cosa ho imparato, che cosa sto imparando/gli esercizi

Ripenso a quello che ha scritto la mia amica Angela sul suo blog

"Se non facciamo del nostro dolore un tempio…è possibile che si riescano ad accettare, col cuore infine… altre angolazioni, altri punti di vista, non fissità ma movimento.


L’idea di una porta socchiusa, non sbarrata".

Io so che Angela ha ragione, che le sue parole contengono il solo possibile germoglio di un progredire. E credo e so che queste parole sono un incoraggiamento che Angela rivolge a se stessa, non un ammaestramento rivolto ad altri.
Perché Angela sa anche, su di sé, che il tempo per l’accettazione, per aprire quella porta sbarrata, non è decretabile dagli altri e neanche dal dolente stesso. E che costui, nascostamente, si sottopone a prove, a esercizi. Alcuni gli procurano una indicibile angoscia, in altri fallisce. Riporta anche piccole vittorie. Ma su queste non può fare affidamento, deve considerarle –per il momento- temporanee, provvisorie, perché cammina su un terreno instabile, avanza in un territorio che alterna tratti di terra solida a improvvisi vuoti, mancamenti, frane.

Qualcuno talvolta si accorge che il dolente ha pianto o lo sorprende a piangere e allora, poiché il tempo trascorso dall'evento tragico è per lui ormai tanto, "sufficiente", gli chiede: “Che è successo?”. Il dolente ringoia il pianto, risponde "niente" e subito si adegua al tono quotidiano della conversazione che per lui è invece fatua, inutile e inconcludente. Si rimbozzola nella menzogna. Viene ricacciato nella menzogna. Perché gli altri non sanno che sta solo facendo degli esercizi.

3 commenti:

  1. ... e perché rassicurare gli altri è un altro dei compiti del dolente...potremmo scrivere un manualetto su ciò che si impara! Un bacio, Angela

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  2. -si può sapere perchè piangi?
    -lo sai!
    -ancora?

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