domenica 22 settembre 2013

la balena stanca

Sentirsi spiaggiati e non desiderare il mare.
Perché scriverne qui?

Sempre, quando scriviamo, c'indirizziamo a qualcuno. Scrivere per sé non esiste. È un puro proclama. O un'illusione. Sempre, nel buio o nella luce, cerchiamo qualcuno cui dire "Io sono, esisto. Ascoltami".
Nascondiamo le nostre carte. Talvolta le bruciamo. Perché bruciare le nostre parole ci dà l'estrema sensazione di liberarci di noi. Ma verrà un giorno in cui rimpiangeremo quelle parole, perché vorremmo interrogarle. Chi ero, allora? ci chiederemo. Ci cercheremo ma il luogo della ricerca non esisterà più. Avremo nascosto le nostre tracce a noi stessi.
Ma forse non importa, tanto continuamente ricostruiamo la nostra storia, e tutte saranno presunte, quando non pretestuose.

7 commenti:

  1. chi afferma di scrivere per se stesso è un illuso, soprattutto se scrive in qualsiasi social network.
    "scrivo perchè è come se fosse un diario, scrivo per me stesso". "Perchè farlo pubblicamente allora!" A questa domanda, spesso, nessuna risposta.
    io ho buttato due, tre agende di qualche anno fa. appuntamenti, incontri, scadenze, numeri di telefono e nomi scritti in velocità sono come puntini da unire per trovare la figura nascosta, il senso nascosto di un anno. devo dire che le agende le ho buttate perchè non capivo il senso, alla fine, della figura che emergeva o appariva un mostro a tre teste...
    Mi piace molto ciò che hai scritto. è proprio così.
    Ciao!!
    Bruno

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  2. Dopo che hai letto,(mai prima, neanche casualmente, neanche un minuto prima, neanche per rileggere curiosamente ciò che ho scritto),torno a leggere io.
    Perché amo fare scivolare lo sguardo su quelle stesse righe che hai percorso tu. Perdo il senso del racconto, del contenuto del mio scritto, e guardando invece le parole, una dietro l'altra, così come le ho disposte io,divento te.
    Sì, proprio così, divento te.
    Senza sforzo, senza fatica, senza difficoltà. Sono te. Semplicemente. E ho le tue mani, il tuo respiro, il tuo sguardo, il tuo cuore, le tue incredulità, i tuoi stupori, i tuoi scetticismi, perfino i tuoi occhiali, che con una sensazione curiosa e strana mi sento scivolare sul naso e addirittura li aggiusto, con un gesto della mano, istintivamente, facilmente… e sennò che altro potrebbe essere?
    Dunque, dicevo, sono te. Sempre. Dalla primissima volta, da quella prima baruffa, consapevole di quello che stava accadendo in quel momento, fra le mie mani, e alla mia tastiera, e di quello che sarebbe accaduto in seguito… (Ma non voglio divagare, anche se ogni volta che ti scrivo mi si spalanca un mondo e ti racconterei tutta una genesi, tutta una creazione, con colori, suoni, sfumature, anche frastuoni, anche stonature, perché certamente mi sapresti spiegare… ma questa è un'altra storia e lascio perdere, perché voglio raccontarti invece di come divento te.)
    Così… ritornare sulle mie parole, e qualche volta seguirle lentamente, mi porta ad un'inimmaginabile trasformazione: abbandono la femminilità, il mio essere e pensare come donna. Lascio colori morbidi, strutture dolci e innate, e cedono drappi sontuosi, forme ordinate e confuse, insiemi di un vissuto, elementi soltanto miei. E per uno straordinario ed imprevedibile fenomeno… scorre la tua essenza e sento, senza errori, senza omissioni, senza sbagliare, senza fallire, sento quello che hai provato tu. Leggendomi.
    Allora le parole non sono più parole, le frasi non formano concetti, le idee, i pensieri, sbiadiscono, luccicando invece per altri aspetti su altri piani di ragionamento.
    (...)

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  3. (...)
    Divento te, quando aggrotti un po’ la fronte e incuriosito ti disponi alla lettura. Divento te quando ti accingi a penetrare il mio pensiero. Divento te quando esiti, dubiti, non hai certezza, e qualche parola ti rallegra, qualche altra ti dà insofferenza, un'altra ti annoia, un'altra ti fa sussultare.
    Ed una virgola ti dà la pausa, e ti fa respirare, un daccapo è un'interruzione ed un singhiozzo insieme, un inciso è una contraddizione, e un aggettivo brucia il cuore.
    Divento te perché so che il freddo oggetto del mio scritto già ti fa pensare (e cosa c'è di più gratificante che indurre un pensiero?), e so pure che sulle ali di un periodo prendi il volo, così come so che la nostalgia ti buca il cuore quando adombro un ricordo, o un già fatto, o un già vissuto.
    Divento te quando una frase ti giunge docile e arrendevole, e quando un'espressione ha una cadenza musicale, o quando una lacrima si ferma trattenuta, in bilico su una rischiosa affermazione.
    E sento i tuoi battiti, le tue palpitazioni, come scorre il tuo sangue, come fluiscono i pensieri. Sento che su quel rigo, proprio su quel rigo, tu hai riso, hai pianto, ti sei intenerito, e allora rido, piango, m'intenerisco io, e poi m'indispettisco, per una specie d'impotenza della vita ed una sorta di invincibile sconfitta, che soffia, brucia, e non dà tregua mai.
    E leggendo non ho nozione più di me. Assaggio i sapori dell'uomo, trattengo i suoi gusti, le sue sapidità. Sono miei i suoi appetiti, i suoi languori, le sue inclinazioni, sono mie le sue aspirazioni, le sue voglie, le sue eccitazioni.
    E quando quello scritto, che ormai non è più mio, e quelle parole, ormai non raccontate più da me, sciolgono sconcerti e smarrimenti… ecco… l'impulso, lo stimolo fortissimo, la spinta irresistibile…
    Divento te, ma torno ad essere io… così come io sono… in un attimo lunghissimo, in un gesto primigenio, in un'eternità spasmodica… da tesoreggiare, nel meraviglioso e mutevolissimo movimento della mia e della tua vita.

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  4. (...)
    Divento te, quando aggrotti un po’ la fronte e incuriosito ti disponi alla lettura. Divento te quando ti accingi a penetrare il mio pensiero. Divento te quando esiti, dubiti, non hai certezza, e qualche parola ti rallegra, qualche altra ti dà insofferenza, un'altra ti annoia, un'altra ti fa sussultare.
    Ed una virgola ti dà la pausa, e ti fa respirare, un daccapo è un'interruzione ed un singhiozzo insieme, un inciso è una contraddizione, e un aggettivo brucia il cuore.
    Divento te perché so che il freddo oggetto del mio scritto già ti fa pensare (e cosa c'è di più gratificante che indurre un pensiero?), e so pure che sulle ali di un periodo prendi il volo, così come so che la nostalgia ti buca il cuore quando adombro un ricordo, o un già fatto, o un già vissuto.
    Divento te quando una frase ti giunge docile e arrendevole, e quando un'espressione ha una cadenza musicale, o quando una lacrima si ferma trattenuta, in bilico su una rischiosa affermazione.
    E sento i tuoi battiti, le tue palpitazioni, come scorre il tuo sangue, come fluiscono i pensieri. Sento che su quel rigo, proprio su quel rigo, tu hai riso, hai pianto, ti sei intenerito, e allora rido, piango, m'intenerisco io, e poi m'indispettisco, per una specie d'impotenza della vita ed una sorta di invincibile sconfitta, che soffia, brucia, e non da' tregua mai.
    E leggendo non ho nozione più di me. Assaggio i sapori dell'uomo, trattengo i suoi gusti, le sue sapidità. Sono miei i suoi appetiti, i suoi languori, le sue inclinazioni, sono mie le sue aspirazioni, le sue voglie, le sue eccitazioni.
    E quando quello scritto, che ormai non è più mio, e quelle parole, ormai non raccontate più da me, sciolgono sconcerti e smarrimenti… ecco… l'impulso, lo stimolo fortissimo, la spinta irresistibile…
    Divento te, ma torno ad essere io… così come io sono… in un attimo lunghissimo, in un gesto primigenio, in un'eternità spasmodica… da tesoreggiare, nel meraviglioso e mutevolissimo movimento della mia e della tua vita.
    ----
    Ciao, Marina

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  5. Ho aspettato a pubblicare in cerca di una risposta da dare. Eppure non viene.Non so perché ma ho una specie di paura, oltre la commozione. E forse di vergogna. Mi sento anche qualcuno che ammala gli altri. Non ci fare4 caso, un po' di follia mi accompagna. Ti ringrazio, tanto tanto, marina

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  6. Cara Marina, perché "non viene"? Perché la paura, la commozione e la vergogna? "Qualcuno che ammala gli altri", dai, assolutamente no! Capisco, ma capisco parzialmente... La follia... bé... la follia... ci fa vivere meglio e, talvolta, sbalordisce noi stesse che di follia siamo fatte.
    Ringrazio io te, "tanto tanto", essere letta con tale attenzione e partecipazione mi scalda, e ripaga qualche amarezza che sono costretta a subire.

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  7. Hai scritto qualcosa che mi era sfuggito nei giorni precedenti: comincio a perdere colpi!
    Il tuo testo potrebbe certamente essere anche il MIO manifesto e sinceramente credo di averlo inteso anche nelle fibre più profonde. E voglio dirti che desidero essere contagiato dal tuo "male": io non lo temo. Buonissima giornata

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Non c'è niente di più anonimo di un Anonimo